La guerra civile americana (1861-1865) è stata oggetto di una serie infinita di film, del resto si prestava, per molte ragioni, praticamente tutte, che possono essere racchiuse in un solo titolo, esemplare e mitologico, Via col vento. Il nord contro il sud, culture e modi di vita diversi, rivendicazioni reciproche, con quel nodo sciolto, abnorme, civile, politico e umano, quello della schiavitù.

Per anni il cinema presentava una visione romantica di quella guerra, cercando anche un equilibrio di giudizio, nessuno era del tutto buono o cattivo. Una volta affermata la legittimità della causa e della vittoria del nord, poi c’erano sfumature infinite, e con la rilettura critica, a volte revisionistica della storia ecco che i dubbi aumentarono e altre verità vennero focalizzate. Così nel Lincoln di Spielberg emerge che il presidente era un po’ meno eroe rispetto alla rappresentazione, spesso agiografica nei film: l’abolizione certo gli stava a cuore, e, da pragmatico come deve essere un politico, la usò come strumento, come leva del suo progetto. Nei film, il Sud sconfitto spesso va a scovare personaggi opportuni, romantici, come Jesse James, reduce maltrattato, “costretto” a diventare fuorilegge, lui che non ne aveva intenzione.

In realtà, nella visione meno romantica dei film recenti anche lui diventa un po’ meno eroe. Nel film Free State of Jones, di Gary Ross, il protagonista è Newton Knight, un reduce dell’esercito confederato, che diserta, torna a casa, prende atto della situazione drammatica, delle violenze e dei soprusi del suo stesso esercito e decide di reagire. Il film racconta una vicenda complessa, decisamente critica, e quasi sconosciuta, rispetto ai fatti della storia. Anomala è la posizione del ribelle verso gli afroamericani: sta dalla loro parte, si batte contro il nascente Cu Clux Clan, fonda uno “stato libero di Jones” in una zona del Mississippi. Il ribelle fa scelte da uomo libero secondo vocazione e coraggio personale. E riesce persino a non farsi ammazzare. Morirà nel 1922, a 84 anni.