DOGTOOTH, UNA SUGGESTIVA ALLEGORIA DELL'EDUCAZIONE RIGIDA DELLE DITTATURE

Da giovedì 27 agosto al cinema, l'opera seconda di Yorgos Lanthimos, candidata all'Oscar® come Miglior Film Straniero.

Marzia Gandolfi, giovedì 20 agosto 2020 - Recensioni

Da qualche parte sotto l'Acropoli e dietro il muro alto di una villa, vive una famiglia 'autarchica'. Il padre, in comunione con una moglie sottomessa, ha deciso di crescere i propri figli al riparo dal mondo. Soltanto lui ha il diritto di superare i confini del giardino e il dovere di mantenere la famiglia. Tutte le menzogne passano per lui, anche la collera, fino lo scacco. Figlie e figlio restano a casa a imparare una vita che non ha nessuna corrispondenza col reale. A covare il nido una madre che li alleva nel culto della performance, evocando, per trattenerli dentro, una minaccia esterna. L'educazione passa per l'apprendimento di parole che hanno perso il loro referente, quella sessuale per un'impiegata della fabbrica dove il padre è dirigente. Assunta per soddisfare i piaceri del figlio maschio, Christina è l'enigmatico ospite che porterà scompiglio nella 'tradizione'.


Come risvegliare la coscienza di un Paese addormentato? Con una seduta ipnotica di ipnosi. Alla seconda prova, Yorgos Lanthimos firma un'allegoria della manipolazione mentale, meglio, dell'educazione rigida delle dittature, dei totalitarismi, del patriarcato, provando a smontarli e a mostrarne il meccanismo.

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