LO SPLENDORE DEL CINEMA MESSICANO ALLA RASSEGNA XX SECOLO

Una selezione di titoli del periodo d'oro, in programma fino al 31 maggio al cinema Quattro Fontane di Roma.

Silvia Guzzo, lunedì 22 maggio 2023 - Evento

La quarta parte della rassegna XX secolo – L’invenzione più bella è iniziata con due grandi registi, Roman Polanski e Luchino Visconti, è proseguita con i titoli più importanti della straordinaria carriera di Marilyn Monroe e con un'imperdibile selezione di film del cinema inglese, e ora propone fino al 4 giugno, al cinema Quattro Fontane di Roma, una rassegna di lungometraggi di Douglas Sirk e una raccolta di titoli del cinema messicano.

Ecco un excursus sul cinema messicano degli anni d'oro, di cui la rassegna propone un'imperdibile selezione.

Dalla fine degli anni Trenta sino alla fine degli anni Cinquanta il cinema messicano ha vissuto un periodo d’oro, sia da un punto di vista artistico sia commerciale. In quel frangente, infatti, il governo aveva messo in atto uno sforzo economico volto a dar vita a un cinema nazionale capace di riflettere i valori della cultura messicana e di porre in risalto le tradizioni degli indigeni. In quegli anni, il Messico impose la sua presenza nei territori di lingua spagnola, dominando il mercato di tutta l’America Latina grazie a pellicole di successo, ben accolte anche negli Stati Uniti.

Da una parte le comedias rancheras e cabareteras arricchivano le file del cinema commerciale e dall’altra il melò e il noir si affermavano come generi frequentati da registi con maggiori ambizioni artistiche e autoriali. Tra questi, vi fu certamente Emilio “El Indio” Fernández, discepolo del russo Sergei M. Eisenstein, trasferitosi in Messico all’inizio degli anni Trenta. Eisenstein ebbe un proficuo dialogo con l’arte indigena messicana: se da un lato influenzò alcuni registi del posto, dall’altro assorbì a sua volta l’arte tradizionale del Paese, incentivandolo, secondo alcuni studiosi, alla riscoperta della propria estetica.

Fernández, dal canto suo, diresse alcune pellicole destinate a raggiungere un vasto pubblico d’essai in giro per il mondo, che ebbe così la possibilità di conoscere quel Messico post-coloniale animato sullo schermo da dive come María Félix e Dolores del Río, affiancate da attori capaci di competere con le star di Hollywood come Pedro Armendáriz e Arturo de Córdova. Enamorada (1946) fu uno dei più grandi successi del regista: liberamente ispirato alla "Bisbetica domata" di Shakespeare, si avvale della fotografia di Gabriel Figueroa, figura chiave del cinema di quegli anni e collaboratore del maestro di Fernández Sergei M. Eisenstein.

Di Figueroa è anche la fotografia del primo lavoro in lingua inglese di Fernández, La perla (1947). Co-prodotto dall’hollywoodiana Rko, il film è tratto dall’omonimo racconto di John Steinbeck ed è la storia tragica di un pescatore che dopo il ritrovamento di una perla di enormi dimensioni si ritrova al centro di una serie di vicende infauste.
 

Insieme a Fernández, anche Roberto Gavaldón contribuì alla crescita di un cinema messicano più autoriale e artisticamente ambizioso. Il più eclettico tra i suoi connazionali, Gavaldón dirigeva film incentrati su personaggi immersi in contesti molto differenti, passando dalle saghe rurali ambientate in un mondo contadino ai drammi urbani con protagonisti ricchi e facoltosi - come nel caso del noir pieno di sorprese Nel palmo della mano (1951). Ciò che tuttavia accomuna i personaggi di Gavaldón sono i dubbi e le passioni incontrollabili che li spingono a muoversi all’interno di un mondo instabile, in cui il destino gioca loro brutti scherzi.

È il caso per esempio di Vita rubata (1946), in cui Dolores del Río - dopo un lungo e florido periodo hollywoodiano - interpreta il duplice ruolo di Magdalena e della sua gemella Maria, annientata dalla propria invidia. Vittima del destino è anche Marcos, il campione di pelota interpretato dal divo romantico del cinema messicano Pedro Armendáriz, che in Odio mortale (1952) si trasforma in un farabutto dalla dubbia moralità.

Tra i grandi esponenti del cinema d’autore del Paese, impossibile dimenticare il più grande di tutti: Luis Buñuel. Di origini spagnole ma naturalizzato messicano, fu tra i massimi esponenti del cinema surrealista e nel corso della carriera ottenne moltissimi riconoscimenti. Per I figli della violenza (1950), ad esempio, vinse un premio per la miglior regia a Cannes: incentrato sull’orrore e la povertà che accompagnano le vite di un gruppo di adolescenti di strada, anche questo film si avvale della fotografia di Figueroa, che per accentuare l’approccio realistico della pellicola fa un uso della luce diretto e senza filtri, severo e accecante. Il grande interesse di Buñuel per la psicanalisi emerge invece in Estasi di un delitto (1955), uno studio sulla perversione sessuale di un artista mancato che prende forma in uno dei lavori più sovversivi e spiritosi del regista.

Negli anni Cinquanta la produzione messicana raggiunse così i suoi massimi livelli: ciononostante, smise di funzionare come industria, complici il collasso del sistema monopolistico statale e l’avvento della televisione. La grandezza del cinema del passato, tuttavia, rimane e non smette di influenzare i moderni lungometraggi del Paese.

I FILM DEL CINEMA MESSICANO IN PROGRAMMA

Lunedì 22 maggio
ore 18.00 Enamorada

Martedì 23 maggio
ore 16.00 Enamorada - REPLICA
ore 20.00 Vita rubata

Mercoledì 24 maggio
ore 18.30 Estasi di un delitto

Domenica 28 maggio
ore 11.00 Los olvidados

Lunedì 29 maggio
ore 16.00 Estasi di un delitto - REPLICA
ore 20.00 La perla

Martedì 30 maggio
ore 18.15 Nel palmo della mano

Mercoledì 31 maggio
ore 15.45 Nel palmo della mano - REPLICA
ore 20.00 Odio mortale
 

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