Caccia al 12° Uomo

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Epico Racconto di Resistenza e Sopravvivenza Valutazione 4 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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lunedì 2 luglio 2018

Tutta la maestria e la sensibilità degli autori nordici nel rappresentare una vicenda realmente accaduta, dal respiro epico e dall'importanza storica e umana impareggiabile, è racchiusa all'interno di questo ennesimo capolavoro proveniente dal nord Europa. The 12th Man, firmato dal regista olandese Zwart non è un semplice film d'avventura o un monodimensionale film di guerra. Bensì una pellicola, densa di emozioni e capace di risvegliare sensazioni primordiali al centro della quale vi troviamo l'inossidabile istinto di sopravvivenza e resistenza di un solo uomo, Jan Baalsrud, alle prese con la spietatezza della natura, gli orrori della guerra e i limiti psicofisici che iniziano a indebolirsi e vacillare col passare del tempo. Figura realmente esistita della resistenza norvegese, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, Jan, è l'unico superstite di una spedizione di 12 sabotatori che una volta scoperti e dopo un lungo scontro a fuoco coi nazisti verranno arrestati. L'unico uomo in grado di evitare la cattura sarà appunto Baalsrud ma quello che sembra un lieto fine segna soltanto l'inizio di un nuovo incubo e di una spietata caccia all'uomo da parte del acuto, implacabile e perspicace capo della Gestapo, Kurt Stage (brillantemente interpretato da un redivivo J. Rhys Meyers) incapace di arrendersi e accettare la sconfitta. Indebolito e ferito, Jan, si pone come scopo di raggiungere la confinante Svezia, unico paese limitrofo  neutrale durante i conflitti e unica speranza di salvezza. Inserito all'interno di una continua antitesi tra la soave bellezza e magnificenza della natura, che rapisce e immerge lo spettatore in questo spettacolo di colori e immagini tra ghiacci, boschi innevati e aurore boreali, ma che non esita a mostrare il suo lato più selvaggio e spietato, si consuma questa estenuante lotta per la sopravvivenza.
Rifugiandosi tra i ghiacci, percorrendo chilometri a piedi, resistendo nelle acque gelate del mare, sfidando il freddo e la fame e affrontando, faccia a  faccia, tutti i pericoli che incombono nella natura incontaminata emergeranno gli istinti primordiali della sopravvivenza e dell'autoconservazione nonostante il protagonista abbia tutte probabilità di cavarsela a suo sfavore. Jan dovrà nascondersi dai nemici, gli uomini di un'instancabile Stage, ottenendo provvisorio rifugio presso famiglie di agricoltori sul confine che abbracciando la sua causa metteranno a rischio le proprie vite pur di aiutarlo nel limite delle possibilità. Ma l'ostacolo più difficile che l'uomo dovrà affrontare, il suo nemico più grande, è il suo stesso corpo, i propri limiti fisici e mentali messi a dura prova non solo dalle avverità ma anche da una ferita non trattata che tramuta in cancrena provocando notevoli squilibri psicosomatici. 

Sceneggiato dal norvegese Skavlan e magistralmente diretto, il film riesce nell'intenzione di rendere partecipi gli spettatori e immedesimarli nella dolorosa e ostacolata impresa del protagonista di raggiungere il confine e quindi la salvezza. Carico di momenti di elevata intensità emotiva, suspense ma anche spiccata sensibilità e fragilità puramente umana che avvolgono il protagonista e creano un giusto legame di empatia col pubblico. Indiscutibile è poi la potenza visiva dell'immagine, dalle sequenze dello scontro a fuoco in mare iniziale alla fuga tra i ghiacci e la neve, il dramma umano scaturito dall'orrore della guerra è reso vivido, preciso e quasi palpabile. Ma The 12th Man riesce a distaccarsi dai classici filoni di guerra e anche dagli schemi di un classico survival movie risultando piuttosto un equilibrato connubio di generi (guerra, dramma, azione, survival) rispettandone i canoni e la forma. 
Altro indiscusso pregio della pellicola è rappresentato dal fatto che evita accuratamente di indulgere nella retorica o spingere l'acceleratore dell'enfasi celebrativa nei confronti del suo eroe, tipica dei prodotti cinematografici a stelle e strisce. Naturalmente, a rubare la scena è lo spirito di resistenza umano, sia del protagonista che delle persone che incontra sul suo percorso, la voglia di riscattarsi e di vivere senza arrendersi alle insidie della guerra o soccombere sotto la pressione e la paura esercitata dall'occupazione nazista; ma ciò viene presentato in maniera armonica e convincente, priva di manichea retorica. 
Il film però si guadagna il dovuto rispetto e apprezzamento anche e sopratutto grazie alle interpretazioni convincenti, verosimili e impegnate. Da una parte quella di T. Gullestad che impersona in modo credibile un Baalsrud stremato ma inflessibile, un uomo che si aggrappa alle residue energie mentali per restare vigile, mentre dall'altra troviamo un Jonathan Rhys Meyers acutissimo, intelligente, rigido e meticoloso ma mai eccessivamente stereotipato da diventare macchiettistico nel ruolo di capo della Gestapo Stage. Anzi, J.R.M. offre una delle sue interpretazioni migliori e tra le più convincenti ed elevate degli ultimi anni che lo hanno visto oscillare tra prodotti tv e dvd di mediocre qualità. I meriti di questa pellicola vanno sicuramente estesi all'uso di un'eccellente fotografia in grado di immortalare e rendere vividi ed evocativi gli scenari unici e spettacolari del nord Europa immersi tra colori freddi e talvolta cupi ma sempre molto atmosferici e d'effetto che immergono pienamente lo spettatore nell'immagine. Bellissimo e quasi commovente il finale che sigilla il termine dell'impresa di Gullestad e che contiene una delle scene più belle, memorabili e d'impatto tra uomo e animale. 
Ottimo film che nonostante la sua lunga durata mantiene inalterata l'attenzione e che ripropone un epico racconto di resistenza e sopravvivenza. Da vedere assolutamente: 4,5/5.

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