Jon Watts racconta un Peter Parker spettatore e fan, prima ancora di essere protagonista.
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Il mondo è cambiato, dobbiamo cambiare anche noi" la frase pronunciata dall'Avvoltoio, temibile nemico di Spider-Man, sembra calzante per descrivere l'operazione di aggiornamento compiuta da Jon Watts nel secondo reboot del noto eroe Marvel. Spider-Man: Homecoming ci risparmia l'ennesimo racconto delle origini - dal morso del ragno alla morte dello zio Ben - già narrate nelle due precedenti trilogie, e l'impresa del supereroe è in atto: Peter Parker ha già acquisito i poteri e, tornato a casa dopo l'incontro con gli Avengers in Captain America: Civil War, aspetta con ansia di essere reclutato da Stark (Iron Man) per una nuova missione.
Se il primo film di Raimi era incentrato sull'amore di Peter per Mary Jane e quello di Webb iniziava con la ricerca del proprio passato, il lavoro di Watts si concentra sull'aspetto spettacolare, tecnologico e moderno della vicenda. Peter è spettatore e fan, ancora prima di essere protagonista, e con lo smartphone riprende la propria eccitazione ed impazienza di vestire di nuovo la tuta rosso-blu ed esercitare i super poteri. In questo Spider-Boy 2.0 la goffaggine di Peter/Maguire è lasciata da parte da un esuberante e ironico Peter/Holland, a tratti impacciato e insicuro, ma pieno di humour, che lancia ragnatele contro i nemici a suon di sarcasmo. I dubbi personali da teen movie si intrecciano con le difficoltà legate al ruolo di supereroe: se nelle passate trilogie Peter era mostrato durante il passaggio dal college alla vita adulta, qui è colto nel pieno dell'adolescenza, in un momento di incertezze in cui la personalità deve crescere e maturare e il personaggio deve acquisire dimestichezza con i suoi poteri.
In questo percorso il ruolo-guida che nei precedenti film era incarnato dallo zio Ben qui assume i tratti umoristici ed eroici di Stark, figura "paterna" atipica che mette alla prova Peter, dando indicazioni e consigli che lui, da buon adolescente, spesso non seguirà. Peter dovrà disobbedire, sfidare - non senza incoscienza - i suoi limiti e correre seri rischi per dimostrare il suo potenziale. A differenza di Raimi e Webb, Watts concentra il film proprio su questa difficoltà di conciliare il lato di teenager nerd con quello da supereroe, tra compiti per scuola e missioni contro i malvagi. L'homecoming del titolo fa cenno proprio all'atmosfera teen della vicenda, che si conclude con il ballo scolastico di fine anno, ma indica il ritorno di Spider-Man all'Universo cui appartiene, cioè quello Marvel: la scelta registica permette che l'attore cresca insieme al personaggio e che il supereroe maturi nel corso della saga di cui Spider-Man: Homecoming rappresenta solo il primo capitolo.