IL PREPOTENTE RITORNO DEL WESTERN

Torna alla ribalta il mito dell'eroe senza macchia.

Pino Farinotti, domenica 7 agosto 2016 - Focus

È davvero il momento del west, meglio, del western: spiegherò la differenza. Il Corriere della sera offre una serie di romanzi, trenta, che raccontano il west. Iniziativa anomala ma benemerita, perché "genere western" significa cinema, non c'è dubbio. Tutti sanno chi sono John Ford e Howard Hawks, registi, e solo pochissimi appassionati radicali conoscono nomi come Ernest James Haycox e Louis L'Amour, scrittori. Un altro segnale arriva da Venezia, che nel suo programma presenterà il remake di uno dei titoli storici del genere, I Magnifici sette. Mi domando la ragione per questo recupero. E cerco di dare, fra le molte, una risposta credibile. "Quei" film erano -devo usare il passato - la rappresentazione eroica, estetica, storica truccata, della nascita della nazione più grande del mondo. L'eroe era senza macchia, il fuorilegge moriva nel duello, le donne erano devote e belle, e gli scenari erano le foreste dove c'erano i Seminole, i deserti degli Apaches, le immense praterie coi Sioux. E poi i cavalli, il Winchester e la Colt, e il saloon. E naturalmente quei modelli: Gary Cooper, John Wayne, James Stewart, Errol Flynn, Alan Ladd e qualche altro. "Loro" eravamo noi, è semplice. E non è poco.

Un genere dominante, un incanto che non aveva uguali. Una boccata d'aria pura rispetto a ciò che offre la nostra epoca, e sono generoso limitando il concetto al cinema.
Pino Farinotti

Quando mi si chiedono i titoli della mia passione, rispondo che se sto alla passione, i primi dieci sono western, poi, facendo una mediazione ne cito altri. Naturalmente sono conscio della mia deformazione, che mi ha portato, una ventina di anni fa, a scrivere "Ritorno alla valle solitaria", il sequel del film di Stevens con Alan Ladd. Non sopportavo l'idea che Shane, alla fine, lasciasse la valle senza più saperne niente. Così l'ho fatto tornare per una nuova avventura nella valle del Wyoming. Aderivo a un'istanza di molti appassionati di quel titolo, compreso Aurelio De Laurentiis, che mi disse che il western non era nella sue produzioni, altrimenti "te lo giuro" avrebbe fatto il film. "Il ritorno" è uno dei miei romanzi che più amo, e quello che è andato peggio, ma non poteva che essere così. Shane-Ladd, rappresenta individualmente tutto ciò che ho scritto sopra. Arriva nella valle, assiste alle prepotenze dei cattivi, alla fine, da solo, rischiando la vita, libera la collettività. Il puro eroe del western, appunto.

Dopo questo canto ideale di film che non vengono più fatti - l'eroe alla Shane è stucchevole, molto più affascinante l'antagonista cattivo - ecco l'altra istantanea, quella del west. Era gente, quasi tutta, schiuma espulsa dall'Europa o dalla Costa orientale più o meno civilizzata. Avventurieri se non delinquenti. Le donne: nei film abbiamo visto Marilyn, Marlene, Maureen e Doris Day che faceva Calamity Jane, ma basta vedere un dagherrotipo della vera Calamity, era un mostro. È uno dei segnali di differenza. L'altra differenza, sostanziale, arrivò ai primi anni settanta quando il western si staccò dalla fiction per diventare west, con un primo segnale forte: gli indiani da cattivi diventavano i buoni. E così ecco titoli come Il piccolo grande uomo, Soldato blu, Un uomo chiamato cavallo e molti altri. Certo più aderenti alla verità, ma... l'incanto era perduto. Dopo i maestri della prima generazione, i Ford e gli Hawks appunto, ecco i registi del cambiamento: Eastwood, Walter Hill, Peckinpah, l'inutile e triste Tarantino fra gli altri. E naturalmente Sergio leone, per il quale non ho mai nutrito grande passione, proprio perché aveva toccato i codici tradizionali e sì, romantici del genere. Dunque il western si avvicinava alla realtà, al west. E così la revisione riguardava quelli che per decenni erano stati gli eroi riconosciuti. Due personaggi esemplari: il generale Custer, prima campione della guerra civile e poi caduto eroico del Little Big Horn difendendo la nazione dai selvaggi, divenne nei "nuovi" western uno psicopatico sterminatore di nativi innocenti. E Wyatt Earp, uomo di giustizia leggendario, diventava una sorta di camorrista che imponeva tangenti su tutte le imprese cittadine. Il cinema a fronte della realtà, la verità forse ... stava nel mezzo. Però, che peccato, e che delusione non avere più quella gente in cui identificarci. Nell'era più recente il genere si è concesso tutto, fino al grottesco. Così un cowboy diventava un extraterrestre e un uomo del west, manifesto del macho, si innamorava di un altro uomo del west. Com'è lontano Shane, il Cavaliere della valle solitaria.

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