Da segnalare anche l'omaggio a John Travolta con il restauro di La febbre del sabato sera.
Il tuo browser non supporta i video in HTML5.
La storia del cinema non è solo una questione di grandi autori e di movimenti artistici, secondo una prospettiva presa a prestito dalla storia dell'arte. È anche questione di icone. Ormai tutti hanno compreso il ruolo delle star nella creazione di un significato, di un senso collettivo, di un fascino universale per i film e il loro contesto.
Tipo unico nel panorama hollywoodiana, aveva un volto levigato e la fama opposta - da duro - con una personalità certamente non prona ai voleri dei produttori, incline alle buone bevute (in fin di vita, vantava ancora pubblicamente una buona frequentazione con la tequila e i sigari). Non è un mistero la sua infanzia balorda. Già a quattordici anni fuggì dalla scuola per cominciare a fare mille mestieri (minatore, spazzino, barista, pugile, camionista). Più volte incarcerato, riuscì persino a evadere (leggenda vuole che fosse scappato proprio a Hollywood, dove cominciò dal basso, buttafuori nei night californiani).
Come spiega uno dei biografi di Robert Mitchum, Altiero Sicchitano, "la gioventù burrascosa contribuì a forgiare il mito di una persona rozza e brutale, che Mitchum sfruttò con ironia, nascondendo volentieri una solidissima cultura autodidatta e un'insolita raffinatezza intellettuale". Più di cento film, con un numero di registi sterminato, tra cui - giusto per fare un elenco - quelli più importanti, e guarda caso anche quelli più fumantini e autonomi: Raoul Walsh, Josef von Sternberg, Nicholas Ray, John Huston, Vincente Minnelli, Howard Hawks, David Lean, Elia Kazan.
Non era un divo che si prendeva troppo sul serio. Scrisse: "Non ho fatto altro che girare lo stesso film un centinaio di volte. Non leggevo neppure i copioni: sapevo che, anche se erano scritti da Baudelaire o Balzac, quando arrivavo a pagina 20, inevitabilmente c'era un gruppo di gorilla che mi saltava addosso e iniziava a picchiarmi".
Slittando verso il cinema moderno, invece, importante l'omaggio a John Travolta con il restauro di La febbre del sabato sera, girato nel 1977 da John Badham senza probabilmente immaginare fino a quando sarebbe durato il mito. Film molto più duro e urbano di quanto ce lo ricordiamo, ha reso immortale l'icona di Travolta, maschio italo-americano dalle movenze femminili (sulla pista da ballo), con il trionfo della disco music e della moda un po' "tamarra". Dave Kehr, storico americano del cinema, lo ha giustamente definito una "versione aggiornata al 1977 di Gioventù bruciata". Incalcolabile il numero di imitazioni e indicibile l'influenza su fashion, pop, televisione e sull'immaginario globale, tutt'altro che esaurita (anzi, rilanciata dalla cultura vintage). Insomma, è la storia del cinema l'icona più resistente.