LOCARNO FESTIVAL, UNO SPAZIO DI CONDIVISIONE PER I NUOVI CINEASTI

5 film sottotitolati in italiano, 8 film in streaming, disponibili fino al 31 agosto. In collaborazione per l'Italia con MYmovies.it.

Martina Ponziani, lunedì 6 agosto 2018 - Festival

Offrire la migliore vetrina possibile del cinema contemporaneo di tutto il mondo è da sempre l'aspirazione del Locarno Festival. Arrivato quest'anno alla 71. edizione, la manifestazione svizzera propone di nuovo un programma che mescola prodotti d'autore con quelli pensati per l'ampio pubblico di Piazza Grande; opere prime con retrospettive dedicate ai cineasti che hanno fatto la storia del genere.

Dal 4 al 31 agosto, grazie alla collaborazione con MYmovies.it, otto film sono disponibili in streaming, di cui cinque con sottotitoli italiani. Sei titoli scelti dalla sezione Cineasti del Presente, da sempre attenta a selezionare opere prime e seconde, realizzate da nuovi sguardi curiosi sul presente e speranzosi verso il futuro.
Martina Ponziani

Si passa dall'Europa alla Cina, mantenendo con queste quattro opere l'attenzione al territorio ed ai cambiamenti politici dell'attualità. La vita privata di ciascun protagonista si mescolano con quella pubblica, influenzata dal clima di un paese che spesso li condiziona e non sanno come gestire. Ambizione e disillusione si fanno strada nelle loro storie che confluiscono in percorsi esistenziali di riflessione e di rinascita.

Grazie al Locarno Festival questa apertura alla nuove tematiche dell'inquietudine giovanile trova uno spazio di condivisione e di scambio con le generazioni precedenti, una collocazione spesso troppo poco considerata da altri contesti.

YOUNG AND ALIVE

Dalla Parigi del dopo-Charlie alle elezioni presidenziali, un attraversamento notturno, a fianco dei giovani che non dormono: i loro sogni, i loro incubi, l'ebbrezza, la dolcezza, la noia, le lacrime, la festa, il lavoro, le terrazze, le vetrine, i pavé, i genitori, il desiderio, il futuro, l'amnesia, 2015, 2016, 2017, l'epoca.

Il francese Matthieu Bareyre ritorna su una tematica evidentemente a lui cara: il modo in cui alcuni eventi influiscano sul temperamento giovanile. Il regista aveva infatti esordito nel 2015 con un mediometraggio documentario dal titolo Nocturnes in cui raccontava la vita notturna dei giovani scommettitori dell'Ippodromo di Vincennes. Uno sguardo tra il paesaggio deserto delle prime ore del giorno e l'energia dei ragazzi alle prese con il gioco.

In questo primo lungometraggio (dall'emblematico titolo originale L'Époque), il regista continua ad usare la forma documentaristica per affrontare un arco temporale molto ampio e dalle alte ambizioni esplorative. L'obbiettivo non è infatti solo quello di indagare un momento interno della Francia molto delicato, ma anche quello di inserirlo in una riflessione su un'intera epoca e su come questa sia vissuta dai suoi protagonisti: quei giovani della notte che cercano un senso di appartenenza, guidati da personalità diverse da quelle istituzionali e per questo inascoltate. Mette in luce la politica di chi si nasconde nelle viscere di un paese diversificato e dalle sfumature sempre più sfaccettate.

SOLD OUT - IL FILM NON È PIÙ DISPONIBILE

In foto una scena di Young and Alive.
SOPHIA ANTIPOLIS

Sophia Antipolis: una tecnopoli sulla Costa Azzurra, un luogo costruito per far avverare i sogni. Eppure, dietro le superfici luccicanti, paura e disperazione sono in agguato. Sotto un sole ingannatore, cinque vite tracciano la storia inquietante di una giovane donna, Sophia.

Secondo lungometraggio per Virgil Vernier, regista francese che si è saputo già mettere in mostra nel panorama cinematografico grazie a opere che sanno mescolare finzione, documentario e mitologia. I suoi film sono stati già selezionati dallo stesso festival di Locarno, dal festival di Torino e dalla sezione ACID di Cannes e con quest'ultimo sembra voler concludere un percorso di storie già iniziato con il precedente Mercuriales, un film ambientato nella periferia parigina dove si incontrano le quotidianità di tre ragazze, tra disagi e insoddisfazioni.

Ritorna quindi a nascondere sotto il paesaggio patinato della Francia l'inquietudine dei suoi abitanti, che questa volta confluisce in una sola protagonista: Sophia. Un nome che coincide con il parco che si estende tra Nizza e Cannes e che i protagonisti interpretati da attori non professionisti (Dewy Kunetz, Dany, Bruck e Sandra Poitoux) dovranno affrontare per risolvere un mistero ed entrare a contatto con le loro stesse paure. Un percorso esistenziale con cui si sono dovuti veramente confrontare nelle sei settimane di riprese.

SOLD OUT - IL FILM NON È PIÙ DISPONIBILE

In foto una scena di Sophia Antipolis.
THOSE WHO WORK

Frank, uomo d'azione che si è fatto strada col sudore della fronte, dedica la propria vita al lavoro. Sempre al telefono in qualunque luogo o circostanza, di notte come di giorno, gestisce i cargo che noleggia per conto di grandi compagnie. Ma trovandosi a dover affrontare una situazione di crisi, Frank prende una decisione brutale e viene licenziato. Profondamente scosso, tradito da un sistema a cui ha dato tutto, deve progressivamente rimettersi in discussione per salvare l'unico legame al quale ancora attribuisce un valore: quello che è riuscito a mantenere con Mathilde, sua figlia.

Dopo una serie di cortometraggi apprezzati dai festival di tutto il mondo, Antoine Russbach, regista di origini svizzere e sudafricane, realizza il suo primo lungometraggio che sembra riprendere i temi del suo corto Les bons garçons, dove aveva già indagato le ambiguità dell'ambizione.

É proprio questo infatti il perno fondamentale del suo ultimo lavoro, unito alla scottante tematica dell'immigrazione irregolare. Il protagonista si ritrova a scegliere tra mantenere la sua alta reputazione lavorativa oppure riportare indietro un clandestino trovato su una delle sue imbarcazioni. Sceglie di gettare l'uomo in mare, trovandosi così a convivere con il senso di colpa ed a gestire una bugia che alla fine esplode. Il regista in questo modo cerca di far confluire le problematiche sociali di un paese in quelle più personali di un individuo, tracciando un ritratto di estrema attualità.

In foto una scena di Those Who Works.
WE ARE THANKFUL

Un giovane di nome Siyabonga allestisce spettacoli teatrali nella cittadina di Mphopomeni, nella regione sudafricana del KwaZulu-Natal. Quando viene a sapere che in un paese nelle vicinanze verrà girato un film si mette in testa di partecipare. Complotterà con una cameriera per utilizzare il Wi-Fi degli «umlungus» (i bianchi) così da poter scrivere un'email ai produttori, fino a spingersi alla stregoneria. E dopo aver percorso molte strade imprevedibili, riuscirà a conoscere il regista. Da questo incontro nasce questo strano film.

Il regista sudafricano Joshua Magor è qui alla sua prima prova nel lungometraggio, dopo aver girato un corto di successo dal titolo People At Night a Londra, dove attualmente vive. Il suo incontro con Siyabonga gli ha permesso di approcciarsi per la prima volta con il genere documentaristico, generando un film ibrido di metacinema e di grande interesse per comprendere la connessione tra due culture diverse.

Il giovane protagonista con il sogno di diventare attore, infatti, deve quotidianamente combattere con le difficoltà di realizzarsi nel suo paese. Dovrà sfruttare questa incursione di una troupe occidentale nella sua città per tentare di mettersi in luce, utilizzando qualsiasi mezzo possibile. La sua tenacia supera la stessa lavorazione del film e diventerà per questo il centro focale di una nuova opera.

In foto una scena di We are thankful.
LONG WAY HOME

A causa del suo nuovo lavoro come impiegata nel settore della pubblica sanità, Juliana si trasferisce da Itaúna, una cittadina nell'interno del Brasile, nell'area metropolitana di Contagem. In attesa che il marito la raggiunga, affronta un periodo di adattamento alla nuova vita, incontrando persone, scoprendo nuovi orizzonti e cercando di superare il proprio passato.

Primo lungometraggio di finzione per André Novais Oliveira che si era cimentato precedentemente con dei cortometraggi molto apprezzati dalla critica (selezionati al festival di Cannes) e con un documentario molto particolare, dal titolo Ela Volta na Quinta, dove raccontava la quotidianità dei suoi genitori, sposati da trentacinque anni ed ora sull'orlo di una crisi.

Con questo Long Way Home (Temporada nel titolo originale) il regista torna a parlare del quotidiano, questa volta non suo ma quello della Juliana interpretata da Grace Passô. Come da ormai tradizione del nuovo cinema brasiliano, raccontare la vita della donna diventa anche l'occasione per esplorare le periferie difficili di un paese e le notevoli differenze che intercorrono tra una città all'altra.

In foto una scena di Long Way Home.
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