Nel film di Luchino Visconti c'è realismo, dramma, letteratura e persino un melò nobile.
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Nel mio precedente editoriale affermavo che il più grande film italiano è Ladri di biciclette. Nei vari commenti relativi c'è chi ha scritto che "quando si parla di assoluti occorre stare molto attenti. A meno che Farinotti non creda di essere lui, l'assoluto". Dico che mi è capitato di crederlo, ma renderlo pubblico non mi sembrava elegante. Nei margini di dubbio e della discrezione - niente è più discrezionale del cinema - rilevo un altro titolo che può giustificare quell'assoluto, diciamo dunque un pari merito. È Ossessione, di Luchino Visconti. Certo il cinema italiano esisteva anche prima, dignitosamente. C'erano i film leggeri con De Sica canterino; le commedie "alla Hollywood" con attori come Roberto Villa e Assia Noris; c'era anche il colosso come Scipione l'Africano (Gallone) e l'epica fantastica con La corona di ferro (Blasetti); c'era già Totò; l'avventura letteraria, di qualità, Un colpo di pistola (Castellani) da Puskin; l'ottimo film di guerra Bengasi (Genina). E altro.
Luchino Visconti rientrava dalla Francia dov'era stato assistente del maestro massimo Jean Renoir. Il regista si ispirò al bestseller di James M. Cain "Il postino suona sempre due volte" e lo "assemblò". Assemblare non è riduttivo, ma il contrario. Il film accorpava tre culture, quella francese, intellettuale e non prevedibile, quella americana efficace e senza fronzoli, unite a quella italiana mediatrice e drammaturgicamente equilibrata. Con lo scenario del Po e delle sue rive, estetica dominante. Il film di De Sica era una magnifica istantanea autoctona solo romana, ma quello di Visconti era un'espressione ecumenica dai molti orizzonti. E non faccio classifiche di qualità artistica. Entrambi i titoli sorpassano la disciplina "cinema" per diventare "opera d'arte".
La storia: stralcio dal dizionario "Farinotti": "Gino, un vagabondo, arriva allo spaccio di Bragana, uomo rozzo che ha una moglie, Giovanna, troppo bella per lui. Gino mangia e non paga, allora il proprietario gli fa fare il meccanico per risarcirsi. Fra Gino e Giovanna nasce qualcosa, anche se non espressa all'inizio. Poi i due diventano amanti. Gino cerca di ravvedersi, si allontana. Vaga di paese in paese, ma poi incontra di nuovo i coniugi e la relazione riprende. Giovanna, che ormai odia il marito, istiga Gino ad ucciderlo. Lui ne è sconvolto, ma alla fine cede. Gino si instaura ormai come compagno ufficiale, anche di fronte alla gente, ma il rimorso e la paura degli amanti sono insopportabili, la vita è un incubo. Decidono di fuggire quando si sentono braccati dalla polizia. in macchina hanno un incidente. Lei muore e lui viene arrestato".
Blum, sospettato di voler installare una dittatura comunista, cadde nel 1937. Ma quel breve interregno bastò per immaginare uno sviluppo umano, sociale e artistico, certo ideale e teorico, la realizzazione di un sogno. Il "Fronte" divenne una delle massime manifestazioni, anche in chiave di arte assoluta, del Novecento. Omologabile alle grandi idee dell'espressionismo in Germania e del realismo in Italia. Con un valore in più: la letteratura alta. Quel cinema riuscì nella fusione, la più nobile e difficile, fra la poesia pura e lo specifico del cinema. Tutta manna per un uomo come Visconti, che avrebbe assunto quell'idea e quell'ideologia. Lui, iscritto al Partito comunista italiano per tutta la vita. L'ispirazione americana del "postino" è congeniale all'attitudine letteraria di Visconti, che ha tradotto in film testi fondamentali delle letterature: dopo Cain americano, ecco il tedesco Mann (Morte a Venezia); il russo Dostoevskij (Le notti bianche), il francese Camus (Lo straniero); e poi gli italiani: Verga (La terra trema), D'Annunzio (L'innocente) e Di Lampedusa (Il gattopardo). E sempre, il nobile milanese, ha rispettato l'identità letteraria di quei capolavori. Ladri di biciclette e Ossessione: leggende, e tempi lontani.