Ritorno in Borgogna |
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Un film di Cédric Klapisch.
Con Pio Marmaï, Ana Girardot, François Civil, Jean-Marc Roulot.
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Titolo originale Ce qui nous lie.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 113 min.
- Francia 2017.
- Officine Ubu
uscita giovedì 19 ottobre 2017.
MYMONETRO
Ritorno in Borgogna
valutazione media:
3,18
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Quello che ci legadi ZararFeedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar |
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lunedì 30 ottobre 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film lieve e garbato, ma poco più. Con occhio affettuoso, ma – come è sua consuetudine - divagante e quasi distratto, Klapisch, il regista de L’appartamento spagnolo, rappresenta qui il problema della perdita e del recupero di “quello che ci lega”, il senso rassicurante di appartenenza ad una famiglia che definisce la tua personalità, ti rende più sicuro e più forte e ti permette infine di ricreare a tua volta legami solidi e duraturi. Dopo la morte del capofamiglia, un vignaiolo di Meursault in Borgogna, i suoi tre figli si ritrovano nella casa paterna: Juliette che non si è mai mossa di lì e porta avanti da sola l’azienda tra mille incertezze e difficoltà, Jérémie che vive nella vicina tenuta dei suoceri ricchi e invadenti, da cui si sente oppresso; e infine Jean, fuggito di casa dieci anni prima per sottrarsi ad un padre da cui non si è mai sentito compreso e finalmente approdato in Australia dopo aver girato mezzo mondo. Di fronte a problemi pratici pressanti legati all’eredità, che mettono a rischio l’esistenza stessa dell’azienda, i tre fratelli sono costretti a confrontarsi con quel che sono e quel che veramente vogliono, ora che nessuno è lì a condizionarne le loro scelte. E qui il regista crea un’associazione che sarà il volano della sua narrazione filmica: mentre il tempo passa e i protagonisti si interrogano e si tormentano ciascuno con i suoi personalissimi problemi, là fuori c’è un potente elemento unificante: la vigna di famiglia con i suoi ritmi immutabili sempre ritornanti, la vendemmia, la vinificazione, la potatura… E poi c’è un gran vino, il loro vino, da valutare, da riconoscere, da gustare… A poco a poco e proprio mentre stanno progettando di vendere tutto, i tre fratelli si fanno riassorbire dal richiamo della terra che è stata l’orizzonte della loro infanzia, dalle regole rigorose e dalle responsabilità di un lavoro che hanno nel sangue, e in questo processo ricostruiscono un forte legame tra loro e con il comune passato, si riscoprono famiglia e riscoprono il valori di una famiglia, indipendentemente da quelli che saranno i loro diversi destini. Nonostante le buone intenzioni del regista e la forza suggestiva del paesaggio borgognone, così profondamente umanizzato, il legame determinante tra il personaggio e il suo contesto naturale appare solo a tratti veramente profondo (bella in questo senso la scena della potatura) e i cambiamenti nella psicologia dei protagonisti sono più improvvisati e dichiarati che l’esito necessario di un processo riconoscibile. L’ironia è talvolta macchiettismo, i momenti seri sono più concitati che intensi. Migliore degli altri interpreti una espressiva Ana Girardot. Due stelle e mezzo.
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