La vasta proposta dei canali offre cose buone, basta insistere col telecomando. Pino Farinotti su Genius e Thomas Woolfe.
Nel mio ultimo editoriale scrivevo: “Tornando ai “domiciliari”, voglio estendere la mia indicazione a tutta l’utenza. Un recupero della grande scrittura e del grande cinema. Basta digitare uno dei nomi citati per avere all’istante la lista dei titoli. E quasi tutti sono reperibili nelle varie forme online come lo streaming. Non sarà solo un “fare di necessità virtù”, sarà un magnifico recupero, una sorpresa inattesa. Un... rifarsi la bocca.”
La vasta proposta dei canali offre cose buone, basta insistere col telecomando.
“Un destino che conduce un inglese dagli olandesi è già piuttosto strano; ma un destino che conduce da Epson fino in Pennsylvania, e di qui alle colline che chiudono Altamont, sopra il fiero canto di corallo del gallo, e il morbido sorriso di pietra di un angelo, quello è toccato da quell’oscuro miracolo del caso che crea nuova magie in un mondo polveroso. Ognuno di noi è tutte le somme che non ha contato: se venissimo sottratti e portati di nuovo nella nudità e nella notte, vedremmo cominciare a Creta, quattromila anni fa, l’amore che è finito ieri in Texas.”
È l’incipit del romanzo di Thomas Wolfe (1900 – 1938) “Angelo guarda il passato”. Fa parte del film Genius, diretto da Michael Grandage nel 2016, che racconta il rapporto fra Wolfe (Jude Law), scrittore e Max Perkins, editor della casa editrice Scribner’s Sons. Ed è di Perkins, cui dà corpo e volto Colin Firth, la voice over che legge quelle righe, mentre la cinecamera percorre lo scaffale della libreria coi titoli su cui l’editor ha lavorato: “Di qua dal paradiso”, “Il grande Gatsby”, “Il sole sorgerà ancora”, semplicemente alcuni dei più grandi romanzi americani del novecento. Richiamato dal prestigio della Scribner’s e del suo editor il giovane Thomas ha mandato il suo manoscritto alla casa editrice. Uno dei collaboratori lo porta a Perkins dicendogli che domanda “È buono”. L’altro risponde: “No, è unico.” Perkins dice che lo guarderà. E mentre in treno, la sera torna a casa, comincia a leggere: “Un destino che conduce un inglese...”. Quando il curatore editoriale gli dice che il suo romanzo sarà pubblicato lo scrittore letteralmente impazzisce.
Thomas è un temperamento emotivo, irrequieto, ed è un superdotato nella scrittura, una dotazione che finisce per essere un ostacolo. Scrive troppo, indulge troppo, la grande qualità potenziale è penalizzata da quell’eccesso. Perkins lo convince a togliere, a essere più essenziale, le 600 pagine del testo diventano la metà. Anche il titolo iniziale, “O Lost”, diventa “Angelo guarda il passato”, ispirato a un poema di John Milton. Il libro ha successo e Thomas diventa scrittore di moda.
Va detto che Wolfe non è un nome popolare come Hemingway o Fitzgerald o come altri di quella generazione come Faulkner, Steinbeck e Dos Passos, ma la critica dell’epoca, e una certa élite, lo amarono molto. Nel privato lo scrittore presentava tutte le coccarde della creatività e dei suoi eccessi: continue liti, rapporto tempestoso con la compagna Aline (Nicole Kidman) e complicato coi colleghi scrittori. In una sequenza Hemingway parla di lui con sarcasmo, in un’altra Wolfe fa visita a un Fitzgerald in declino e lo offende in presenza di Perkins che gli urla “ sei un vigliacco... non sarai mai come lui.”
“E gli angeli sul portico di Gant si congelarono in un silenzio di marmo, e dopo un po’ si risvegliò la vita, e ci fu un rotolio di rute sottili, un lento risuonare di zoccoli felpati: e lui udì il lamento del fischio lungo il fiume. Appure, mentre stava per l’ultima volta accanto agli angeli sul portico di suo padre, sembrava come se la piazza fosse già lontana e perduta; o, dovrei dire, egli era come un uomo che sta su una collina sopra la città che ha lasciato, eppure non dice: “la città è vicina”, ma volge gli occhi verso le cime alte e lontane.”