Tutto il film si svolge sullo 'Stari Most', il vecchio ponte di Mostar, da cui viene il nome della città, Mostari, che significa 'guardiani del fiume'. Un tuffo e poi un altro. Il film si dispiega dietro questo gesto, questa attesa e quello che rappresenta. Per quanto esperti (c'è chi l'ha scelto come lavoro), non è mai un tuffo semplice: l'altezza, 24 metri, la temperatura rigida dell'acqua e il vento che non permette di concentrarsi, si percepisce persino dalla telecamera, sembra di sentirlo addosso. Il ponte non è solo un trampolino e il tuffo non è solo uno slancio verso l'acqua. Le facce sono concentrate, ci si consiglia sui movimenti da fare, sulla torsione del corpo, sembra quasi si parli di scienza e, per questo, l'atto del tuffarsi assume una forma alta (non solo per l'altezza), sacra.
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Tutto il film si svolge sullo 'Stari Most', il vecchio ponte di Mostar, da cui viene il nome della città, Mostari, che significa 'guardiani del fiume'. Un tuffo e poi un altro. Il film si dispiega dietro questo gesto, questa attesa e quello che rappresenta. Per quanto esperti (c'è chi l'ha scelto come lavoro), non è mai un tuffo semplice: l'altezza, 24 metri, la temperatura rigida dell'acqua e il vento che non permette di concentrarsi, si percepisce persino dalla telecamera, sembra di sentirlo addosso. Il ponte non è solo un trampolino e il tuffo non è solo uno slancio verso l'acqua. Le facce sono concentrate, ci si consiglia sui movimenti da fare, sulla torsione del corpo, sembra quasi si parli di scienza e, per questo, l'atto del tuffarsi assume una forma alta (non solo per l'altezza), sacra. Il ponte, vede tutto questo via vai di persone perennemente in costume, scalze e di turisti, di persone affascinate ma allo stesso tempo disinteressate a quello che rappresenta tuffarsi e quello che rappresentano le mura del ponte in sè. Per loro è un attraversamento, è un passaggio, per i tuffatori, invece, è una meta, un traguardo. Da una parte il ricordo e l'immagine di una dittatura vissuta e subìta, dall'altra i segni tangibili di una cultura lontana che vede stagliarsi sul paesaggio l'immagine di una moschea. In tutto questo passa lui, il ponte, un vero e proprio simbolo di collegamento, di avvicinamento fra le due culture, cristiana e musulmana. Ed è qui che raccoglie tutto il suo vero significato, che giustifica quelle foto sfocate ma nitide nella mente, nel 'club dei tuffatori', quei racconti che rivelano una natura intima, personale, quasi sentimentale, di un oggetto che per molti di loro rappresenta una forza che non gli consente di abbandonarlo o lasciarlo per un futuro diverso, non necessaraimenti migliore ma almeno di scoperta. Ed è proprio questa l'unica sensazione un pò amara del film: il forte coraggio di buttarsi da un'altezza che è come un pugno allo stomaco ma, allo stesso tempo, la mancanza di coraggio di andare avanti, anche senza quel ponte, anche senza quel tuffo. Di fronte a questa mancata occasione di attraversare il ponte senza rimpianti e senza guardarsi indietro devono fare i conti anche i futuri adulti, ragazzini che scelgono un trampolino più basso ma che scelgono solo di posticipare quel lancio più alto che forse strapperà un applauso ma che non li porterà lontano, li tratterrà, forse, per sempre. Questa sensazione rimane forte dentro lo spettatore ed è ben realizzata dallo scorerre dell'acqua: tutto si muove, le persone, i tuffatori, l'acqua che scorre in modo inesorabile quando il tuffo è finito, ma nulla in reltà cambia, c'è un movimento fermo. Il ponte, quindi, è protagonista del confronto tra generazioni che cambiano ma non si muovono e che sembrano distanti ma sono le stesse, quasi, anche, con visi che si somigliano. E' qui che il ponte assume il significato più forte: un collegamento tra passato e presente, il presente degli adulti che vivono col nuovo ponte solo "più chiaro" come dicono alcuni, e il collegamento tra questo presente e il vero futuro che è fuori da questa strettoia di mattoni, che è ignoto e per questo visto come pericoloso, lontano e quasi come tradimento. Quel ponte, quel tuffo fa dimenticare a tutti loro la vita vista in una prospettiva più ampia, diversa, da scoprire e, per questo 'li giustifica' nel non cercare altro se non la giusta posizione. Questo li fa sentire, grandi, anche un pò attrazione turistica, portatori di una storia che si ha paura venga dimenticata e allora si incoraggiano e tranquillizzano a vicenda perchè la storia non si può fermare.."non c'è da vergognarsi, non è facile tuffarsi". Il fare comune è l'elemento più tenero e autentico che forse rappresenta il vero slancio nonostante non ci si muova realmente molto: raccolgono soldi, condividono racconti, si allenano, guardano video sul telefono con serietà e spirito critico. Viene fuori il gesto come un motto collettivo e non un singolo atto di follia. Tutto è accompagnato da musiche lontane, sembrano quasi provenire da una galleria, sono piene di echi che rimandano al passato ma lasciano il sapore autentico e di fiducia verso qualcosa di nuovo. Questi suoni accompaganno il gesto del tuffo e lo cadenzano e forse aiutano a intravedere meglio tutta la tecniva che c'è dietro. Non solo tecnica ma ricordi lucidi anche se sbiaditi di cartine che ricordano il paesaggio come più verde e meno inquinato.
Nel film sono presenti uomini, padri, figli, bambini, nonni anche solo in foto ma quasi completamente assente è la presenza femminile. Fino a quando viene introdotta, verso la fine, come spiraglio verso la rinascita, verso quell'ignoto che sa di nuovo ma anche di lontano, a volte troppo, che viene allontanato attarverso i video di musiche popolari e le parole che si portano dietro. La donna col bambino: questo è il simbolo nell'immaginario comune e, nell'arte in generale, di nascita, rinascita e crescita. Ed è proprio questo il messaggio finale: che il ponte mantenga la sua storia, il suo significato forte di collegamento tra persone ma che rinasca di nuovo e questa volta per collegarci a qualcosa di lontano ma necessario. E allora in tutto questo rimane vero che "tuffarsi è una cosa seria", non si può fare un tuffo a metà! Ma, come ci ricorda una canzone di un gruppo musicale torinese, "sono cambiamenti, solo se spaventano"..
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