LADRI DI BICICLETTE, SIAMO SICURI CHE SIA NEOREALISMO?

Sono due le anomalie: il non-colore e la musica, elementi concettuali che inquinano il purismo dell'opera.

Pino Farinotti, mercoledì 28 agosto 2019 - Focus
Lamberto Maggiorani 24 agosto 1909, Roma (Italia) - 22 Aprile 1983, Roma (Italia). Interpreta Antonio Ricci nel film di Vittorio De Sica Ladri di biciclette.

Qualche anno fa proposi al Comune di Milano una mostra: esporre alla Rotonda della Besana i fotogrammi iniziali di tutte le sequenze di Ladri di biciclette. Alcune centinaia: colorate. Naturalmente motivai l'iniziativa ma... non fui ascoltato. L'assessore alla cultura di allora mi disse: "Mi sembri matto, vuoi scardinare una corrente, una filosofia e una poetica che ci ha reso grandi nel mondo". La "corrente" è il neorealismo, naturalmente. Peraltro la conosco bene, in tutti i suoi aspetti e complessità: letterari, artistici, filosofici. E poi il cinema, certo. Assecondando la pratica, difficile, impropria, delle supersintesi alle quali mi devo adattare per lo spazio ridotto, risolvo con una formula fulminea: neorealismo come la rappresentazione della realtà. E anche nella scelta delle opere devo semplificare - altra sintesi dolorosa - e stare ad alcuni titoli apicali. Diciamo Ossessione, Paisà, Ladri di biciclette.

Ultima estrazione per un unico focus, Ladri di biciclette. Non è un film, è un'opera d'arte generale del novecento. Come ha detto l'assessore, ci ha reso grandi nel mondo. Il film di De Sica, in ditta con Zavattini, Suso Cecchi d'Amico e altri, è forse il manifesto esemplare del genere, include tutti i suoi codici che prendono vita dal dopoguerra: esterni spesso a mostrare le distruzioni belliche, la povertà, la disperazione delle classi popolari, gli espedienti per la pagnotta, il desiderio di rimuovere il passato, la speranza seppure nebulosa di un miglioramento. E poi, altro segnale distintivo decisivo: gli attori non attori, ma gente della strada. Dunque realismo, verità, documento. Tutte queste sono istantanee di verismo e di documento. Fotogrammi di finzione che si potrebbero davvero confondere con quelli di un documentario. Il target del movimento sarebbe dunque perfettamente centrato. Solo che... non è realismo.

L'affermazione sembrerebbe perentoria e provocatoria magari... indecente. Ma è subito spiegata. Un'anomalia sta nel non-colore. In Ladri di biciclette Antonio e suo figlio Bruno percorrono Roma, quella Roma del primo dopoguerra, nelle strade passa una macchina ogni cinque minuti, la periferia è ferita e umiliata nei suoi muri e nel poco verde, Trastevere non è quella turistica della nostra epoca, le insegne dei negozi non sono vivaci, i due camminano sul lungotevere, passano davanti allo stadio, entrano nella confusione di Porta Portese. Il tutto nel grigio costante del b/n. Ma nella realtà il Tevere è marrone, le insegne hanno colori magari sbiaditi, i muri possono non essere tutti grigi, così come gli indumenti di Antonio e Bruno. Porta Portese dovrebbe brillare dei colori dei telai delle biciclette. Il manifesto di Gilda che Antonio attacca al muro è sfavillante dei colori di Hollywood. Il bianco e nero, che tradisce la cromatica della realtà diventa, di fatto, intervento concettuale.

Concettuale significherebbe un'azione dell'artista che agisce sulla sua percezione per la rappresentazione del soggetto, evolvendo, rileggendo, a volte stravolgendo il senso figurativo, reale, del master. Il bianco e nero rispetto alla realtà del colore è certo un intervento che destruttura e ripropone. È forte e decisivo, trasferisce l'opera nel concettuale. Ma c'è dell'altro: la musica. Quasi tutto il film è attraversato dalla colonna sonora di Alessandro Cicognini, maestro vero che arricchisce il racconto di tanti punti di sentimento e di efficacia che sostengono e "truccano" il reale. La musica è un altro elemento, forte, concettuale.

E così, in chiave di purismo e di assoluto, di realismo appunto, accoglierei con grande piacere e curiosità l'esperimento di togliere a Ladri di biciclette il bianco e nero e la musica. E' un'opera così essenziale e pura, così pregna di poesia di suo, che vivrebbe di una luce ancora più forte.

Dico che non sono interessato all'accoglienza, che sarà pessima, da parte degli specialisti di questa mia idea. Sarei molto interessato, questo sì, all'opinione di Vittorio De Sica.

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