BLACK TEA, UN FILM COSTELLATO DI RIFLESSI E DI RIVERBERI LUMINOSI. PER PARLARE DI INTEGRAZIONE, TRA ATTESE E SCOPERTE

Il ritorno al lungometraggio di Abderrahmane Sissako ci propone l'incontro tra due mondi culturalmente molto distanti ma che possono comunicare sul piano del sentire. Da giovedì 15 maggio al cinema.

Giancarlo Zappoli, martedì 6 maggio 2025 - Recensioni

Aya ha lasciato dinanzi all'officiante colui che doveva diventare suo marito. Ha abbandonato poi la Costa d'Avorio per andare a vivere a Guangzhou (Canton) nel quartiere denominato "Chocolate City" perché abitato da numerosi immigrati africani. Qui lavora per Cai, un coltivatore e raffinato estimatore delle più diverse specie di piante del the. Tra i due nasce progressivamente un'intimità non priva di problemi.

Il ritorno al lungometraggio di Abderrahmane Sissako ci propone l'incontro tra due mondi culturalmente molto distanti ma che possono comunicare sul piano del sentire. 

È un film costellato di riflessi e di riverberi luminosi il suo, quasi che la realtà che viene rappresentata avesse poi l'urgenza di sfrangiarsi e di perdere quella lucidità e sequenzialità di tempi e di azioni che il rito del the richiede. Si ha allora l'inserimento di elementi sui quali lo spettatore viene spinto ad interrogarsi per poi ricevere una risposta che finisce con il porre nuovi quesiti.

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