ELLE, FILM DINAMITARDO CHE RIFONDA IL CINEMA D'AUTORE

Ci volevano Paul Verhoeven e la produzione francese per rivoluzionare il cinema borghese contemporaneo e permettersi una storia così pericolosa. Al cinema.

Roy Menarini, sabato 25 marzo 2017 - Focus

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Isabelle Huppert (Isabelle Ann Huppert) (72 anni) 16 marzo 1953, Parigi (Francia) - Pesci. Interpreta Michelle nel film di Paul Verhoeven (II) Elle.

Rifondazione del cinema d'autore. È chiaramente a questo compito che Paul Verhoeven lavora con il suo dinamitardo Elle. Da decenni, ormai, esiste un genere che finge di non essere un genere: di volta in volta lo possiamo chiamare cinema d'autore, cinema d'essai, film da festival, e così via. Allo stesso modo esistono - per fortuna - numerosi registi che non si accomodano al facile plauso del gusto medio; ma bastano i tanti altri che imbastiscono contenuti piatti e prevedibili al solo scopo di rassicurare i propri spettatori (spesso più conservatori del pubblico da blockbuster da cui pensano di distinguersi) per rovinare la festa.

Ecco perché ci voleva Verhoeven, il regista che sabotò Hollywood con decostruzioni erotiche e violente dei generi americani tra anni Ottanta e Novanta, per applicare la stessa rivoluzione a un certo, stanco cinema borghese contemporaneo. Ed ecco perché ci voleva una interprete della sottigliezza beffarda, della finezza crudele, della iconoclastia felpata di Isabelle Huppert per incarnare (letteralmente) il personaggio più ambiguo, appassionante e contraddittorio del cinema di questi anni.
Roy Menarini

Come se stesse defibrillando lo spettatore privo di sensi, Verhoeven con Elle lo sottopone a una serie di docce fredde e calde: gli sottrae ogni punto di riferimento morale, lo sbatte contro lo stipite della propria identificazione socioculturale, gli pianta un dito nell'occhio solo per divertirsi, mette un piede attraverso la porta ogni volta che scioccati saremmo tentati di chiuderla, ci fa ridere appena ci siamo convinti che bisogna stare seri e viceversa...insomma mette in centrifuga le nostre attese e reazioni pilotate.

In foto una scena del film Elle.
In foto una scena del film Elle.
In foto una scena del film Elle.

I riferimenti alla sua filmografia sono numerosi, da Il quarto uomo a Basic Instinct, anche se il film che il regista afferma di amare di meno (L'uomo senza ombra) contiene alcuni dati che poi costituiscono la scatola nera di Elle, a cominciare dalle pulsioni di aggressione cui soggiacciono gli uomini, e le suggestioni della maschera, della guaina, del sadomasochismo.

Ci voleva, oltre a Verhoeven e Huppert, il cinema francese a permettersi una storia pericolosa come questa, non a caso già impallinata da frange della critica femminista e comunque ad alto rischio di fraintendimento (da questo punto di vista, la candidatura dell'attrice francese agli Oscar è segnale molto importante da parte della Academy californiana). Ciascuno provi a immaginare un film come Elle in Italia, per capire che sarebbe non semplicemente impossibile ma persino inconcepibile fin dalla partenza.
Roy Menarini

L'aspetto più piacevole è che persino noi, quelli che di mestiere vedono migliaia di film di ogni tipo e provenienti da ogni parte del mondo, per una volta rimaniamo spiazzati, senza sapere esattamente cosa pensare o come interpretare questa storia chabroliana trasformata in un grand guignol psicanalitico e in racconto morale di carne e di sangue. Proprio il sangue, infatti, è il grande fil rouge di Elle, da quando lo vediamo formare una specie di rosa rossa nella schiuma della vasca a inizio a quando lo vediamo scorrere sui corpi nelle scene di violenza, da quando lo vediamo rappresentato nei videogame prodotti dalla protagonista a quando viene citato provocatoriamente nei dialoghi più ironici, per non parlare del "sangue del suo sangue" da cui Michèle non riesce fatalmente a sfuggire.

Ovviamente in controluce, al fondo del pozzo di immaginario del film, nell'anatomia profonda dello stile di Verhoeven, continua ad esserci Hitchcock: le sue donne, le sue geometrie, i suoi traumi, i suoi giochi mentali con lo spettatore, le sue lame, le sue patologie maschili, le sue rimozioni e le lacerazioni che - da dentro Hollywood - è riuscito a produrre nel corpo delle narrazioni e dei simboli artistici del Novecento. Elle è il cinema di cui avremmo bisogno se molti altri come Verhoeven ne fossero capaci. Ci permettiamo di dubitarne.

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