Dopo aver già vissuto due volte, nella carta e in una lettura scenica, l'opera di Antonio Scurati vivrà una terza volta in una fiction televisiva.
'M - Il figlio del secolo', il libro di Antonio Scurati ha già vissuto due volte, nella carta e in una lettura scenica, vivrà una terza volta in una fiction televisiva. È un testo importante, ultra-raccontato nei media, soprattutto nella rete, oggetto dei focus dell'intellighenzia accreditata. Tutto questo lo merita. Il testo deriva da una applicazione, grande, appassionata, quinquennale. Ma, si sa, di Mussolini trattasi. Ci sono biblioteche intere che riguardano lui e la sua epoca e non era semplice scovare qualcosa di non detto.
Dichiara: "Per un romanziere raccontare Mussolini, a differenza di uno storico significa raccontare che a Mussolini puzzassero i piedi. Raccontare ad altezza uomo, perché la storia ci arriva dall'alto, con un pregiudizio storico e ideologico". Scurati lo ha fatto prendendosi tutte le responsabilità. Ha avuto coraggio e alla fine dell'opera, dopo tanta applicazione, fatica, persino dolore, si è sentito sicuro, nella posizione, come se dicesse "fidatevi di me".
Il tema è proprio questo: Antonio Scurati è affidabile? Dobbiamo credergli? Dico che i crediti dell'affidabilità li possiede tutti, con la sua storia di scrittore e di uomo: i riconoscimenti, molti e cospicui li lascio al lettore, c'è Google. Solo un aggiornamento: "M" è fra i titoli finalisti dello Strega, possiede tutti i requisiti - non vorrei portare sfortuna - per vincere. Ho scritto applicazione, fatica, dolore, aggiungo "identificazione". L'invenzione è quella. Scurati racconta Mussolini da Mussolini, ad "altezza Duce". La creatività, è notorio, non gli manca. Poi c'è il rapporto libro-schermo grande o piccolo. C'è molta differenza fra le due discipline, in sintesi fulminante il libro significa cultura, lo schermo, spettacolo. Scurati si è accostato con prudenza. Dice: "Io sono uno di quelli che ritiene che ci sia un antagonismo storico fra letteratura e media visuali, la letteratura è portatrice di un umanesimo, di una pietà, che spesso invece la propensione all'osceno della televisione, non ha. Però è un confronto che noi dobbiamo accettare".
In questo senso un riferimento un po' paradossale ma che sintetizza i due "antagonismi": I figli del secolo, in un film del 1954, sono Jerry Lewis e Dean Martin. Dunque spettacolo, evasione, modelli "fiction" da storia del cinema, a fronte di un modello reale da storia del mondo. Scrittura e schermo, differenze di categorie, appunto. Questo non significa che la rappresentazione di "M" dell'11 maggio su Rai 3 non fosse di qualità. Non poteva non esserlo, vivendo sulla lettura del testo puro dello scrittore. Nello scenario del Teatro Terrazza del Palazzo dei Congressi di Roma Luca Zingaretti, Valerio Mastandrea e Marco D'Amore hanno letto brani del romanzo. Zingaretti, ispirato, sguardo di fuoco, ma senza debordare nella comunicazione, ha letto uno stralcio, evocativo, esemplare, del romanzo.
Le parole di Scurati introducono:
"L'oratore impugna il manuale dei Deputati che contiene lo Statuto del Regno. L'attenzione di tutti si concentra sul volume rilegato come una granata innescata".
Segue il documento, esatto, scritto, verbalizzato:
"L'articolo 47 dello Stato dice: la Camera dei Deputati ha il diritto di accusare lo Statuto del Re e di tradurli dinnanzi all'alta corte di giustizia. Domando formalmente, in questa camera o fuori da questa Camera se c'è qualcuno che si voglia avvalere dell'articolo 47?"
Questo è il documento, poi c'è l'interpretazione dello scrittore:
"È un'ostensione. Benito Mussolini alza il libro delle regole democratiche in faccia ai parlamentari, come un prete che esibisca ai fedeli la particola del Corpo di Nostro Signor Gesù Cristo. Silenzio. Uno solo, è sufficiente che parli uno solo e lui sarebbe perduto. Tra i capi dell'opposizione ci sono uomini di coraggio, per anni la loro vita è stata una trincea. Hanno sopportato continue minacce, alcuni sono stati picchiati più volte. Basta che uno soltanto di loro si erga solitario nell'accusa, spezzando la disciplina di partito, l'anello della violenza, opponendo forza morale a forza fisica, rispondendo all'appello del futuro, giustiziato nel presente per essere vendicato dai posteri. Nessuno si alza. Balzano in piedi soltanto i cortigiani fascisti per applaudire il loro Duce. E allora il Duce dilaga..."
In un episodio, con il reale a fronte dell'esegesi, diretta, potente, da scrittore vero, Scurati ha spiegato il fascismo.
Raccontare Mussolini, personaggio così complesso e affascinante, potrebbe portare a un sentimento distorto. È il meccanismo di seduzione di un Vito Corleone o di un Hannibal Lecter. Amatissimi dalla gente. Certo, occorre auto misurarsi, centellinare l'impulso. Ma Scurati ne è consapevole e indica un deterrente, mettendo in guardia il lettore: "Il pericolo di una narrazione come questa: restituire a Mussolini la sua umanità, non farne una caricatura, non farne una macchietta ma non farne neanche un demone, mostrarlo nella sua umanità nella sua reale statura di genio politico che poi portò la sciagura in Italia. Dobbiamo affrontare tutto questo e formulare un giudizio di condanna".
Conclude:
"Quando noi leggiamo questo libro scopriamo di assomigliare a Mussolini e ai fascisti molto più di quanto vorremmo". Condivisibile, credo.