DEATH OF A UNICORN, TRA HORROR E GROTTESCO, L'UNICORNO SI FA METAFORA DEL SOGNO AMERICANO

Il produttore indipendente Alex Scharfman esordisce alla regia con una dark comedy che riflette sulla contemporaneità, il capitalismo soffocante e il rapporto tra uomo e natura. Al cinema.

Simone Granata, giovedì 10 aprile 2025 - Overview
Paul Rudd (Paul Stephen Rudd) (56 anni) 6 aprile 1969, Passaic (New Jersey - USA) - Ariete. Interpreta Elliot nel film di Alex Scharfman Death of a Unicorn.

Arriva nelle sale italiane con I Wonder Pictures Death of a Unicorn, esordio alla regia di Alex Scharfman, già attivo come produttore indipendente. Una commedia nera e surreale che si inserisce a modo suo nel filone horror prediletto da A24 — come produttore esecutivo del film figura non a caso il regista Ari Aster, nome e talento di punta dello studio A24 che ha prodotto e distribuito tutti i suoi lungometraggi, Hereditary - Le radici del male (2018), Midsommar - Il villaggio dei dannati (guarda la video recensione) (2019), Beau ha paura (2023).

Al centro della trama c’è appunto un cucciolo di unicorno, investito per sbaglio da un’automobile guidata dal maldestro avvocato aziendale Elliot Kintner (Paul Rudd), in viaggio con la figlia Ripley (Jenna Ortega), studentessa di storia dell’arte, verso la lussuosa e isolata residenza — nelle Montagne Rocciose Canadesi — dei suoi datori di lavoro, la famiglia Leopold, eccentrici e ricchissimi magnati dell’industria farmaceutica.

È in quel rifugio che Elliot e Ripley portano l’unicorno gravemente ferito, per poi scoprirne assieme a un gruppo di scienziati le miracolose proprietà curative, in grado di guarire qualsiasi malanno umano, dall’acne ai tumori. I Leopold, attraverso la loro compagnia multinazionale biotech, vogliono dunque sfruttare e capitalizzare gli straordinari poteri terapeutici della creatura mitologica, ed Elliot spera di trarre da questo potenziale giro d’affari una piccola fetta di benefici e guadagni anche per sé e per la figlia.

Tuttavia, quell’unicorno non è un esemplare unico, e i suoi genitori assalteranno presto la tenuta dei Leopold per liberare il proprio cucciolo e punire gli umani responsabili di avergli fatto del male, rivelando il loro lato più feroce e pericoloso. Per i protagonisti, sopravvivere all’attacco degli unicorni non sarà naturalmente semplice.
 

In foto Téa Leoni in una scena del film.

Nel film di Scharfman l’unicorno, simbolo di purezza, libertà, fantasia, diventa una sorta di metafora del sogno americano schiavizzato e spremuto dal capitalismo. In un sistema dominato dalla logica del profitto, anche l’unicorno, prima stordito poi catturato infine sfruttato dall’uomo, viene trasformato in merce, vedendo spegnersi il proprio alone magico. Il collasso rovinoso dell’american dream su sé stesso, a sua volta, genera effetti devastanti, come sperimenteranno a proprie spese Elliot, Ripley, e il gruppo dirigente della compagnia, alle prese con la rappresaglia degli unicorni che da creature benigne — secondo la tradizione — assumono qui le sembianze di mostri.

Attraverso l’espediente fantastico e un umorismo nero, Death of a Unicorn riflette sulla contemporaneità e sul rapporto tra uomo e natura, condendo il tutto con scene splatter e ammiccamenti all’immaginario di Jurassic Park. Una menzione la merita il cast in cui si distinguono Jenna Ortega nei panni della coscienziosa Ripley, dallo sguardo più lucido e moralmente integro; Paul Rudd nel ruolo del padre Elliot diviso tra il cinismo del mondo che lo circonda e l’amore per la figlia; e infine Téa Leoni che caratterizza perfettamente la glaciale e spietata signora Leopold, emblema di un capitalismo predatorio.

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