rosalinda laurelli gaudiano
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mercoledì 28 maggio 2025
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una storia tutta italiana...
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…il racconto di una storia che tocca corde mortificanti, una situazione sociale costretta in modelli culturali rancidi e forse ancor persistenti…
1940, promontorio della Sila, Calabria. Michele sta partendo per il fronte. La sera prima della partenza, in un prato, sotto un cielo stellato fa l’amore con la sua Marta e le promette che per Natale sarà di ritorno. Ma Michele non tornerà più e Marta accudirà da sola Michelangelo, il bambino frutto di quella notte d’amore. E’ nella famiglia paterna che Marta trova accoglienza con il suo Michelangelo. Un padre padrone, una madre gretta e bigotta, la sorella in cerca di marito. Una condizione culturale atavica dove non si considera la donna come persona, ma come oggetto. Ed è così che un giorno il signor Gino, contadino e vedovo con due figlie, chiede al padre di Marta di sposarla. Giovane madre con un figlio, Marta rappresenta la vergogna, e accetta la proposta del contadino. Il matrimonio deve essere organizzato e questa sarà la fortuna di Marta perché affronterà i preparativi con Lorenzo, il chierico del parroco, omosessuale, uomo dei matrimoni, persona colta e sensibile. Siamo nell’Italia del dopoguerra, momento di cambiamenti repentini, sociali culturali e politici. Marta, giovane e curiosa della vita, approfitta dell’amicizia di Lorenzo, per crescere come persona. Lorenzo, con garbo e discrezione, aiuta la giovane donna verso un futuro innovativo. Tratto dal romanzo omonimo di Daniela Porto, che dirige e scrive il film con Cristiano Bortone, “Il mio posto è qui” deve il suo potere mediatico ad una scrittura filmica eloquente, una scenografia realistica, cruda, dove la povertà è di casa e con la povertà le costrizioni più aberranti. La regia usa la mdp a spalla per avvicinarsi ai personaggi, ai luoghi, cogliendo soprattutto silenzi che sono verbo. E’ il racconto di una storia che tocca corde mortificanti, una situazione sociale di un paese sul promontorio della Sila costretto in modelli culturali rancidi e forse ancor persistenti, dove è legge il patriarcato, il pregiudizio trasversale radicato, e soprattutto l’apparire più che essere. Marta, con l’aiuto di Lorenzo e la madre del suo amato Michele, rompe un modello culturale che la vuole sottomessa. Lavora duramente per acquisire competenze come dattilografa. Non si abbattono i pregiudizi, le considerazioni miserabili verso ogni identità che vive nella sua indiscussa diversità, non si modifica il patriarcato, l’uomo padrone, giudice indiscusso della vita di una donna. Non si cambia un modello culturale radicato e ossessivo che ghettizza e condanna le pulsioni sessuali di chi è “diverso”! L’unica salvezza è andar via, anche se con dolore, lasciare i propri affetti, la propria terra…per un riscatto rispettoso di se stessi… tenendo stretta una borsa che racchiude l’oggetto di un’emancipazione possibile… una macchina da scrivere.
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mauridal
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mercoledì 22 maggio 2024
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quando il tema, continua..
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Quando un tema di impegno culturale tiene banco per intere stagioni nella letteratura ,nel cinema nei social, in tutti i mass media giornali e programmi televisivi, allora c’è il rischio che il tema stesso per quanto serio e importante , diventi trainante per raggiungere una grande massa di lettori, spettatori o pubblico in genere , a prescindere dal linguaggio e lo strumento narrativo scelto dall’autore per narrare una storia inerente quel tema in questione.
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Quando un tema di impegno culturale tiene banco per intere stagioni nella letteratura ,nel cinema nei social, in tutti i mass media giornali e programmi televisivi, allora c’è il rischio che il tema stesso per quanto serio e importante , diventi trainante per raggiungere una grande massa di lettori, spettatori o pubblico in genere , a prescindere dal linguaggio e lo strumento narrativo scelto dall’autore per narrare una storia inerente quel tema in questione. Il tema dell’emancipazione femminile, della liberazione della donna dall’oppressione del maschio, è legato al tema più generale del progresso sociale di una intera comunità o nazione o popolo che voglia definirsi civile e progredito. Questo tema è presente in tante opere culturali e artistiche , di autrici e autori di impegno internazionale, e suscita sempre interesse anche nelle opere più recenti ad esempio nel cinema italiano. La scrittrice Daniela Porto e il regista, Cristiano Bordone hanno realizzato un film dove il tema della donna , della sua emancipazione e liberazione , viene inserito in un contesto storico e ambientale lontano dalla attualità , la storia narra di Marta giovane donna che vive in un piccolo paese della Calabria interna, chiuso e arretrato rispetto al resto , ma nel periodo del dopoguerra in situazione di povertà e difficoltà dovute alla guerra e all’isolamento del territorio. L’arretratezza della cultura del popolo è legata alla storia di tutto il meridione e della Calabria interna in particolare. Intanto Marta è giovane madre di un figlio avuto per amore di un giovane del paese che partito soldato muore in guerra e quindi lasciandola in un paese che la considera poco madre e donna poco onesta . Tutto questo in un contesto storico culturale di assoluta arretratezza che il film descrive bene con immagini realistiche di efficace chiarezza. Il film riprende un linguaggio neorealista , con l’uso del B/N con il personaggio di Marta e della madre con espressioni e gesti di efficace drammaticità. Dove il film ,tratto dal romanzo della coautrice , inizia a rendere l’argomento oltremodo insistente , essendo già puntuale sulla vita di Marta e dei paesani che la isolano e rifiutano una vita normale, è quando lei giovane donna ancora inconsapevole di un possibile riscatto, incontra un maturo Lorenzo omosessuale conosciuto e riconosciuto paesano come segretario del parroco , che in qualche modo la prende in tutela e reciprocamente si riconoscono per un eventuale riscatto e liberazione. Dunque la seconda parte del film racconta di questa altra storia di Marta che grazie alla presenza di Lorenzo si indirizza verso una emancipazione personale da donna madre emarginata e isolata a giovane in grado di progredire e liberarsi socialmente. Il tutto sempre in un contesto ostile e arretrato .Che gli autori del film abbiano voluto rilanciare il tema della emancipazione e liberazione della donna , è pienamente accettabile e comprensibile, tuttavia non si è tenuto conto che la cinematografia ha recentemente già affrontato lo stesso tema nella stessa sincronia storica con diversa figura femminile , forse sdrammatizzando il tema con più ironia cosa che questo film non riesce a fare , incupendo i personaggi e rendendoli infine nel momento del riscatto e della emancipazione poco credibili. Dunque Marta, grazie all’aiuto di Lorenzo e dei militanti della locale sezione del Partito Comunista diventa dopo una lunga fase di apprendimento una valente dattilografa diplomata : riuscirà a partire dalla Calabria per un lavoro a Milano come segretaria, e nel finale sarà proprio Lorenzo a regalare a Marta in partenza , una nuova macchina da scrivere come ricordo degli anni passati insieme in una terra difficile e arretrata. Una serie di temi e argomenti che pur narrati con un linguaggio efficace e comprensibile , mostrano una collaudata affinità al sentimento comune del grande pubblico , cercando giustamente un riscontro che nel cinema è importante, Hanno reso possibile tutto questo gli interpreti eccezionali Ludovica Martino come Marta e Marco Leonardi in Lorenzo. ( mauridal)
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andrea di lazzaro
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martedì 21 maggio 2024
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ottimo film, inaspettatamente, privo di retorica.
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Una storia verosimile ed emozionante, raccontata in modo superbo: dalla regia alla sceneggiatura, dalla scenografia (accurata in ogni dettaglio storico) alla fotografia, non un dettaglio fuori posto, non un eccesso di violenza o di eros non necessario.
Una storia che trabocca di miserie umane ed umane virtù, raccontata in modo equidistante, senza retorica femminista, senza ideologismi preconfezionati. Non si fanno sconti a nessuno. Superbe interpretazioni, attori bravissimi.
Visto ieri a Roma con mia mamma quasi novantenne, sono uscito dalla sala in lacrime.
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stefano domenico savastano
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martedì 14 maggio 2024
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il film del momento
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Questo è il film del momento. Il film che tratta senza retorica il tema della libertà individuale, non solo della donna. Ma anche degli uomini, omosessuali. Il film che tratta di un sud arretrato, ma che scopre dentro di sé l'energia per guardare al futuro. Il film che tratta la capacità di assumersi le responsabilità della propria funzione all'interno di una comunità, anche se questa funzione non risponde ai nostri sogni. Uno dei pochissimi film italiani d'autore che non annoia mai, e che ha il coraggio di dare al finale il respiro della speranza. In pratica, uno dei pochissimi film italiani d'autore scritto per dare allo spettatore il piacere dell'intrattenimento.
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Questo è il film del momento. Il film che tratta senza retorica il tema della libertà individuale, non solo della donna. Ma anche degli uomini, omosessuali. Il film che tratta di un sud arretrato, ma che scopre dentro di sé l'energia per guardare al futuro. Il film che tratta la capacità di assumersi le responsabilità della propria funzione all'interno di una comunità, anche se questa funzione non risponde ai nostri sogni. Uno dei pochissimi film italiani d'autore che non annoia mai, e che ha il coraggio di dare al finale il respiro della speranza. In pratica, uno dei pochissimi film italiani d'autore scritto per dare allo spettatore il piacere dell'intrattenimento. Questo è il film da vedere. Il film del momento.
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cardclau
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lunedì 13 maggio 2024
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la libertà non è mai gratis
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Il film Il mio posto è qui di Cristiano Bortone e Daniela Porto, basato su una storia narrata da Daniela Porto, si riconnette alla tematica affrontata in Wicked Little Letters (Thea Sharrock). Ma qui siamo nella calabria post Seconda Guerra Mondiale, dove il ruolo della donna è ancora più umiliato, subalterno, per non dire inesistente, malgrado le due Guerre Mondiali, e di cui il Fascismo ne è in parte responsabile. Siamo fermi al punto narrato da Carlo Levi in Cristo si è fermato ad Eboli, in una Italia decisamente arretrata. Il non comprendere che solo in un rapporto di uguaglianza, nella diversità, con la donna è possibile uno sviluppo sostenibile della vita può essere spiegato solo dalla cecità assoluta nella difesa del potere: cosa assurda (e pericolosa) visto che anche lui dipende mani e piedi da una donna nella prima parte della vita.
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Il film Il mio posto è qui di Cristiano Bortone e Daniela Porto, basato su una storia narrata da Daniela Porto, si riconnette alla tematica affrontata in Wicked Little Letters (Thea Sharrock). Ma qui siamo nella calabria post Seconda Guerra Mondiale, dove il ruolo della donna è ancora più umiliato, subalterno, per non dire inesistente, malgrado le due Guerre Mondiali, e di cui il Fascismo ne è in parte responsabile. Siamo fermi al punto narrato da Carlo Levi in Cristo si è fermato ad Eboli, in una Italia decisamente arretrata. Il non comprendere che solo in un rapporto di uguaglianza, nella diversità, con la donna è possibile uno sviluppo sostenibile della vita può essere spiegato solo dalla cecità assoluta nella difesa del potere: cosa assurda (e pericolosa) visto che anche lui dipende mani e piedi da una donna nella prima parte della vita. Ma nel periodo post bellico la grande novità è rappresentata dalla possibilità di un dibattito politico, dove le donne (meno gli uomini) del Partito Comunista Italiano hanno il merito di promuovere l’uguaglianza e la dignità della donna. Non sarà un processo indolore a smuovere lo statu quo ante, da una parte c’è la maggioranza del sesso maschile, in partenza ostile; dall’altra il pronto ritorno della classe dominante (scomparsa con la sconfitta) favorito dagli americani per la guerra fredda, che spinge affinché nulla cambi. Il 1° maggio 1947 avviene la strage di Portella della Ginestra, dove la banda del bandito Salvatore Giuliano spara sulla folla di contadini siciliani inermi provocando la morte di 11 persone ed il ferimento di numerose altre. Per quanto le indagini non abbiano indicato alcun mandante, addossando agli esecutori tutta la responsabilità del massacro, alcune voci sono uscite dal coro, come quella di Ignazio Butitta nella cantata: “La vera storia di Salvatore Giuliano”. In questo clima si inserisce la storia di Marta (Ludovica Martino), ragazza madre (“infame prostituta”) di un padre che non era ritornato dalla guerra, che aiutata dal suo amico/padre omosessuale (“prostituto infame”) Lorenzo (Marco Leonardi), riesce a procedere nel suo cammino di emancipazione, a prezzo della solitudine dell’emigrazione. Appassionante.
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luciano porta
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lunedì 13 maggio 2024
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bellissimo film, sensibile e profondo.
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La vicenda avviene in in paese della Calabria nel primo dopoguerra. È la storia di due emarginazioni: quella di Marta, ragazza madre promessa sposa ad un anziano vedovo e quella di Lorenzo, omosessuale che cerca di aiutare la ragazza in ogni modo e che si è ritagliato un lembo di vita organizzando le cerimonie di matrimonio per il parroco che lo ha accolto. Entrambi cercano di sfuggire ad un futuro che sembra già scritto. Emozionante è l'impegno politico concreto che anima alcuni cittadini per le imminenti elezioni in cui per la prima volta le donne potranno votare. L'interpretazione dei due protagonisti è sensibile e mai sopra le righe e la sceneggiatura mostra doti di scrittura non comuni.
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La vicenda avviene in in paese della Calabria nel primo dopoguerra. È la storia di due emarginazioni: quella di Marta, ragazza madre promessa sposa ad un anziano vedovo e quella di Lorenzo, omosessuale che cerca di aiutare la ragazza in ogni modo e che si è ritagliato un lembo di vita organizzando le cerimonie di matrimonio per il parroco che lo ha accolto. Entrambi cercano di sfuggire ad un futuro che sembra già scritto. Emozionante è l'impegno politico concreto che anima alcuni cittadini per le imminenti elezioni in cui per la prima volta le donne potranno votare. L'interpretazione dei due protagonisti è sensibile e mai sopra le righe e la sceneggiatura mostra doti di scrittura non comuni. Quando il dialetto calabrese si fa più stretto appaiono i sottotitoli. È un opera prima, un piccolo capolavoro.
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herry
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martedì 7 maggio 2024
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basta dialetti
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Visto il trailer e sicuramente anche fosse un film bellissimo non andrei mai a vederlo. Abito a Brescia e il dialetto calabrese non lo capisco, e penso di non essere l'unico. In Italia c'è una lingua nazionale: l'italiano. Va bene l'accento regionale ma bisogna usare l'italiano. Cari registi basta con queste menate.
[+] e allora ''l''albero degli zoccoli''?
(di satiro danzante)
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[+] più che un giudizio è un pregiudizio
(di luciano porta)
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[+] ce n''e'' pochissimo di dialetto
(di stefano domenico savastano)
[ - ] ce n''e'' pochissimo di dialetto
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