La miniserie in dieci episodi di Molly Smith Metzler guarda ad alcune produzioni, soprattutto del primo decennio degli Anni Duemila, focalizzate sul racconto della povertà nel tessuto sociale americano, con particolare attenzione allo status delle donne in un contesto dominato dall'uomo e dalle distinzioni di classe.

In questo senso Maid attualizza la condizione esistenziale rappresentata da Elliot Page nel ruolo di Juno ricondizionando gli elementi di una commedia drammatica e infarcendoli questa volta di una profonda critica ai rapporti coniugali che, forzatamente, sono imposti alle donne, a prescindere dalla classe di appartenenza o dal background.

Maid traduce appieno questa condizione nelle sue quasi dieci ore di narrazione: le persone attorno ad Alex sono persone non benestanti, ciononostante la loro condizione di povertà non agisce negativamente sulle loro vite. Sean, il marito, vive la condizione che deriva dal suo passato, sicuramente problematico a causa di una madre tossicodipendente, ma il suo stato psicologico non è dubbioso, il male che potrebbe perpetrare non è ancora avvenuto e le sue azioni non sono ancora punibili; la madre Paula è forse la donna più felice al mondo, incapace di comportarsi responsabilmente ma allo stesso tempo con una linfa vitale e una felicità folle nei confronti di ciò che la circonda.
 

VAI ALLA RECENSIONE COMPLETA