Amour

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Un film di Michael Haneke. Con Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, William Shimell, Emmanuelle Riva, Rita Blanco.
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Titolo originale Amour. Drammatico, durata 127 min. - Francia, Austria, Germania 2012. - Teodora Film uscita giovedì 25 ottobre 2012. MYMONETRO Amour * * * * - valutazione media: 4,19 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Io e te da soli fino in capo al mondo Valutazione 4 stelle su cinque

di francesca meneghetti


Feedback: 7166 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti
sabato 27 ottobre 2012

L’ultima nuova rock è che i Rolling Stones stanno lanciando un nuovo disco. Per quanto evergreen nello spirito, gli anni passano anche per loro.Se gli anni’70 brulicavano di cantanti e musicisti “sbarbini”, oggi nessuno si stupisce più di vedere in scena dei "matusa". Anche nel cinema troviamo sempre più attori anziani, e storie che li vedono protagonisti. Non è da stupirsi, se si pensa alle dinamiche demografiche presenti nei paesi nord-occidentali, molto più anziani di quelli del sud-est, sia per l’allungarsi della vita, sia per l'alto numero dei figli del dopoguerra, giunti in massa alla terza età. Questo trend dà luogo a due possibili esiti: la rassicurazione ottimistica (basti pensare a “Tutto può succedere” o, sia pure con sfumature più pensose, al più recente “Marigold Hotel”), oppure la presa d’atto drammatica di quale sfacelo porti con sé quello che Leopardi definiva il “tempo amaro e lugubre della vecchiezza; vero e manifesto male, anzi cumulo di mali e di miserie gravissime”. Il regista Michael Haneke imbocca questa seconda strada: difficile e ostica anche per lo spettatore. Perché lo fa? Forse perché crede che l’arte sia, come sosteneva Aristotele, copia del vero? Non si direbbe, perché, pur tendendo il film alla mimesi, gli aspetti più crudi della realtà sono omessi o coperti dall’interposizione di persone od oggetti: una scelta raffinata, ma non verista. Inoltre perché compaiono dei passaggi simbolici (v. il piccione che entra due volte nella stanza), e dei sogni, o delle allucinazioni, che si infiltrano nel resoconto oggettivo. Sembra piuttosto che il suo scopo sia indagare sugli sconvolgimenti psicologici che la malattia e l’invalidità di uno dei due produce in una coppia tanto solida e collaudata (quanto isolata), e nel fortissimo sentimento d’amore che lega i due. Gli equilibri precedenti saltano completamente, infatti, quando uno dei due perde in forza, autonomia, dignità: la sofferenza più grande non è tanto fisica, quanto psicologica. Sta nel vedere e vedersi degradare nel corpo. Nel provare disagio e vergogna. Nello scoprire che un cervello sano può trascinare un corpo menomato solo fino a un certo punto. Nell’intuire che non c’è più un futuro davanti e che l’amore può essere ravvivato solo in brevi sprazzi di ricordo. A questo punto la coppia si chiude: evita i contatti con l’esterno persino con la figlia, troppo presa dai suoi problemi per avere tempo e voglia di curare la madre, ma che vorrebbe imporre soluzioni scientifiche e asettiche (le dà disagio avere sotto gli occhi quel corpo segnato dal male). E alla fine, la coppia risolve il proprio dramma da sola: chi agisce, presta le mani all’altro, ne interpreta la volontà, che è anche la propria. E’ l’amour che trionfa tragicamente. Il film è lento, perché la lentezza nei gesti e nei ritmi è tipica dell’età anziana. Si svolge tutto nell’appartamento della coppia, arredato all’antica, con mobili di legno scuro. L’unica apertura all’estero è data dalla finestra: anzi, da due. Quella della cucina e quella dell’atrio, affacciata su un cortile interno. Le atmosfere intime e un po’ cupe, così come i primi piani, volti a indagare i pensieri e i sentimenti, ricordano “Sussurri e grida”, film di Bergman del 1972. L’interpretazione dei due protagonisti è straordinaria e altamente professionale: merito di Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant. Meritano elogi anche i loro doppiatori Vittoria Febbi e, a quanto pare, Nino Prester.

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