CAPTAIN MARVEL, UN FILM CHE DEVE FARE I CONTI CON LA PLURALITÀ DEL SUO UNIVERSO

Una riflessione su quanto i prodotti Marvel siano liberi di risplendere di luce propria.

Tommaso Drudi, Vincitore del Premio Scivere di Cinema, venerdì 8 marzo 2019 - Scrivere di Cinema

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Brie Larson (Brianne Sidonie Desualniers) (34 anni) 1 ottobre 1989, Sacramento (California - USA) - Bilancia. Interpreta Carol Danvers / Captain Marvel nel film di Anna Boden, Ryan Fleck Captain Marvel.

Il problema, per chi si avvicina ad un Marvel movie dal punto di vista critico, è sempre quello di dover intersecare le esigenze di un processo narrativo orizzontale, che dal 2008 coinvolge una ventina di film, con il verticismo del prodotto singolo. Se infatti la prossimità tra metodo seriale, così vincente sul medium televisivo, e cinema sia di fatto la meno consolatoria delle realtà proposte dall'industria Hollywoodiana d'oggi, la critica di conseguenza si trova imprigionata in una terra di nessuno dove non è chiaro in che modo debba orientarsi il giudizio. Nel caso specifico della progettualità Marvel, di sorprendente lungimiranza se guardiamo al film da cui tutto ha avuto inizio e che già più di dieci anni fa aveva un qualcosa di sorgivo (l'Iron Man di Jon Favreau), e dunque in un mosaico di opere strettamente legate tra loro, la singolarità può ancora essere indipendente o ha per forza di cose bisogno di essere inserita in un contesto plurale?

In sostanza, ci si chiede se Captain Marvel, l'ultimo tassello prima della conclusione definitiva di Avengers: Endgame, risplenda di luce propria oppure viva del riflesso di ciò che l'universo cinematografico Marvel rappresenta nel suo insieme.
Tommaso Drudi, Vincitore del Premio Scivere di Cinema

Proposta con inaspettato ritardo, rispetto sia alle rivendicazioni femminili del movimento MeToo che all'uscita di Wonder Woman (guarda la video recensione), con cui DC è riuscita per la prima e unica volta nella sua storia a giocare d'anticipo sulla diretta concorrente, la prima eroina donna di casa Marvel a cui viene dedicato uno stand alone si presenta al pubblico attraverso la strada, battuta molto spesso ormai dai capitoli precedenti, dell'ironia e della spensieratezza. Un atteggiamento più sullo scorcio dell'esperienza comica dei Guardiani della Galassia, eppure in Captain Marvel l'effettistica sgargiante, il ritmo indiavolato e la ricerca di un contatto con la storyline generale, attraverso un meccanismo citatorio piuttosto semplice, fanno da fondale ad una storia che, con più di un richiamo alla realtà storica del nostro tempo, restituisce tutte le vibrazioni semantiche di un tema così stratificato come quello della parità di genere e assicura la risacca emotiva della questione dell'emancipazione femminile.

Anna Boden e Ryan Fleck, i due registi al comando dell'operazione, si prendono il rischio di raccontare la genesi di un'eroina senza dover necessariamente pagare dazio al femminismo estremo e alla seriosità stilistica, di cui invece Wonder Woman faceva uno sfoggio molto più auto-celebrativo. Così come Black Panther (guarda la video recensione), che aveva il merito ulteriore di essere fieramente concentrato su di sé senza l'obbligo di interagire a tutti i costi con gli altri eroi Marvel, affrontava la discriminazione razziale e denunciava le condizioni di disagio delle comunità nere negli Stati Uniti, il girl power leggero e scanzonato di Captain Marvel (guarda la video recensione) non è solo un espediente retorico per agganciarsi alla contemporaneità ma un vero e proprio ripensamento del genere supereroistico in un'ottica di riattivazione del congegno sociale anche nel cinema d'intrattenimento.

Un cinema che, pur nel suo divertito esibizionismo narrativo, non rinuncia all'epica di rivalsa femminile, tanto necessaria alla comunità dello showbiz moderno, e accende lo schermo di un'urgenza forse sì un po' laterale e alleggerita da una scrittura adeguata alla coscienza ricettiva dello spettatore medio, ma ad ogni modo indispensabile affinché il movimento MeToo si proietti in una dimensione di più alta comunicabilità per parlare alle nuove generazioni. Come dire, il blockbuster Marvel mantiene il proprio maniacale interesse alla sua continuità interna, ma, nella singolarità episodica, si dimostra perfettamente in grado di raccontare il presente.

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