Inseparabile dal fratello, con il quale ha sempre attraversato le varie epoche vedendo e ri-vedendo il cinema.
Raccontando Vittorio Taviani si è sempre usato il plurale, accomunandolo a suo fratello Paolo. Sono "I Taviani", un doppio, un singolo. Sono nati a Pisa, dunque come toscani sarebbero, e sono (stati), vivaci, polemici, combattivi, ma nelle giuste misure. Se nasci in una città che, nell'epoca d'oro di Firenze (che dettava cultura ed economia al mondo), si metteva contro Firenze, a volte prevalendo, ti ritrovi figlio di una storia e di una cultura che ti permettono tutto, anche una critica abrasiva su tutto. Oppure invenzioni anomale che, se hai talento, riesci a indirizzare.
Non si può non rilevare un altro aspetto della loro cultura, anche questo squisitamente toscano, l'ideologia marxista. Comunque sempre espressa in chiave dinamica e di contrappasso nei tempi.
In questa chiave di formazione non può mancare il teatro, ed è quello il loro primo motore. Dopo aver partecipato a un collettivo giovanile, ecco il passaggio al cinema, nel 1954, con la realizzazione di alcuni documentari.
Paolo (1931) e Vittorio (1929-2018) hanno attraversato sette decenni di cinema. Ispiratore primario, il neorealismo, con una predilezione per Paisà di Rossellini. Tanta storia, tanta applicazione e azione, con una radice così lontana, potevano far pensare a due autori legati al passato. Invece i fratelli hanno attraversato le varie epoche vedendo e ri-vedendo, con aggiustamenti che stavano al passo coi tempi e con le correnti, ma mai abbandonando il sentimento e la cultura dell'inizio, sempre aderendo ai valori della sinistra ma capaci di raccontare anche la crisi della sinistra, magari con un richiamo, esemplare, al destino, deludente dopo tante promesse, del sessantotto. Il tutto espresso attraverso modelli e parabole, non per astrazioni. Come hanno fatto in Sotto il segno dello scorpione (1969), una rappresentazione arcaica del potere e della società da rifondare attraverso modelli rivoluzionari.
Importante è il decennio successivo dove gli autori guardano alla letteratura universale con Kaos (1984), film a episodi ispirato alle "Novelle per un anno" di Pirandello, Il sole anche di notte (1990) da Tolstoj, Le affinità elettive (1996) da Goethe, e ancora Pirandello con Tu ridi (1998). Il cinema che racconta il cinema si esprime in Good Morning Babilonia (1987) attraverso la vicenda di due scalpellini che si trovano a lavorare sul set di Intolerance, il capolavoro di D.W. Griffith. Nel quadro "al passo coi tempi" va ricordato Cesare deve morire (2012, Orso d'oro a Berlino), che si ispira a "Giulio Cesare" di Shakespeare, adattato alla nostra epoca con soluzioni avanzate, nello scenario del carcere di Rebibbia con detenuti nei vari ruoli. L'ultima firma dei Taviani è su Una questione privata (guarda la video recensione) dello scorso anno, dal romanzo di Fenoglio. La firma è di entrambi, ma la regia è del solo Paolo, in simbiosi col fratello, malato, che non aveva più la forza di stare sul set.