Il regista compie un doppio movimento raccontando due anziani al termine della loro vita: uno di riscoperta e uno di esplorazione. In Concorso a Venezia e ora al cinema.
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Il film di Paolo Virzì è solo l'ultimo di una lunga serie di progetti internazionali realizzati da registi italiani. Pochi sono abituati a pensarlo così, ma il cinema italiano è sempre stato cosmopolita, spesso attratto dall'estero e altrettanto di frequente interessato a un confronto di culture. Se Fellini è il regista che meglio ha espresso questa sospensione tra provincia e mondo, e non solo con La dolce vita, tanti altri cineasti si sono sentiti in dovere di provare la sfida della "trasferta" cinematografica. In particolare, a sollecitare l'impresa, è il confronto con la cultura americana, che per traslazione significa anche misurarsi con Hollywood: pensiamo a Bernardo Bertolucci, forse l'autore che meglio si è fuso con il sistema del grande spettacolo da Oscar, o Dario Argento, o Franco Zeffirelli (di cui forse abbiamo dimenticato la fama ottenuta oltreoceano) e di recente Giuseppe Tornatore e Paolo Sorrentino (per tacere del più internazionale di tutti, Luca Guadagnino).
Virzì non è un regista che possiede l'ambizione visionaria e singolare di Garrone o Sorrentino, pur non rinunciando all'onore del "brand". Per Virzì, molto attento - e in modo giusto, sano - ai gusti degli spettatori, operare su immaginari di genere o costruire narrazioni popolari è motivo di vanto. Per cui Ella & John (guarda la video recensione) non può certo essere considerato una concessione ai gusti statunitensi o peggio un film su commissione, per il semplice fatto che Virzì non troverebbe offensiva nessuna delle due categorie.
Caso mai, ci si deve chiedere che genere rappresenti Ella & John. Una commedia? Un dramma del sotto-genere "cinema della terza età"? Più probabilmente, questi codici si mescolano a un contenitore principale, il road movie. Nata proprio in America, questa forma di narrazione era quasi inevitabile in una nazione dagli spazi infiniti, dalle strade lunghissime, e dalla natura legata al viaggio e al trasferimento. Il road movie è, da sempre, sinonimo di scoperta del territorio, ed è dunque un doppio movimento quello che compie Virzì, scegliendo di raccontare due anziani al termine della loro vita: uno di riscoperta (i protagonisti conoscono già l'America, devono solamente riscoprirla e metaforicamente dissolversi in essa) e uno di esplorazione (il regista italiano che si misura con la dimensione simbolica di tanto cinema, tanta letteratura e tanta musica americane).
Se l'idea era invece quella di portare il mondo di Virzì in America - quello delle sferzate amarissime mescolate alla sensibilità umanistica, quello della società canagliesca e truffaldina in cui si muovono faticosamente personaggi trasparenti, fragili e sorprendenti - francamente non se ne scorgono molte tracce. E i riferimenti all'attualità statunitense (come il raduno pro-Trump) sono un po' elementari. Certo, restano Donald Sutherland e Helen Mirren, indiscutibili, rari, impercettibilmente perfetti. Sono loro che valgono il biglietto. E allora lo vedete che Ella & John non va preso come un film d'autore?