La musica neomelodica, l'identità femminile, la società patriarcale, la criminalità. E la bellezza pericolosa di una città, Napoli, che si fa a sua volta protagonista. Dal 12 aprile al cinema.
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Se undici dei venti premi assegnati ai David di Donatello vanno a film campani - nell'edizione in cui Ammore e Malavita è premiato come Miglior Film - non può trattarsi solo di una felice coincidenza. Cosi come non sono certamente casi isolati i film, tantissimi, che hanno riportato nell'ultimo anno Napoli al centro del cine-interesse nazionale. La Film Commission campana la chiama, con entusiasmo, la Napollywood italiana. Di certo qualcosa si è mosso, nell'underground a sud di Roma, e questa scossa ha avuto come prima conseguenza quella di provocare un'onda: una vera e propria new wave di autori interessati a indagare il paese a partire dal territorio, dalla lingua, dai caratteri campani.
Al centro della storia il rapporto tra una tredicenne, Sharon, dotata di un gran talento per il canto, e suo padre Rosario, burbero giostraio di un luna park che vede nell'abilità canora della ragazza un'opportunità unica per riscattarsi dal disagio del presente. E intorno a questi due archetipi - la ragazza angelicata e il padre padrone - si muovono tutti i temi e i simboli del nuovo cinema campano: la musica neomelodica, la faticosa emersione dell'identità femminile, la durezza della società patriarcale, il disagio sociale, la criminalità. E la bellezza pericolosa di una città, Napoli, che si fa a sua volta protagonista, rifiutando di lasciarsi relegare sullo sfondo.
Incredibilmente aderente al vissuto che racconta, tanto da rendere quasi indistinguibile la fiction dalla realtà, Il Cratere è il primo film di finzione dei registi Silvia Luzi e Luca Bellino, già autori dei documentari La minaccia e Dell'arte della guerra: "Quando abbiamo trovato i nostri protagonisti la storia era già definita - hanno spiegato in un'intervista, prima di approdare a Venezia con il film - gli elementi di realtà sono stati aggiunti in seguito, ma ovviamente la sceneggiatura si è modellata sui protagonisti. Per trovare quel tipo di emozioni che cercavamo avevamo bisogno di persone reali. Di un padre e di una figlia veri, di vestiti veri, di location vere. Questa è la nostra idea di cinema".
Condotte con una disciplina quasi documentaristica, le riprese sono state effettuate nella vera casa della famiglia Caroccia, pedinando i familiari nella loro quotidianità fatta di routine domestica (pranzi, cene, manutenzione dei pupazzi del luna park) e lavoro in giro con il camion. Un'indagine serrata sulla realtà per la quale i due registi ammettono di sentirsi debitori di tanti maestri: "I Dardenne, il primo Truffaut e Kiarostami, ma più per il lavoro con i non professionisti che per lo stile".
La musica è un elemento centrale in molti dei film della "new wave campana". Lo è in Indivisibili, storia di due sorelle siamesi "fenomeni" del canto e non solo (David di Donatello nel 2017 come Miglior Musicista a Enzo Avitabile, David alla Miglior Canzone Originale ad 'Abbi pietà di me', Nastro d'Argento alla Miglior Colonna Sonora), lo è certamente ne Gatta cenerentola, con le sue rielaborazioni in chiave moderna di brani antichi ('Io te voglio bene assaje' in versione swing, per citarne solo uno) e la partecipazione di tantissimi artisti della scena campana (i Foja, Daniele Sepe, I Virtuosi di San Martino, Guappecartò tra gli altri).
E se la musica è centrale in Ammore e Malavita, quest'anno David al Miglior Musicista a Pivio e Aldo De Scalzi e Miglior Canzone Originale a 'Bang Bang', anche ne Il Cratere ha un ruolo di primo piano, nella voce della protagonista Sharon Caroccia (cantante neomelodica nella vita vera) e nelle canzoni 'Il silenzio del dolore' - arrangiata sia in versione neomelodica che con i musicisti dell'orchestra di Sanremo - che nel brano di chiusura 'Na Stella, scritta da Fausto Mesolella per Gianmaria Testa, cui è dedicato il film.