skam

Adolescenti inquieti alla scoperta di quella sensazione che si chiama crescere. Storie già lette e rilette, viste e riviste, al cinema o alla tv, ma sempre a loro modo interessanti: perché se di fondo i sentimenti e le paure sono sempre le stesse, il modo in cui vengono declinate dipende fortemente dal contesto e dal tempo in cui vengono vissute. Non solo: vengono esaltate anche dai mezzi e dalle modalità con cui vengono raccontate. Ecco perché oggi Skam si presenta come un nuovo punto di riferimento per i ragazzi.

Skam, che in Norvegese significa “Vergogna”, non è una nuova serie tv: è iniziata nel 2015 e ha già completato la sua terza stagione, con la quarta in arrivo in primavera, è diventato un vero e proprio fenomeno in rete, raggiungendo platee inesplorate da un paese, la Norvegia, di certo non avvezzo a esportare i suoi prodotti. Segue le vicende di un gruppo di adolescenti di Oslo, che frequentano il liceo e sono impegnati in tutte le classiche attività dei sedicenni di tutto il mondo: limonare, bere, scoprire. Protagonista della prima stagione è Eva, bellissima adolescente che vive pressoché da sola (del padre non sappiamo nulla, la madre è sempre via per lavoro) ed è fidanzata con Jason. Intorno a lei amiche e amici che riempiono come possono pomeriggi e weekend, sospesi in quel periodo della vita in cui non sei più un ragazzino, ma non hai nemmeno l’autonomia di un adulto.

La focalizzazione su un personaggio per stagione è una delle caratteristiche principali di Skam, ma non la più importante. Le puntate sono infatti formate da blocchi di massimo 5 minuti, introdotti da un’indicazione di giorno e ora. Si tratta del momento in cui avvengono i fatti raccontati, ma anche del preciso istante in cui quei blocchi sono stati messi online. Skam viene infatti diffusa online sul sito di NRK, rete che poi cura anche la messa in onda televisiva: ogni puntata è formata dall’unione delle varie clip e per questo la durata è variabile, per quanto sempre intorno ai 16 minuti. Aggiungete una grande cura nella strategia social e capirete perché Skam è riuscita a catturare i teenager, senza però lasciare indietro i vegliardi come noi che non riescono a stare dietro a una mini-clip al giorno.

Cos’è allora che rende Skam interessante? O meglio virale? La novità proposta dalla Andem consiste nel mostrare in rete, in special modo su Twitter, Instagram, Facebook e Tumblr, foto, sequenze degli episodi, o anche puntate intere, riposizionando nella maniera più assoluta l’importanza del palinsesto televisivo. Si tratta di un ulteriore passo avanti rispetto all’ON DEMAND di piattaforme come Netflix, SkyGO ecc. poiché il pubblico non solo vive la vicenda con occhio privilegiato, ma addirittura interagisce con i profili fake dei personaggi. Siamo di fronte ad un esperimento unico per tanti motivi: Skam nasce da un broadcaster televisivo, ma è trasmessa per la prima volta online prima che in TV, tatuandosi perciò la definizione di WebSerie. Ha inoltre la particolarità di essere “costruita” settimanalmente, il Venerdì è il giorno di messa in onda e gli episodi vengono dall’unione dei video postati online dai suoi stessi personaggi nel corso della settimana.

Questi conducono per tutta la durata della “messa in onda” una doppia vita al servizio di una frontiera che esige di essere spostata sempre più in là. L’attaccamento è chiaramente duplicato: si può arrivare a sentirsi indipendenti rispetto all’autore, onniscente e onnipresente nell’esistenza dei caratteri. Un Truman Show volontario, perché oggi non basta più l‘hashtag ufficiale dell’episodio, la canzone in sottofondo suggerita da Shazam e Spotify, oppure il promo, i promo, per quanto ricchi di succose anticipazioni. Skam incarna quel corpo a corpo necessario, duttile, amorfo se vogliamo, quell’intrusione garbata che ci permette di ampliare lo sguardo, di dis(e)stendere lo sguardo verso l’inaccessibile, termine quanto mai sorpassato. Ma dov’è il confine tra realtà e finzione? Stiamo raggiungendo la soglia dell’immateriale, di quel mondo dove è vero solo quello che decidiamo essere vero? Chissà.

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