ONESTÀ, CORAGGIO, TRASGRESSIONE. LA LUNGA PARABOLA DI MARCO BELLOCCHIO

Le dolorose esplorazioni del cuore del regista di Marx può aspettare. Al cinema.

Pino Farinotti, venerdì 30 luglio 2021 - Focus
Marco Bellocchio (86 anni) 9 novembre 1939, Bobbio (Italia) - Scorpione.

Nel 2021 Marco Bellocchio ha firmato Marx può aspettare, un documento ricordo della sua famiglia. Il primo nome, Camillo, fratello, “protagonista”, non c’è più. Si è tolto la vita il 27 dicembre del 1968, quando aveva 29 anni. I fratelli superstiti, oltre a Marco, Pier Giorgio, Letizia, Alberto e Maria Luisa, con altri componenti di quella famiglia, lo ricordano. Una morte che genera un’opera va gestita con attenzione. Davvero cammini sul filo di un rasoio, gli eccessi di sentimento sono lì che ti aspettano. Ma Marco è “Bellocchio”, uomo e artista solido e garante, e ha saputo come fare. E i riconoscimenti, molti, diversi, sono piovuti. In una traiettoria di percorso, ideale alfa e ideale omega, forse questo film sarebbe il finale perfetto. Ma credo che non sarà così; è auspicabile che non sia così.

Ho scritto “alfa”. E dunque torniamoci laggiù, in quel lontano misterioso paese dove nasceva il grande artista. Un promemoria dovuto a completare il cerchio a ritroso.

Dunque alfa come esordio, come I pugni in tasca, che rappresentò un momento intenso, umanamente, socialmente e politicamente decisivo del secolo scorso. Lo rappresentò "prima", con una visione anticipatrice impressionante. Siamo nel 1965. L'Italia è ancora il Paese del boom, anche se quel fenomeno di benessere comincia a declinare. Il boom è squisitamente figlio della borghesia, ma se la borghesia non produce benessere cosa rimane? Una classe vecchia e inutile, dalle regole superate e dannose, che ostacolano il progresso del mondo. Una borghesia così è perfetta per essere attaccata e violentata. In quel 1965, dal pianeta arrivano segnali forti.
 

I nomi e i fatti da evocare sono un Martin Luther King che in Alabama organizza la grande marcia per i diritti civili. In Vietnam sbarcano le prime truppe americane. Da noi la Mondadori inaugura la magnifica collana degli Oscar, con "Addio alle armi", di Ernest Hemingway. La collana, a basso costo, è una inattesa offerta di cultura agli italiani, che avranno la possibilità di conoscere i giganti della letteratura.

Tre memorie nel mare mosso, immenso di quella stagione. Tutto questo  il piacentino Bellocchio lo ha assunto, e dopo aver interrotto gli studi va a Roma al Centro sperimentale e lì comincia a inventare. Come studente di cinema pone naturalmente grande attenzione alla fase estetica, ma coltiva tutte le altre, la conoscenza generale delle arti, la passione, persino violenta, nel voler trasmettere indicazioni della sua visione del mondo. E così, a 26 anni firma quei “Pugni” che contiene tutto la massa organica, la vocazione al cambiamento, allo strappo, che ho scritto sopra.

Anticipando. Il soggetto: Alessandro è un giovane soffocato da un'educazione oppressiva, in un ambiente malamente borghese. Stermina la sua famiglia ma finisce per esserne annientato. L'autore rilancia tutto in chiave quasi metafisica, e fa del contestatore un paranoico, ma l'artificio è legittimo se devi tutto estremizzare per rendere irresistibile l'indicazione. Il cinema notò "i Pugni" e il suo autore. Soprattutto a posteriori, quando il sessantotto arrivò a dichiarare, drammaticamente, tutte le crisi che Bellocchio aveva intuito con quella sua sorprendente metafora.
Nel 1967 Berkeley diede il primo annuncio di rivoluzione studentesca, alba del Sessantotto.

A campione scelgo un altro autore superdotato e precursore, Jean-Luc Godard, che con la sua Chinoise aveva a sua volta anticipato, l'anno prima. Ma Bellocchio c'era arrivato ancora prima. I pugni in tasca rappresentò un esordio strepitoso. A seguire ci sono altri, infiniti contenuti. E l’ultima, profonda dolorosa esplorazione del cuore. Sempre in chiave di onestà, coraggio, trasgressione.

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