Anne Zohra parla del suo film e del trionfo in questa edizione del festival.
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È una storia d’amore nata all’ombra dell’11 settembre a vincere il concorso del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2021, Copilot (disponibile ancora grautitamente in streaming) della 39enne tedesca Anne Zohra Berrached, che racconta la relazione tra una brillante studentessa di scienze e il suo carismatico compagno, destinato a diventare il pilota dello United 93 precipitato negli attentati. Il premio, di 3000 euro, è stato assegnato ieri sera dal costumista Marco Cantini Parrini, dalla montatrice Francesca Calvelli e dal truccatore Vittorio Sodano.
Berrached, quanto conta vincere un premio come quello del Lucca Film Festival?
È molto importante. Prima di tutto lo è per me, perché mi aiuterà a fare il prossimo film. I miei sono film d’arte, “art house”, e hanno bisogno di finanziamenti statali, di contributi dalle istituzioni. Ma l’argomento di Copilot era talmente grande e talmente noto che sin dall’inizio ho sentito un grande interesse intorno al tema.
È stato complicato trovare i fondi per Copilot?
No non è stato difficile, i soldi sono arrivati molto facilmente. Anzi: non è mai stato così facile. Da una parte avevo guadagnato una certa notorietà con il film precedente, 24 Weeks. Dall’altra è stato facile entrare in sintonia con le persone cui proponevo il progetto. A tutti dicevo: voi quel giorno dove eravate? Ognuno conserva il ricordo di dove fosse quell’11 settembre.
Lei, per esempio?
Guardavo la tv da sola a casa. Fu scioccante, un momento surreale. Mi sono a lungo chiesta se fosse vero.
Perché raccontare l’11 settembre con una storia d’amore?
Volevo che il punto di vista fosse quello di una donna. E volevo che fosse una storia d’amore, perchè quello che succede a loro potrebbe in fondo capitare a tutti.
In che senso?
Tutti dovremmo chiederci: quanto conosco davvero il mio partner? Quanto sono disposta a combattere per il suo amore? Quanto sono forte?
Quando le è venuta l’idea del film?
Ho cominciato a scriverlo sette anni fa. Era pronto due anni fa, ma il Covid ci ha fermati.
Come ha scelto i suoi attori?
Volevo che le performance fossero realistiche, abbiamo provato per un anno intero. Non cercavo attori famosi, non volevo facce facilmente riconoscibili ma volti nuovi. Ho ingaggiato degli attori sconosciuti in Germania. Lei l’ho trovata subito, per lui è stato molto difficile. Non riuscivo a trovare un libanese in Germania in grado di recitare come volevo io. Mi serviva un volto misterioso, di qualcuno che nascondesse un segreto. Alla fine l’ho trovato cercando direttamente in Libano. Il problema era che non parlava tedesco, e non poteva conoscere solo le sue battute. Provando per un anno ho tirato fuori il suo istinto. Doveva essere intuitivo come un animale, saper recitare anche con il corpo.
Come reagisce il pubblico al suo film?
Come sempre, all’inizio non reagisce. Io non dò mai risposte, pongo delle domande. E qui la domanda è: cosa fareste al posto di lei? Ha sbagliato o ha fatto bene?
Il Covid è il nuovo 11 settembre?
È certamente uno shock, una prima volta che ha fatto tantissimi morti, una tragedia che racconteremo ai nostri figli. Ma qui non c’è nessun colpevole, e questa è la differenza. Come filmaker non mi interessa farci un film.
A cosa lavora adesso?
Sto cominciando a scrivere il prossimo. Sarà una storia ambientata nel futuro. Voglio che il cinema mi faccia sognare, non voglio più inseguire la realtà. Con il prossimo film comincerò ad andare in direzione opposta.