Lezione ventuno |
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Un film di Alessandro Baricco.
Con Noah Taylor, Clive Russell, Leonor Watling, John Hurt, Tim Barlow.
continua»
Drammatico,
durata 92 min.
- Italia 2008.
- 01 Distribution
uscita venerdì 17 ottobre 2008.
MYMONETRO
Lezione ventuno
valutazione media:
2,70
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Film presuntuoso ed egocentricodi The Lady On The Hot Tin RoofFeedback: 2841 | altri commenti e recensioni di The Lady On The Hot Tin Roof |
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domenica 24 gennaio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non mi piace rivelare "spoilers", tuttavia mi premuro di dire che la scena che sto per descrivere è tra quelle iniziali del film...chi vuole può continuare a leggere. L'ambientazione è notturna, lo scenario una piana ghiacciata: al tempo di musica entrano nell'inquadratura delle figure completamente vestite di nero, con lunghi manti che celano completamente le forme del corpo, che sembrano uscite dal carnevale veneziano e, volteggiando sul ghiaccio, portano sulle spalle una bara illuminata al centro da una serie di candele disposte a cerchio, unica fonte di luce della brevissima scena. La forza evocativa di tale immagine è indescrivibile a parole e fa auspicare la visione di un film in cui sia la musica a parlare ed a materializzarsi attraverso le immagini sullo schermo, un po' come nel capolavoro della Disney "Fantasia" o, per citare un esempio appena più calzante, l'ultima parte dello splendido "Amadeus" di Milos Forman. Ahimé, non è così: il film diventa quasi da subito un esercizio di stile compiaciuto ed a tratti persino retorico, sprofondando nel non senso nel disperato e ambizioso tentativo di raggiungere la perfezione intellettuale, una teoria sui massimi sistemi autoevidente erga omnes. I personaggi sono antipatici, logorroici e, cosa alquanto incomprensibile, data la parina di finta-raffinatezza che pervade il film, sboccati come fossero in un film sul Bronx. Peccato per John Hurt, la cui interpretazione nei panni dell'eccentrico professore Mondrian Kilroy è l'unica punta di genuina malinconia che la pellicola può vantare ed è tuttavia sacrificata dalle parole moraleggianti messe in bocca al suo personaggio. In fin dei conti, il tour de force filosofico di Baricco si traduce in una grande sfilata di simbolismi banali, la cui elementarità non è giustificata da un legame viscerale con la musica del maestro Beethoven che, tagliuzzata qua e là "ad effetto" alla mercé del regista, non diventa mai essa stessa un personaggio della storia, bensì rimane un accessorio fungibile. Solo nei rarissimi momenti in cui Baricco mette da parte il suo ego ed apre uno spiraglio alla musica, rendendola unica protagonista della scena, si realizza in atto quello che il film trascina in potenza per la sua ora e tre quarti di durata: pura ed incondizionata bellezza.
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