FIGLI DEL SOLE, MAJID MAJIDI RACCONTA LA QUOTIDIANITÀ A TEHERAN TRA INFANZIA NEGATA E RICERCA DI RISCATTO

Un film che parla di disperazione ma anche di amicizia e speranza. Premiato alla 77. Mostra del Cinema di Venezia e ora al cinema.

Simone Emiliani, sabato 4 settembre 2021 - Focus

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“I nostri protagonisti erano tutti bambini lavoratori e hanno dimostrato di essere attori eccezionali ed estremamente intelligenti”. L’approccio neorealista che ha spesso caratterizzato il cinema del regista iraniano Majid Majidi è già evidente nel rapporto con i suoi giovanissimi attori non professionisti. Al di là della vicenda narrata, i protagonisti portano dentro Figli del sole parte della verità della loro esistenza. Se Kiarostami puntava sulle reazioni emotive dell’infanzia soprattutto in Dov’è la casa del mio amico? e Compiti a casa e Panahi su un complice pedinamento in cui diventava l’invisibile compagno di viaggio delle bambine di Il palloncino bianco e Il cerchio e della ragazza Offside, a Majidi invece interessa maggiormente mostrare la condizione dei suoi personaggi nella vita di tutti i giorni. Nella didascalia iniziale viene infatti sottolineato che “questo film è dedicato ai 152 milioni di bambini vittime di sfruttamento minorile e a tutti coloro che lottano per i loro diritti”. Il loro sguardo sul mondo è fin da subito primario a cominciare dalla soggettiva di due di loro sotto la macchina in un grande parcheggio quando vedono il loro amico in difficoltà dopo che è stato fermato da un addetto alla sicurezza.

Ali, 12 anni, e i suoi tre amici, vivono alla giornata per potersi mantenere. Devono infatti guadagnare il minimo indispensabile per potersi occupare economicamente delle loro famiglie e per farlo sono costretti a commettere dei furti per poter trovare i soldi necessari. Ali ha la madre malata che si trova in una clinica da cui non riesce a farla uscire. Per lui e per gli altri è poi assente la figura del padre. Sono morti, in prigione oppure cercano di sfruttarli. All’improvviso arriva l’occasione che potrebbe cambiare per sempre la loro vita; ad Ali viene infatti affidato il compito di recuperare un tesoro nascosto sottoterra. Per poterlo trovare però bisogna attraversare un tunnel e per accederci i quattro protagonisti dovranno iscriversi alla Sun School, un istituto che si occupa di bambini disagiati che vivono per strada o sono costretti a lavorare.

Figli del sole è un film che parla di disperazione ma anche di amicizia e speranza. Majidi mostra la loro vita per le strade di Teheran, per esempio, nella scena in cui scavalcano le barriere di accesso della metropolitana e lì c’è la sorella di uno di loro, Zahra, da cui Ali è attratto, che oltre a studiare, cerca di vendere calzini e spugne nei treni. Il mondo degli adulti è spesso ostile. Ogni tanto trovano qualcuno che gli è vicino come il maestro della scuola. Il film si sofferma soprattutto sulla loro visione di un futuro migliore: c’è chi vuole diventare calciatore, che è dotato in matematica. Ma spesso si devono scontrare con la dura realtà. L’immagine delle colombe che volano libere sono già un presagio.

Majidi è sempre stato attratto dal mondo dell’infanzia sin dal suo primo lungometraggio, Baduk, presentato al Festival di Cannes alla Quinzaine nel 1992. In alcuni dei suoi titoli più famosi ha portato sullo schermo la vicenda di un fratello e una sorella che hanno condiviso lo stesso paio di scarpe di nascosto dai genitori in Bambini del cielo, il primo film iraniano a entrare in nomination come miglior film straniero ai 71° Academy Awards del 1999 e della ragazza che si è finta maschio per lavorare in un cantiere in Baran.

Figli del sole è stato presentato in competizione alla 77. Mostra del Cinema di Venezia dove Rouhollah Zamani, nel ruolo di Ali, ha vinto il Premio Marcello Mastroianni destinato ad attori o attrici emergenti ed è stato selezionato per rappresentare l’Iran agli Oscar 2021 come Miglior film straniero.

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