ZAFIRA - L'ULTIMA REGINA, UN AFFRESCO DALL'APPEAL INTERNAZIONALE CHE SI FA GESTO POLITICO RIPORTANDO IN PRIMO PIANO LA DIGNITÀ DELLE DONNE ALGERINE

Un film dalla doppia regia e dalla doppia anima: il punto di vista femminile e femminista di Bendimerad e l'approccio "reportage" di Ounouri, che ci getta in mezzo al conflitto fisico. Da giovedì 21 marzo al cinema.

Paola Casella, lunedì 18 marzo 2024 - Recensioni

Algeri, 1516. La città nordafricana subisce da sei anni il dominio dei conquistatori spagnoli. Il re a capo della repubblica monarchica, Salim, è un uomo di pace ma non tollera più la presenza degli stranieri, e quando il pirata algerino Aruj detto Barbarossa sconfigge gli spagnoli lungo la costa, Salim accetta con lui un'alleanza. Non sa che Aruj ha intenzione di impossessarsi del suo palazzo, il suo cavallo e sua moglie, anzi, le sue mogli: la saggia Chegga e la volitiva Zafira. Quando le maschere cadono però sarà proprio Zafira a tenere testa al pirata violento e carismatico, nell'interesse dell'Algeria e di suo figlio Yahia, il cui destino di re è minacciato da Barbarossa.

Il film si colloca al crocevia di molti approcci drammaturgici - tragedia shakespeariana e melodramma, film storico e cappa e spada, fantasy ed epopea, Mille e una notte e mito fondante - e riesce a mantenere in equilibrio le sue anime. La messinscena è sontuosa, costumi, trucco e acconciature sono magnifici, la fotografia pittorica è fortemente evocativa e la recitazione, pur mantenendosi sopra le righe, è adeguata a una leggenda millenaria che riporta a una tradizione poi sovrascritta dalla colonizzazione francese.

Zafira, l'ultima regina attinge a Il trono di spade come all'iconografia classica algerina, e il risultato è un appeal internazionale le cui radici etniche restano però molto visibili e in una certa misura resistenti ai compromessi.

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