IL PIACERE È TUTTO MIO, COME ROVESCIARE GLI STEREOTIPI E DIMOSTRARE CHE LA FELICITÀ È POSSIBILE AD OGNI ETÀ

Sophie Hyde parla a più generazioni realizzando un’opera sulla sex positivity capace di spingersi oltre. Emma Thompson in uno dei ruoli più riusciti della sua carriera. Dal 10 novembre al cinema.

Claudia Catalli, martedì 8 novembre 2022 - Focus
Emma Thompson (65 anni) 15 aprile 1959, Londra (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta Nancy Stokes nel film di Sophie Hyde Il piacere è tutto mio.

Una donna di 55 anni compie una scelta inusuale: regalarsi un’esperienza mai provata prima. Dopo tanti anni di matrimonio, ormai vedova e in pensione dopo una carriera da insegnante di religione, Nancy Stokes vuole darsi una chance: quella di provare una soddisfazione sessuale finora del tutto sconosciuta. La interpreta Emma Thompson in uno dei ruoli più riusciti della sua carriera. Con la sua lista in mano da brava insegnante, piena di indicazioni da dare al sex worker di turno, si scoprirà allieva, prima di tutto di vita. Imparerà l’ascolto, l’esposizione, la condivisione. Imparerà che spesso è il corpo a parlare più e meglio della mente e che il sesso ha un suo linguaggio che non è sporco, peccaminoso o volgare come immaginava.

Il film dell’australiana Sophie Hyde parla a più generazioni nel mettere in scena quello che è il superamento di un ostacolo, ovvero la difficoltà di percepirsi come meritevoli di felicità. Lo fa attraversando a testa alta il percorso accidentato di pregiudizi, cliché e stereotipi da rovesciare, riguardanti specialmente il desiderio femminile e l’appagamento di un corpo diversamente giovane. Sono tanti i film che raccontano il piacere delle donne attraverso una prospettiva squisitamente maschile: Hollywood ci ha abituato a donne oggetti del piacere e difficilmente soggetti attivi, quando lo sono finiscono per essere raccontate attraverso una lente di reciprocità come in É complicato con Meryl Streep, Alec Baldwin e Steve Martin, o drammatica come nel caso di Irina Palm.

Il piacere è tutto mio si spinge oltre e mette in scena una donna che pretende il piacere da un uomo molto più giovane di lei, pagato per l’occasione. Una storia piuttosto originale, che spicca nel grigiore di un cinema spesso maschilista, in cui anche la figura del gigolò è spesso ridicolizzata, oppure monodimensionale. Daryl McCormack interpreta invece un sex worker attento, sensibile e maturo, una sorta di terapeuta pratico del sesso che ama il suo lavoro tanto da viverlo come una missione. Non lo considera affatto come una sorta di compravendita del proprio corpo, bensì come un donare alle persone con cui accetta di condividere il suo tempo (e, certo, il suo corpo) ore di esplorazione, consapevolezza del proprio corpo e piacere.
 

Prima di essere un’opera sulla sex positivity è a tutti gli effetti un film sulla ricerca della felicità, questo di Sophie Hyde, che pare voler dire a chi guarda che tutto è possibile per chiunque e soprattutto che non è mai troppo tardi. Per provare, per osare, per godere. Una ricerca della felicità che passa attraverso una messa a nudo non solo fisica, ma ancor prima mentale e emotiva. Solo attraverso un dialogo costante e sincero i due protagonisti sconosciuti raggiungeranno la vera intimità, che non riguarda soltanto la sfera sessuale: è intimo confidare le proprie paure all’altra persona, è intimo affidargli ansie e confidargli fantasie.

 

Sono tanti gli stimoli e gli spunti di riflessione del film, che invita chi guarda ad abbandonare vecchie certezze per aprirsi, come la protagonista, alle nuove esperienze e ad una nuova visione, di se stessa e del mondo. Un mondo in cui le donne, di ogni età, hanno il diritto di godere ed essere felici. Di definire “noiosi” i propri figli senza sentirsi in colpa, di ridefinire i propri modi e comportamenti secondo la nuova persona che nel frattempo si è diventati, lontani dalla frustrazione quotidiana così come dal continuo giudizio, su se stessi e sugli altri. Si sente la mano di una donna a livello tanto di scrittura quanto di regia, perché nessun dialogo è lasciato al caso e tutti risentono di una prospettiva femminile ben precisa, che fa perno sulla verosimiglianza per essere credibile.

Ognuno di noi ha conosciuto almeno una volta una Nancy in vita sua, qualcuno di noi può addirittura dire di esserlo. Per questo il film risulta godibile, perché nel mettere in scena una situazione tanto particolare racconta in realtà la voglia di riscatto di chiunque scelga attivamente di chiudere con la “vita” precedente per darsi la chance di provare una nuova esperienza, o addirittura – come entrambi i protagonisti faranno dopo il loro incontro – una nuova vita, mai immaginata prima. Perché, ultimo stimolo che il film regala, è sempre l’incontro che fa la differenza e, a volte, la magia.

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