ROBERT REDFORD E IL WEST

La ricostruzione completa di uno dei passaggi cruciali della storia degli Stati Uniti ne La storia del West, in sei puntate su Rai Storia.

Pino Farinotti, lunedì 10 aprile 2017 - Focus
Robert Redford (Charles Robert Redford Jr.) (87 anni) 18 agosto 1936, Santa Monica (California - USA) - Leone.

In primo piano, camicia jeans, serio, poco curato, Robert Redford racconta: "Jesse James, Wyatt Earp, Billy the Kid, il generale Custer, Toro seduto, Cavallo pazzo. Abbiamo scritto la storia della frontiera e il futuro degli Stati Uniti. È la ricostruzione completa di uno dei passaggi cruciali di questo paese. Questa è la storia del West." La prima puntata, La storia del west - Nascita di una nazione, di sei, trasmesse da Rai Storia, detta un sommario: "Dalle ceneri della guerra civile nasce una nuova generazione di americani, pronti a giocarsi il loro destino nelle terre sconfinate del West. Nell'arco di un trentennio i coloni occuperanno 174 milioni di ettari di terra. Ma mentre il governo lancia la corsa verso l'Ovest, gli sconfitti della guerra civile tornano a reclamare ciò che hanno perso diventando dei fuorilegge. La guerra appena finita rischia di ricominciare." Non c'è dubbio che a uno come Redford sia bene prestare attenzione. Conosciamo la sua attitudine progressista: la verità, l'ecologia, l'attenzione al futuro, ai giovani e ai diritti civili, che non sono mai una sicurezza su cui adagiarsi. E poi anche lui è un uomo del west, non solo perché è nato in California, soprattutto perché ha toccato il west nei film, con titoli mai convenzionali, classici magari senza epica, come Butch Cassidy, Ucciderò Willie Kid e, soprattutto, Corvo rosso non avrai il mio scalpo.

Con Redford il famoso assunto fordiano "nel west quando la leggenda diventa realtà, vince la leggenda" non funziona. Con Redford vince la realtà.
Pino Farinotti

Significa che gli eroi che ci ha trasmesso il cinema non erano poi così eroi. Un modello esemplare è Jesse James. Soldato sudista, tornato a casa subì le prepotenze dei nordisti che occupavano tutte le posizioni del potere. Redford e gli autori vedono Jesse come un soldato che continuava la sua guerra e ogni banca che svaligiava era come una vittoria ottenuta sul campo contro il nemico nordista. Questa spinta quasi ideale non gli impediva di ammazzare senza esitare. Entrava nella banca e cominciava a uccidere. Non mostrava i tormenti romantici di Tyrone Power, in Jesse il bandito. Del resto il popolo del cinema non avrebbe perdonato al magnifico Tyrone di essere davvero come Jesse.

Figura decisiva è Custer. Il cinema ne ha fatto una leggenda senza macchia. Ma... qualche macchia c'era. Combattente travolgente, decisivo in molte battaglie, finita la guerra soffrì la pace come una patologia. Erano gli anni dell'espansione verso l'Ovest. Un ostacolo non da poco erano gli indiani che si vedevano invadere le loro terre. Il generale Grant, capo di stato maggiore, chiamò Custer a risolvere quel problema. L'ordine fu preciso: "se è necessario andranno cancellati". Nel 1868 Custer, sempre in cerca di una vittoria militare, attaccò un villaggio indiano sul fiume Washita. Morirono soprattutto donne e bambini. Il film classico su Custer semplicemente ignora quell'episodio. Nessuno avrebbe tollerato che Errol Flynn fosse un assassino. Emerge una grande simpatia da parte di Redford per Cavallo pazzo, il capo dei Sioux che sconfisse Custer nella famosa battaglia del Little Bighorn. Racconta la leggenda che l'indiano, convinto da un segnale divino che nessun proiettile nemico lo avrebbe mai colpito, uscì miracolosamente indenne nelle mischie. Nel 1877 si arrese, per fame, con la sua tribù. Morì in prigione, ucciso da un traditore. Con una baionetta.

Robert Redford in una scena di Corvo rosso non avrai il mio scalpo.
Robert Redford in Butch Cassidy.
Robert Redford in una scena di Corvo rosso non avrai il mio scalpo.
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