Dal 7 novembre, al cinema Quattro Fontane di Roma, una ricca selezione di capolavori del cineasta francese. SCOPRI IL PROGRAMMA
Si è inaugurata il 24 ottobre la seconda edizione della rassegna XX secolo – L’invenzione più bella, in programma fino al 4 giugno al cinema Quattro Fontane di Roma. Dopo la prima parte dedicata a Stanley Kubrick e a Yasujirô Ozu, la rassegna prosegue, dal 7 al 27 novembre, con due altri grandi maestri: John Ford e Jean Renoir.
Pino Farinotti presenta alcuni dei titoli della selezione dedicata al cineasta francese.
Mi è successo spesso di sentirmi fare una domanda: qual è il più grande film in assoluto? So bene che gli assoluti sono impropri e discrezionali, comunque la domanda è accettabile, ho fatto molto esercizio in fatto di titoli e classifiche. E così rispondo: “É La grande illusione di Jean Renoir”. Naturalmente ho avuto molte occasioni negli editoriali e nei libri, di spiegare il perché. Per cominciare Renoir.
Raccontando John Ford nell’ultimo editoriale ho immaginato un ideale Monte Rushmore dei registi, in cui ho collocato Ford, Hitchcock, Bergman e, appunto Renoir. Dunque, un gigante. Per raccontarlo è indispensabile una collocazione che spiega molto, ed emergerà, in automatico, un altro “collega”, gigante a sua volta, Marcel Carné. I due fanno parte di quell’antologia preziosa che ha prodotto un cinema insuperato per arte e bellezza, e invenzioni.
Il cinema francese fra gli anni ’30 e i primi ’40 è quello del Fronte popolare: è un movimento decisivo, una delle massime manifestazioni, anche in chiave di arte assoluta, del ‘900. Omologabile alle grandi idee dell’Espressionismo in Germania e del Realismo in Italia. Con un valore in più: la letteratura alta. Quel cinema riuscì nella fusione, la più nobile e difficile, fra la poesia pura e lo specifico del cinema.
Il Fronte popolare deriva da un movimento politico, nato alle elezioni del 1936, in Francia, vinte da Léon Blum leader socialista. Blum incarnava la speranza rivoluzionaria di molte fasce, studenti, militanti della sinistra, operai, e anche frange della media borghesia. La Francia aveva accolto le idee della rivoluzione di Ottobre ed era circondata da paesi confinanti, governati da regimi opposti, il fascismo, il nazismo e, fra poco, il franchismo. Bloom, sospettato di voler installare una dittatura comunista, cadde nel 1937. Ma quel breve interregno bastò per immaginare un magnifico sviluppo umano, sociale e artistico, certo ideale e teorico, la realizzazione di un sogno. Un movimento simile, ma più consapevole e adulto, al sessantotto.
POETA
Poi il “fronte” perse energia e identità, rimase solo un’idea buona per essere accolta dagli artisti, anche da quelli che facevano i film. Un poeta come Prévert si sposava a un artista dell’immagine come Carné. Nel 1938 firmarono, alla regia e alla sceneggiatura, Il porto delle nebbie, un titolo eroico, un manifesto del cinema della poesia, un’opera capace di tenere insieme dei paradossi estremi, per esempio un militare in fuga, un pittore triste, un vecchio innamorato, malamente, di una giovane, un criminale vendicativo: e tutti che riescono a parlare con la chiarezza dei popolani unita alle parole di poeti. E l’insieme impossibile funziona. Il tutto stretto da un’estetica di piccole luci e di nebbie profonde, di buio triste come un limbo che ti porterà in un posto peggiore.
GABIN
Il terzo testimone, perfetto, di questo film è l’attore, è Jean Gabin, omologo sul suo versante, di Prévert e di Carné. E di Renoir.
Il cinema di pittura e poesia di Carné si integra con quello sociale e anticipatore di Renoir. Sono aspetti diversi della cultura francese, che in quella stagione prevaleva in Europa. Jean Rénoir era figlio d’arte, anzi, figlio di grande arte, suo padre Auguste era stato uno dei maggiori maestri dell’impressionismo, sappiamo. Nel 1937 il regista firmava La grande illusione. Film semplicemente perfetto, per verità, realismo e contenuti. Si può dire che Renoir, rispetto a Carné si vale di minore poesia, ma di maggiore verità, appunto. Si racconta la vicenda di due aviatori, un tenente, Marechal (Gabin), e un capitano, il nobile de Boildieau (Fresnay), che si trovano prigionieri del barone Rauffenstein (Stroheim). Il film è uno straordinario manifesto pacifista. Stralcio una parte della recensione dal Farinotti: “Molte le sequenze cardine, che successivamente il cinema ha ripreso: i preparativi per l'evasione, lo spettacolo organizzato dai detenuti, l'esplosione del canto della Marseillaise alla notizia di una vittoria francese. La storia, scritta dallo stesso Renoir e Charles Spaak, è intrisa dunque di dolore privato e generale. Erano gli anni in cui gli artisti francesi erano conquistati dalla filosofia comunista. Renoir, come tutti gli autori illuminati (di cinema e non), si sforzava di essere equidistante, non schierato e senza pregiudizi. Aderiva a quello che sembrava il nuovo destino populista dell'umanità ma conosceva e non riusciva a disprezzare il mondo aristocratico, con la sua educazione e cultura.
Ecco un passo del dialogo. D. B.: "Permettete una domanda? Perché avete fatto di me un'eccezione ricevendomi qui?". Von R.: "Perché voi vi chiamate de Boieldieu, ufficiale di carriera dell'esercito francese e io von Rauffenstein, ufficiale di carriera dell'esercito imperiale germanico". D. B.: "I miei camerati sono ottimi ufficiali". V. R.: "Sono i regali della rivoluzione francese". D. B.: "Credo che né io né voi si possa arrestare la marcia del tempo". V. R.: "Io non so come andrà a finire questa guerra ma sarà la fine di gente come noi". D. B.: "Forse il mondo non ha più bisogno di noi". V. R.: "E non trovate che sia un peccato?".
VEDIBILITÀ
A tanti anni di distanza La grande illusione ha mantenuto quasi intatta la sua vedibilità. Due anni dopo Renoir presentava La regola del gioco.
E qui vale un dato: la Sigh&Sound, la testata che ciclicamente redige una classifica dei film del mondo e delle epoche, pone La regola del gioco al quarto posto assoluto, preceduto da La donna che visse due volte di Hitchcock, Quarto potere di Welles, Viaggio a Tokyo di Ozu.
Il film è un catalogo di sentimenti borghesi, decadenti, descritti in chiave da commedia. Intrecci amorosi che arrivano a una soluzione imprevedibile com’erano le regole di quel cinema e di quella cultura. Ma nelle vicende amorose, nei discorsi minimi e convenzionali in superficie, Renoir trasmette una grande paura, una tensione tangibile, semplicemente la paura della guerra che ancora non c’era ma che l’autore presentiva. E che sarebbe scoppiata. Carné e Renoir, e chi li ispirava, sono eroi legislatori di cinema. Il Porto delle nebbie, Les enfants du paradis, La grande illusione, La regola del gioco, sono il pacchetto perfetto di cinema. Un altro così, non c’è.
IL PROGRAMMA:
Lunedì 7 novembre
ore 18.00 La carrozza d'oro
Martedì 8 novembre
ore 15.45 La cagna
Mercoledì 9 novembre
ore 20.00 La grande illusione
Lunedì 14 novembre
ore 15.45 Il delitto del signor Lange
Martedì 15 novembre
ore 15.45 La grande illusione (replica)
Mercoledì 16 novembre
ore 20.00 La regola del gioco
Domenica 20 novembre
ore 11.00 Il fiume
Lunedì 21 novembre
ore 15.45 La carrozza d'oro (replica)
ore 18.00 La palude della morte
Martedì 22 novembre
ore 15.45 La regola del gioco (replica)
Mercoledì 23 novembre
ore 20.00 L'angelo del male