BAYWATCH, ERA MEGLIO LASCIARLO NEGLI ANNI '90?

Il film con Dwayne Johnson e Zac Efron testimonia come la recente tendenza al remake, oltre ad essere rischiosa, sia ormai giunta al manierismo.

Elena Magnani, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema, martedì 6 giugno 2017 - Scrivere di Cinema

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Dwayne Johnson (Dwayne Douglas Johnson ) (52 anni) 2 maggio 1972, Hayward (California - USA) - Toro. Interpreta Mitch Buchannon nel film di Seth Gordon Baywatch.

In tempi di vuoto creativo, l'unica cosa che resta da fare è rifare. Si rifà un po' tutto, dalle più amate favole Disney ai classici della letteratura, dai cartoni per bambini ai grandi film dimenticati, fino alle serie tv icona. La tendenza generale è quella di dare una piccola ammodernata, di prendersi un po' in giro, ma soprattutto di celebrare l'originale. Perché a monte dell'operazione pare esserci un'idea pericolosa: quella dell'era meglio prima, rifare unicamente per rivedere. Così i remake aggiungono poco e diventano protesi dell'originale, rifacimenti auto referenziali.

Baywatch, però, era meglio lasciarlo negli anni '90, nell'epoca a cui apparteneva. La serie tv raccontava le prodezze di una squadra di bagnini che risolvevano misteri in costume da bagno. Con le sue 11 stagioni fece un successo record che finì persino nel Guinness dei primati, complici le infinite gambe di Pamela Anderson e il culto del macho americano che si faceva strada nel mondo.
Elena Magnani, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Oggi, nel film, Baywatch fa sfoggio di vere e proprie trovate trash, improbabili ricatti, inseguimenti in barca sulle note delle hit estive e dialoghi elementari. Il nonsense che domina il film trova risposta solo nello slogan orgoglioso "questo è Baywatch: così abbiamo sempre fatto, così facciamo". Allora, questo è Baywatch: la celebrazione di un originale assente, di un fantasma che il film non riesce a resuscitare e, nemmeno, a giustificare.

In foto una scena di Baywatch.
In foto una scena di Baywatch.
In foto una scena di Baywatch.

L'intero film è un riferimento che si perde, che non porta da nessuna parte. Che affoga, per rimanere in tema. I cameo di David Hasselhoff e della Anderson, la parodia del rallenty, lo sfoggio del corpo esagerato di Dwayne Johnson non fanno altro che sottolineare i limiti di un film che fatica a reggersi in piedi da solo.

Lo spazio che merita Baywatch è dovuto solo al fatto di testimoniare questa tendenza a rifare, giunta ormai al manierismo.
Elena Magnani, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Il remake è diventato un genere, con i suoi luoghi comuni, le sue regole da rispettare. Il film le assorbe integralmente e le porta all'esasperazione: la dinamica del duo maschile, le citazioni, la presa in giro e la celebrazione dell'originale, la sostanziale aderenza al messaggio dell'opera prima. Ma anche i cliché dei film d'azione, di spionaggio e di formazione. Alla fine, rimane l'ombra esile della serie tv di Baywatch.

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