GIOCHI PROIBITI, DAL LIBRO DI BOYER AL FILM DI CLÉMENT

Una magnifica allegoria, un atto d’accusa contro la crudeltà della guerra e l’ottusità degli adulti. Attualissimo.

Pino Farinotti, venerdì 22 luglio 2022 - Focus

Nel 1947 il 27enne François Boyer pubblica un libro, il suo primo, "Giochi proibiti", del tutto estraneo ai canoni imperanti della cosiddetta litérature de guerre di quegli anni. Di guerra comunque si tratta, del resto la memoria è vicina e molti traumi ancora sussistevano. A “vedere” la guerra sono gli occhi, impenetrabili e grigi, di Paulette, una bambina di nove anni, ancora ferita dai ricordi dei bombardamenti che hanno l’hanno lasciata orfana. Ma Paulette ha un compagno coetaneo, Michel, nella sua stessa situazione. Abbandonati dagli adulti, che hanno altro da fare, cercare di sopravvivere a tutti i costi, affrontano insieme il compito impossibile di comprendere il Male e di elaborare la ragione, incomprensibile, di quella loro infanzia privata di tutto.

All’uscita il romanzo di Boyer venne praticamente ignorato. Ma destò l’attenzione di qualcuno che contava, di René Clément, gran maestro del cinema francese, che nel 1952 realizzò il film che, come sempre accade, fu molto utile alla popolarità, e al mercato del testo letterario.

Clément com’è legittimo, privilegia il cinema. Da antologia è la sequenza dove i due protagonisti decidono di costruire un cimitero per gli animali. Una magnifica allegoria, un atto d’accusa contro la crudeltà della guerra e l’ottusità degli adulti. Clément accorda il realismo, la violenza dei bombardamenti e la tristezza degli sfollamenti, con la visione ingenua e bella dei due ragazzi. Lo scrittore certo mostrò coraggio nel suo racconto. E dico che la visione in questi giorni di Giochi proibiti, può rappresentare una istantanea, di adesso, opportuna, opprimente, del rovesciamento di prospettive cui ci costringe la vicenda tragica e immane, che sta coinvolgendo tutti

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