In attesa dell'uscita de Il prigioniero coreano di Kim Ki-duk, dal 12 aprile al cinema, il Cinema Anteo di Milano presenta fino all'8 aprile la mostra 3DPRK - Ritratti nordcoreani.
Della Corea del Nord abbiamo una visione univoca, inequivocabile. Quella di una nazione stretta fermamente nella morsa di Kim Jong-un, chiusa a doppia mandata rispetto al mondo esterno. Quel poco che conosciamo appartiene al ritratto parossistico tracciato dall'occidente e dai media, dalla farsa di The Interview alle spy story confezionate ad arte in Corea del Sud. Ne emerge il quadro di un popolo oppresso, omologato, irreggimentato, soggetto alle bizze di un regime tragicamente ridicolo.
In luogo del consueto paesaggio post atomico, in cui al di fuori delle parate militari sembra che non esistano svaghi o attività commerciali, ecco comparire un bar (La barista), un ristorante (La cameriera), una nuotatrice in costume (La nuotatrice), un negozio di articoli da sci (La commessa). In attesa dell'uscita de Il prigioniero coreano (guarda la video recensione), dal 12 aprile al cinema, la mostra '3DPRK - Ritratti nordcoreani' - progetto collaborativo tra il fotografo sloveno Matjaz Tancic e la galleria d'arte Koryo Studio (specializzata in arte nordcoreana e domiciliata a Pechino) - trasforma il Palazzo del Cinema di Milano nel luogo di una curiosa caccia al tesoro.
Le opere di Tancic, distribuite nei luoghi più impensabili, tra i quattro piani della struttura, invitano lo spettatore a essere proattivo, a voler scoprire di più di questa scheggia inedita di Corea del Nord. Tutte le foto sono in tre dimensioni e corredate di appositi occhialini 3D, quasi a voler aumentare visivamente la sensazione di alterità rispetto al pregiudizio di origine. Le figure immortalate si stagliano rispetto allo sfondo, ottengono una rilevanza inedita, lontana dal loro status di gente comune. Noi spettatori siamo obbligati a considerare Il mastro birraio o L'imballatore "persone" a tutto tondo, a farne emergere il tratto di umanità celato. Mentre le scenografie alle spalle, colorate e variegate, trasmettono l'idea di un mondo da scoprire, di colori che non avremmo associato a Pyongyang.
Un'esperienza breve, stimolante, istruttiva. Un balsamo contro i giudizi facili e sbrigativi, virus apparentemente inestirpabile della nostra epoca.