Três Irmãos

   
   
   

Che delusione Valutazione 1 stelle su cinque

di Francesco2


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domenica 14 giugno 2020

 Questo film, forse in Italia  neanche distribuito, è la seconda opera di  Teresa Villaverde, a suo tempo più o meno venticinquenne, con un senso di forza e determinazione trasmessi nel contesto di Venezia 94.
Purtroppo, nonostante l’interpretazione della De Medeiros –Giustamente premiata-  il film trasmette a chi scrive assai poco di provocatorio, come anche i successivi “Os mutantes” e –in parte – “Agua e sal”.
Lo stile, che intervalla un RELATIVO (neo?) realismo  con inserti magici, volti presumibilmente  a suggerire una desolazione individuale e collettiva, nella Lisbona dei primi anni 90. Tale anti-realismo, tuttavia, è distante dai ritratti dolenti del  connazionale Costa, che in “Ossos” mostrerà una comprensione non necessariamente pessimistica ma neanche  consolatoria”; e, che, soprattutto, in “No cuarto da Vanda”, ritrae senza patetismi una realtà gia “morta nel non lavoro”, simile ed al contempo distantissima da un Cipri e Maresco o Strausse Huillet.
La protagonista, infatti, vittima (pre)destinata, è una giovane  senza vizi e trasgressioni ed apparentemente indifesa,  che subisce passivamente  la misoginia sul piano familaiare e sociale.  Ma, nonostante l’interpretazione della De Medeiros -giustamente premiata-è una figura senza spessore,  come anche avviene col padre, col  principale, e altri ritratti dei successivi film succitati. Non bastano, in questo senso,  la a luce ed i colori sfocati. E tale impressione risulta rafforzata dalla contrapposizione con l’altra ragazza del film –che ha verosimilmente suggerito il “titolo italiano” “Due fratelli emia sorella”. Spagnola –anche nella vita, l’attrice Laura Del sol; A differenza della protagonista,  appare disinibita, anche nell’approccio con l’altro sesso, fuma –Quella scena di una sigaretta che le viene accesa da Maria stessa!-, si apre maggiormente con gli altri.
Ma, paradossalmente,  questo rafforza l’impressione di un’opera con poche sfumature, incapace di approcci psicologici che oltrepassino la superficie, come anche di un messaggio universale – o persino nazionale, parlando da non portoghesi. Lo stesso finale non cosi imprevidibile- ma anche altri momenti  smentiscono  che NON  si trattasse di un film didascalico, come invece sarebbe potuto sembrare.  
Questo film, forse in Italia  neanche distribuito, è la seconda opera di  Teresa Villaverde, a suo tempo più o meno venticinquenne, con un senso di forza e determinazione trasmessi nel contesto di Venezia 94.
Purtroppo, nonostante l’interpretazione della De Medeiros –Giustamente premiata-  il film trasmette a chi scrive assai poco di provocatorio, come anche i successivi “Os mutantes” e –in parte – “Agua e sal”.
Lo stile, che intervalla un RELATIVO (neo?) realismo  con inserti magici, volti presumibilmente  a suggerire una desolazione individuale e collettiva, nella Lisbona dei primi anni 90. Tale anti-realismo, tuttavia, è distante dai ritratti dolenti del  connazionale Costa, che in “Ossos” mostrerà una comprensione non necessariamente pessimistica ma neanche  consolatoria”; e, che, soprattutto, in “No cuarto da Vanda”, ritrae senza patetismi una realtà gia “morta nel non lavoro”, simile ed al contempo distantissima da un Cipri e Maresco o Strausse Huillet.
La protagonista, infatti, vittima (pre)destinata, è una giovane  senza vizi e trasgressioni ed apparentemente indifesa,  che subisce passivamente  la misoginia sul piano familaiare e sociale.  Ma, nonostante l’interpretazione della De Medeiros -giustamente premiata-è una figura senza spessore,  come anche avviene col padre, col  principale, e altri ritratti dei successivi film succitati. Non bastano, in questo senso,  la a luce ed i colori sfocati. E tale impressione risulta rafforzata dalla contrapposizione con l’altra ragazza del film –che ha verosimilmente suggerito il “titolo italiano” “Due fratelli emia sorella”. Spagnola –anche nella vita, l’attrice Laura Del sol; A differenza della protagonista,  appare disinibita, anche nell’approccio con l’altro sesso, fuma –Quella scena di una sigaretta che le viene accesa da Maria stessa!-, si apre maggiormente con gli altri.
Ma, paradossalmente,  questo rafforza l’impressione di un’opera con poche sfumature, incapace di approcci psicologici che oltrepassino la superficie, come anche di un messaggio universale – o persino nazionale, parlando da non portoghesi. Lo stesso finale non cosi imprevidibile- ma anche altri momenti  smentiscono  che NON  si trattasse di un film didascalico, come invece sarebbe potuto sembrare.  

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