sergio dal maso
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venerdì 17 gennaio 2025
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il maestro che promise il futuro
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“Il mare lo immagino molto ampio e molto grande. Ma soprattutto profondo. Il maestro ha detto che ci porterà a vederlo.”
Il mare immaginato dai bambini che non lo hanno mai visto (quaderno stampato dai bambini di Banuelos de Bureba - 1935)
Ci sono molti modi per promuovere il progresso sociale di un Paese. Quello che punta su un’istruzione pubblica di qualità è senz’altro il più difficile, ma anche il più efficace e lungimirante, destinato a durare nel tempo. Formare fin dall’infanzia ragazzi dotati di spirito critico, liberi e appassionati, farli lavorare in gruppo pur coltivando il talento e la fantasia di ciascuno, rappresenta una cultura pedagogica autenticamente rivoluzionaria, oggi come nel secolo scorso.
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“Il mare lo immagino molto ampio e molto grande. Ma soprattutto profondo. Il maestro ha detto che ci porterà a vederlo.”
Il mare immaginato dai bambini che non lo hanno mai visto (quaderno stampato dai bambini di Banuelos de Bureba - 1935)
Ci sono molti modi per promuovere il progresso sociale di un Paese. Quello che punta su un’istruzione pubblica di qualità è senz’altro il più difficile, ma anche il più efficace e lungimirante, destinato a durare nel tempo. Formare fin dall’infanzia ragazzi dotati di spirito critico, liberi e appassionati, farli lavorare in gruppo pur coltivando il talento e la fantasia di ciascuno, rappresenta una cultura pedagogica autenticamente rivoluzionaria, oggi come nel secolo scorso.
Il sistema scolastico spagnolo della prima metà del Novecento era invece classista e conservatore, basato sulla disciplina e sul culto dell’autorità civile e religiosa. Nella brevissima stagione repubblicana dei primi anni ’30, spazzata via pochi anni dopo dalla sanguinosa guerra civile e dalla dittatura franchista, per contrastare l’analfabetismo di massa il Governo repubblicano investì molto sull’istruzione, inviando maestri anche nelle province rurali più sperdute.
Così, nel 1935, nel paesino di Banuelos de Bureba, vicino a Burgos, viene mandato Antoni Benaiges, un giovane maestro, entusiasta e anticonformista, l’esatto opposto del suo predecessore, il sacerdote locale, grigio e severissimo.
Il metodo educativo di Antoni è quello del pedagogista francese Célestin Freinet, che già alla fine dell’Ottocento teorizzava di mettere il bambino al centro del progetto educativo, “non più come soggetto passivo da indottrinare, ma come soggetto attivo da stimolare attraverso il contatto con la realtà esterna”. Per i freinetisti, inoltre, la scuola deve essere aperta allo scambio e al confronto, facendo stampare direttamente ai bambini, per esempio, dei quaderni artigianali con i loro pensieri, da scambiare poi con i quaderni delle altre scuole.
Se gli alunni della monoclasse di Banuelos de Bureba si appassionano subito alle attività proposte, affezionandosi a quel maestro gentile e bizzarro, gli adulti del piccolo pueblo sono invece perplessi, quando non apertamente ostili. Aleggia nell’aria la tensione sociale e politica dell’imminente guerra civile che divamperà di lì a poco facendo sprofondare la Spagna nella violenza cieca del regime franchista e nella lunga dittatura che finirà solo a metà degli anni Settanta. Per i falangisti di Franco il marchio dell’infamia con cui viene additato Antoni - “ateo e rosso” - è già una sentenza inappellabile: il maestro è un nemico della Spagna.
Parallelamente alla storia di Antoni Benaiges e dei suoi alunni, Il maestro che promise il mare racconta anche un’altra storia, quella della ricerca dei resti delle decine di migliaia di persone fatte sparire durante l’epoca franchista, le cui ossa sono sepolte in centinaia di fosse comuni.
Settantacinque anni dopo la tragedia del maestro, Ariadna, nipote di uno dei suoi alunni, decide di ricostruire la storia del nonno, ormai affetto da demenza senile. Cresciuta, come buona parte della società spagnola, senza aver mai affrontato l’argomento della dittatura, rimossa da quel “patto del silenzio” durato fino agli anni duemila, decide di andare alla ricerca dei resti del bisnonno, anch’egli desaparecido. Inizia così un doloroso recupero della storia della sua famiglia per salvarla dall’oblio, ma per riappropriarsi della memoria famigliare deve ripartire da quella storica.
Il toccante film di Patricia Font intreccia quindi due storie lontane ma inscindibili, alternandole tra passato e presente. Il racconto, pur in due piani temporali distinti, risulta fluido e coinvolgente. Azzeccata la scelta di differenziare i toni della fotografia, con un presente grigio e freddo opposto ai toni caldi e solari che raccontano la vita di Antoni Benaiges. Alcune intuizioni registiche colpiscono lo spettatore, come per esempio la scelta di non mostrare il volto del maestro umiliato e flagellato, esibito in piazza come un trofeo, soffermandosi invece sui volti compiaciuti dei militari e del parroco, e al contempo sui visi sconvolti dei bambini. Le interpretazioni dell’intero cast appaiono convincenti, su tutte Enric Auquer e Laia Costa, rispettivamente il maestro Antoni e Ariadna, autori di una prova superlativa per intensità e espressività.
Malgrado il triste epilogo, negli anni successivi i bambini conosceranno lo stesso il mare, la sua profondità e la sua vastità. Come del resto, quarant’anni dopo potranno assaporare per la prima volta i valori della democrazia. Quei valori, come la libertà, il rispetto per gli altri e l’amore per la cultura che Antoni aveva cercato, con la gentilezza e l’entusiasmo, di insegnare loro. Quei valori, espressi nei pensieri dei quaderni stampati in classe, che la violenza fascista ha potuto bruciare in piazza ma non cancellare per sempre.
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cardclau
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lunedì 23 settembre 2024
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homage to catalonia
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Patricia Font nel film Il maestro che promise il mare affronta un tema doloroso universale, rappresentato dalla Guerra Civile Spagnola (1936-1939). Pedro Almodóvar di Madres parallelas (2021) dice: “La Guerra civile è il nostro fantasma collettivo. Il nostro “peccato” mai superato. Il nostro senso di colpa nazionale … “. È un tema complesso, perché oltre agli agiti di vendetta al grido di “vae victis” (i repubblicani ne fecero fuori circa cinquantamila; i franchisti successivamente circa centomila), a circa quattrocentomila tra combattenti e civili; si è caratterizzata inizialmente da una rivoluzione proletaria (anarchici, socialisti del POUM, sindacati dei lavoratori) odiata non solo dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, ma anche dalle potenze capitaliste quali la Gran Bretagna e la Francia, e dall’Unione Sovietica che aveva bisogno di ingraziarsele; quindi antagonizzata dai comunisti obbedienti alle direttive di Stalin (che pensavano che non fosse il momento); al suo smantellamento da parte dei comunisti (ammazzando o imprigionando); quindi perdendo la guerra con i franchisti, il cui credo non era fascista, ma mirava solamente a riportare la Spagna ante quo (il potere al sistema feudale e alla chiesa).
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Patricia Font nel film Il maestro che promise il mare affronta un tema doloroso universale, rappresentato dalla Guerra Civile Spagnola (1936-1939). Pedro Almodóvar di Madres parallelas (2021) dice: “La Guerra civile è il nostro fantasma collettivo. Il nostro “peccato” mai superato. Il nostro senso di colpa nazionale … “. È un tema complesso, perché oltre agli agiti di vendetta al grido di “vae victis” (i repubblicani ne fecero fuori circa cinquantamila; i franchisti successivamente circa centomila), a circa quattrocentomila tra combattenti e civili; si è caratterizzata inizialmente da una rivoluzione proletaria (anarchici, socialisti del POUM, sindacati dei lavoratori) odiata non solo dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, ma anche dalle potenze capitaliste quali la Gran Bretagna e la Francia, e dall’Unione Sovietica che aveva bisogno di ingraziarsele; quindi antagonizzata dai comunisti obbedienti alle direttive di Stalin (che pensavano che non fosse il momento); al suo smantellamento da parte dei comunisti (ammazzando o imprigionando); quindi perdendo la guerra con i franchisti, il cui credo non era fascista, ma mirava solamente a riportare la Spagna ante quo (il potere al sistema feudale e alla chiesa). In questo guazzabuglio chi sono di solito i perdenti? Sono i pacifici. E il film è la storia di un buono, di un maestro di uno sperduto villaggio, il maestro Antoni Benaiges, che ama e crede nella libertà, nella lotta contro l’ignoranza, sempre prediletta il potere. Aggiungo, ho visto il film in spagnolo, Non credevo che lo spagnolo fosse così simile.
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(di trilly10)
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(di antonio bianchi)
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gabriella
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sabato 28 settembre 2024
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sogno di libertà
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Una piccola grande storia che attraversa il passato per mettere radici nel presente e non mettere a tacere la memoria, per ricordare come il sacrificio di un uomo possa essere speranza e orgoglio per il futuro. Siamo nel 1935, in Spagna, nel piccolo borgo di Burgos, periodo storico che segna il sorgere del regime franchista, un insegnante di Terragona, Antoni Benaiges ,accetta l'incarco di maestro in una classe di alunni compresi tra gli 8 e i 12 anni. I suoi metodi d'insegnamento sono innovativi, fuori dall'ordinario, tesi alla scoperta delle proprie attitudini, all'importanza della conoscenza, per allargare gli orizzonti e credere nei propri sogni e per alimentare questo sogno, promette ai bambini di portarli a vedere il mare, che nessuno di loro aveva mai visto, ma l'avanzare del regime spezza il sogno di raggiungere il luogo tanto desiderato.
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Una piccola grande storia che attraversa il passato per mettere radici nel presente e non mettere a tacere la memoria, per ricordare come il sacrificio di un uomo possa essere speranza e orgoglio per il futuro. Siamo nel 1935, in Spagna, nel piccolo borgo di Burgos, periodo storico che segna il sorgere del regime franchista, un insegnante di Terragona, Antoni Benaiges ,accetta l'incarco di maestro in una classe di alunni compresi tra gli 8 e i 12 anni. I suoi metodi d'insegnamento sono innovativi, fuori dall'ordinario, tesi alla scoperta delle proprie attitudini, all'importanza della conoscenza, per allargare gli orizzonti e credere nei propri sogni e per alimentare questo sogno, promette ai bambini di portarli a vedere il mare, che nessuno di loro aveva mai visto, ma l'avanzare del regime spezza il sogno di raggiungere il luogo tanto desiderato. Settantacinque anni dopo, Ariana, la nipote di uno di quegli alunni, cerca di ricostruire la storia , dietro quella meravigliosa promessa, attraverso il riconoscimento dei resti delle vittime del regime,( argomento trattato ancge da Almodovar nel film “Madei parallele”) incontrando gli alunni sopravvissuti per restituire alla memoria collettiva l'importanza dell'insegnamento come scintilla che infiamma di passione, chi lo esercita e chi lo apprende, e che la forza di combattere per ciò in cui si crede, libera dal giogo dell'oppressione e dalle pericolose derive che approdono in dittature autoritarie .E’ un film semplice, commovente nella sua sobrietà , rivoluzionario perché aiuta a vedere altri mondi, all’infuori della ristrettezza di un remoto paesino , a risvegliare interesse e curiosità, ma sopratutto l’arco temporale tra passato e futuro, permette di mantenere vivida e luminosa una vecchia foto di classe che rischiava l’oblio.
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francesca meneghetti
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martedì 1 ottobre 2024
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il senso della memoria
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La prima scena è quella di uno scavo che potrebbe essere archeologico: ma le ossa umane che emergono, assieme ad oggetti, appartengono a persone scomparse durante la dittatura franchista: 33.833 si legge in una pagina web del Governo spagnolo, di cui 12.410 non identificati. La legge della «Memoria histórica», che risale al 2007 (Zapatero) sta ancora cercando di restituire i propri morti alle famiglie, ma le fosse comuni sono centinaia, molte ancora inesplorate. La seconda scena inquadra il mare, su cui si ritorna alla fine. Perché il mare rappresenta la promessa, non mantenuta per cause di forza maggiore, di un maestro realmente vissuto, Antoni Benaiges, che nel ’35 è inviato in un piccolo villaggio nella provincia di Burgos, dove, malgrado le diffidenze e le aperte ostilità, inaugura una piccola scuola laboratoriale, seguendo le teorie del pedagogista Freinet.
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La prima scena è quella di uno scavo che potrebbe essere archeologico: ma le ossa umane che emergono, assieme ad oggetti, appartengono a persone scomparse durante la dittatura franchista: 33.833 si legge in una pagina web del Governo spagnolo, di cui 12.410 non identificati. La legge della «Memoria histórica», che risale al 2007 (Zapatero) sta ancora cercando di restituire i propri morti alle famiglie, ma le fosse comuni sono centinaia, molte ancora inesplorate. La seconda scena inquadra il mare, su cui si ritorna alla fine. Perché il mare rappresenta la promessa, non mantenuta per cause di forza maggiore, di un maestro realmente vissuto, Antoni Benaiges, che nel ’35 è inviato in un piccolo villaggio nella provincia di Burgos, dove, malgrado le diffidenze e le aperte ostilità, inaugura una piccola scuola laboratoriale, seguendo le teorie del pedagogista Freinet. Antoni è repubblicano e laico, ma le sue posizioni politiche gli costeranno la vita quando il generale Franco prenderà il potere attraverso una sanguinosa guerra civile. E i piccoli allievi dovranno assistere a scene terribili. Tra di loro c’è Carlos, che Antoni aveva ospitato in casa, per fare un favore all’amico Bernardos. Ora è anziano. Si trova in una casa di ricovero fronte mare. Ma sua nipote Ariadna, in seguito a una telefonata, si mette alla ricerca dei resti del bisnonno, il padre di Carlos, per dare pace a costui prima della fine. Quindi la ricostruzione della memoria familiare si intreccia con il lavoro di ricomposizione della memoria storica nazionale. Non sarà un capolavoro questo film, che alterna i flashback del passato al processo di ricerca, ma, pur nella sua tristezza, merita di essere visto. Andiamo verso l’ottantesimo anniversario della Resistenza, che non fu solo italiana. Antoni Benaiges, le cui sue ossa non sono mai state trovate, è un protagonista, fino a poco fa dimenticato, di questa Resistenza europea, ala quale dobbiamo la nostra attuale libertà. Splendido Enric Auquer nei panni del maestro. Aggiungerei una canzone resistente in catalano (lingua proibita dal franchismo) a commento finale: l’Estaca. L’estaca (il palo) simboleggia la dittatura, ma se tutti collaborano e resistono insieme l’estaca tomba: il palo cade giù.
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