Il film con Dev Patel è stato accusato di non aver raccontato gli attentati del 2008, ma forse questo non era il suo scopo.
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Attacco a Mumbai, diretto da Anthony Maras, è un resoconto degli attentati di Mumbai del 26 novembre 2008, in particolar modo quello dell'hotel Taj Mahal Palace. Il film è stato ben accolto dalla stampa statunitense, ma alcuni critici, come Anthony Lane per "The New Yorker", hanno espresso i loro dubbi riguardo allo scopo e alla necessità di un film del genere. Tali domande sono legittime.
La risposta a queste domande si ricava riflettendo sulla natura del genere del documentario e su quella della fiction. Come dice il nome stesso, il primo ha lo scopo di "documentare", di informare: questo non significa, chiaramente, che un documentario non possa emozionare, ma al tempo stesso è evidente che il suo scopo principale è quello di attenersi con efficacia e veridicità ai fatti e mettere in luce aspetti meno noti. Appunto, informare. Un film di finzione, invece, può permettersi di porre l'attenzione su elementi differenti (anche se l'attinenza ai fatti è comunque fondamentale in un'opera come questa). Ogni pellicola cinematografica, in fondo, ha come scopo principale quello di mettere in scena esseri umani, i loro comportamenti e le loro azioni in determinate circostanze. Per esempio, se un documentario sugli attentati di Mumbai si chiede quante persone siano morte, una fiction si potrebbe porre domande diverse: chi erano queste persone? Come hanno affrontato il momento più terrificante della loro vita? Che cosa può spingere un uomo a diventare un terrorista?
Lo scopo di un film come Attacco a Mumbai è quello di cercare di evitare stigmatizzazioni in un senso o nell'altro: evitare che il coraggioso cameriere Arjul (Dev Patel) finisca per diventare un eroe simbolico o monodimensionale; evitare che le vittime siano solo un ammasso informe di cadaveri, ma cercare di cogliere la tragedia di ogni singola perdita; evitare che gli attentatori appaiano come dei mostri senza spessore e cercare di capire, senza giustificarle, le motivazioni economico-sociali che spingono una persona ad una tale brutalità. È vero: un film di finzione non è sempre in grado di informare uno spettatore su uno specifico evento più di quanto non possano farlo un documentario o un articolo di giornale (anzi, sicuramente questi ultimi possono dare un resoconto più asciutto e coerente alla realtà). Ma questo non significa che non possa aggiungere qualcosa al dibattito: mettendo l'umanità degli individui in questione in primo piano, un film può essere un tributo nei confronti delle persone che hanno vissuto la tragedia, garantendo loro una profondità che trascende lo status di vittima o di eroe. È proprio in questo che sta l'utilità di un film come Attacco a Mumbai.