Affrontare un argomento tragico utilizzando i toni della commedia è esercizio non semplice. Si rischia infatti di svilire il tema principale a vantaggio del tono leggero; se poi l’argomento è la guerra civile di Spagna e il regista è lo spagnolo Carlos Saura, il rischio è ancora maggiore. Non c’è argomento più tragico da trattare, per uno spagnolo, ancora oggi a più di mezzo secolo dalla fine del conflitto che spaccò letteralmente in due quel Paese e lo consegnò ad una dittatura durata fino a metà degli anni ’70.
Ma Saura è regista esperto e preparato. Ad un certo punto della sua lunga carriera, decide che è giunta l’ora di cercare di sdrammatizzare ciò che parrebbe follia tentare.
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Affrontare un argomento tragico utilizzando i toni della commedia è esercizio non semplice. Si rischia infatti di svilire il tema principale a vantaggio del tono leggero; se poi l’argomento è la guerra civile di Spagna e il regista è lo spagnolo Carlos Saura, il rischio è ancora maggiore. Non c’è argomento più tragico da trattare, per uno spagnolo, ancora oggi a più di mezzo secolo dalla fine del conflitto che spaccò letteralmente in due quel Paese e lo consegnò ad una dittatura durata fino a metà degli anni ’70.
Ma Saura è regista esperto e preparato. Ad un certo punto della sua lunga carriera, decide che è giunta l’ora di cercare di sdrammatizzare ciò che parrebbe follia tentare. Affrontare un argomento quasi tabù giocando con i toni leggeri della commedia che spesso diventa farsa. Salvo poi, una volta lanciato il sasso, ritirare la mano malandrina che lo ha lanciato e affrontare la tragedia usando il tono che le compete.
Un’architettura complessa e rischiosa. L’architetto costruisce una trama un po’ scombiccherata sul filo dell’inverosimiglianza, ma riesce miracolosamente a non scivolare nel ridicolo. Un po’ la sua bravura, un po’ il tempo che ha rimarginato alcune ferite, un po’ le giovani generazioni stanche di udire le solite storie: tutte queste ragioni aiutano a “digerire” una prova diseguale ma comunque decorosa.
C’è molto “teatro” d’avanspettacolo (la figura di Paulino,(Andrés Pajares) attore comico, quella, involontaria, del tenente Ripamonte, interpretata a meraviglia dal nostro Maurizio de Razza)e quella del soldato italiano tontolone, vero concentrato di tutti i luoghi comuni, in Spagna, degli italiani). Ma, a fare da contraltare c’è la verità storica, ambientale, sociologica di una Spagna divisa mortalmente fra “una que muere y otra que bosteza” come recita Antonio Machado. C’è la durezza e l’ignoranza, quasi animale, c’è un odio quasi tribale fra questo e quel bando (Il “Cainismo” elemento così presente nella storia e cultura di questo Paese), fra questa e quella visione del mondo. Ma, a rendere meno cupo l’assunto, c’è l’ingenuità, il candore e la semplicità fanciulleschi, le battute indovinate, i dialoghi spesso incisivi e illuminanti. Ma c’è soprattutto la figura di Carmen Maura ad elevare il tono generale del film e, nel finale, a dare un tocco di nobiltà ed “hidalguía” che riscatta definitivamente un film che fino ad allora galleggiava nel mare della sufficienza.
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