IN THE HAND OF DANTE, SCHNABEL AFFRONTA UN ROMANZO DIFFICILE CON UN PERCORSO TRAVAGLIATO IN UN FILM IPERTROFICO E POCO RIUSCITO

Uno scrittore viene ingaggiato per un compito speciale: trovare il manoscritto originale della Commedia. Fuori concorso alla Mostra del Cinema.

Giancarlo Zappoli, giovedì 4 settembre 2025 - Mostra di Venezia

Nick Tosches si è autoesiliato a Bora Bora quando un amico mafioso lo invita a tornare in azione per mettersi sulle tracce del manoscritto della Divina Commedia che sembra esista veramente. Accompagnato da Louie, un killer psicopatico, inizia la ricerca lasciando dietro di sé un lungo elenco di morti ammazzati.
Julian Schnabel affronta un romanzo difficile che ha avuto un percorso travagliato e si vede. Correva l’anno 2008 e Johnny Depp acquisiva i diritti per la trasposizione cinematografica del romanzo di Nick Tosches che era il secondo di un ciclo di cinque in cui lui aveva il ruolo di autore-investigatore alla ricerca del manoscritto della Divina Commedia. Il progetto però non decolla e Oscar Isaac prende il posto di Johnny Depp. Toccherebbe a Julian Schnabel dirigere ma arriva lo sciopero degli attori che il regista bypassa trattandosi di una produzione indipendente che ha l’appoggio, nonché la presenza come attore, di Martin Scorsese con un cast di tutto rispetto che prevede Al Pacino, Franco Nero, Sabrina Impacciatore e Guido Caprino tra gli altri.
Come spesso accade ai progetti a lungo covati il risultato non è pari alle aspettative. Lo sdoppiamento di Nick in Dante e della sua amata Giulietta in Gemma Donati risulta meccanico nonché posticcio. Si assiste a una storia ipertrofica in cui all’ironia di livello di un John Malkovic si alterna una rappresentazione della Sicilia che definire stereotipata significa utilizzare un eufemismo.

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