OPPENHEIMER, L'APOCALISSE INCOMBE. E LA MUSICA DI LUDWIG GÖRANSSON DIVENTA UNA SINFONIA DELL'INSTABILITÀ

Nulla è lasciato al caso nel connubio tra saliscendi musicali e recitazione di Cillian Murphy. Ogni suo pensiero è accompagnato da un crescendo, da un contrappunto sonoro alle visioni di morte e ai suoi sensi di colpa. Ancora una volta Christopher Nolan conferma l’importanza della colonna sonora per il suo cinema. Ora in sala.

Emanuele Sacchi, lunedì 28 agosto 2023 - Focus

Anche con Oppenheimer Christopher Nolan conferma l’importanza della colonna sonora per il suo cinema. E ancora una volta divide critica e pubblico per l’uso estremo che ne fa. Gli archi di Ludwig Göransson, già con Nolan in Tenet, sono invasivi, ossessivi, impossibili da evitare o anche solo trascurare. Ogni pensiero di Robert Oppenheimer è accompagnato da un crescendo, da un contrappunto sonoro alle visioni di morte e ai suoi sensi di colpa. Spesso la colonna sonora si fa così tonitruante da occultare i dialoghi, o da competere con loro per catturare l’attenzione dello spettatore. Un effetto che non ha mancato di esporre il film a critiche, ma che è fortemente voluto dal regista, che nella sua carriera, ma in particolare in Oppenheimer, sceglie le maniere forti per comunicare una sensazione di instabilità, psicologica al pari di quella atomica studiata dallo scienziato. Pensieri paranoici, con la sensazione di essere perseguitato, che si mescolano alla visione di un’apocalisse incombente, provocato da una scienza che ha abbattuto le ultime barriere.

L’incredibile lavoro di Cillian Murphy, che ricorre a smorfie e tic quasi impercettibili per restituire la turbolenza in atto nella psiche del fisico, ha obbligato Göransson a seguirlo passo passo, a cercare di donare sfumature nuove che potessero assecondare i mutamenti del viso o le espressioni dello sguardo di Murphy. Nella congerie di avvenimenti che caratterizzano il film di Nolan è complicato concentrarsi sui singoli dettagli, ma lo sforzo è ben ripagato: nulla è lasciato al caso nel connubio tra saliscendi musicali e recitazione del protagonista.

Un esempio di questa sinergia è regalato dalla traccia "Can You Hear the Music": la scena è quella dell’incontro tra un giovane Oppenheimer e Niels Bohr. Quest’ultimo intuisce subito le qualità dello studente e gli chiede di ascoltare la musica che suona nella sua testa, un concerto di elettroni in orbita e visioni di meccanica quantistica, germoglio delle idee che Robert elaborerà in seguito. Göransson ha rilasciato dichiarazioni sull’estrema difficoltà di elaborare il brano, dai cambi di ritmo alle accelerazioni improvvise e incontrollabili. Uno sforzo senza precedenti per provare a raccontare in musica la cascata di intuizioni nella mente dello scienziato. "Fission", un movimento tripartito, è altrettanto indicativa per rappresentare le contraddizioni in seno a Oppenheimer: violino e arpa si alternano e si inseguono, tra momenti forti e parentesi di quiete. Ma non manca la dolcezza, sintetizzata dai rintocchi di piano di "Meeting Kitty", dedicata a colei che diverrà moglie di Robert Oppenheimer. Un brano dalle atmosfere delicate e rassicuranti, proprio come la fermezza di una donna che sarà ancora del marito nei momenti più complicati.

Originario di Linköping, in Svezia, Göransson porta già nel nome – scelto dai suoi genitori pensando a Beethoven - il destino di un talento obbligato a lasciare il segno nella musica. Non solo di classica si è occupato, visti i trascorsi con Childish Gambino – di cui ha prodotto tre album – e con la Disney, per cui ha musicato Black Panther (guarda la video recensione) e The Mandalorian. E se la saga di Star Wars è sopravvissuta, e in parte è rinata, molto lo si deve all’accompagnamento sonoro dal sapore western che caratterizza la serie televisiva dedicata al mandaloriano. Il sodalizio tra Göransson e Nolan ha inizio con Tenet, un’altra opera estremamente complessa, in cui lo svedese ha dovuto adattare le proprie partiture ai salti temporali e alle premonizioni della intricata vicenda sci-fi.

Quando la musica ha il compito di rappresentare ciò che non è umanamente concepibile per il senso della vista, come nel caso degli ultimi due film di Nolan, al compositore è richiesto uno sforzo straordinario. Göransson è riuscito ad assecondare la concezione di cinema come impresa irripetibile, cara all’ultimo Nolan, e a conferire sfumature espressive senza le quali opere come Tenet o Oppenheimer sarebbero semplicemente inconcepibili. Quando tra qualche anno ritorneremo su questi lavori, riannodando i fili della memoria con il nostro vissuto, a guidarci saranno senza alcun dubbio le partiture di Ludwig Göransson.

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