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Dopo il bellissimo Una morte di troppo del 1985, Jean Poiret torna, l’anno dopo, a impersonare l’ineffabile ispettore Lavardin in un giallo dalla trama un po’ scontata con colpi di scena prevedibili e personaggi di contorno senza spessore. Ma, lo scopo di Chabrol, come al solito, non è tanto quello di mettere in scena le gesta dell’investigatore, acuto e brillante, chiamato a risolvere il mistero di turno e ad assicurare alla giustizia l’autore del delitto, in questo caso, eccellente, in quanto la vittima è un notabile del paese nonché scrittore di successo cattolico e bigotto, quanto quello di svelare il marciume che si nasconde dietro il perbenismo borghese della provincia francese. Poiret, tuttavia, sebbene ancora una volta si presenti come l’angelo vendicatore, sotto le mentite spoglie di un anonimo ispettore di polizia, non appare sardonico ed indecifrabile come nella precedente avventura di Poulet au vinagre. Questa volta Chabrol esagera ed il suo eroe non si limita più ad azioni poco ortodosse ma si pone totalmente al di fuori del diritto, divenendo egli stesso bandito tra banditi. Il messaggio è chiaro, ovvero in un mondo dove tutto è assurdo, come ripete un personaggio del film, il gestore della discoteca dove si drogano e bevono alcol anche i minorenni, interpretato da Jean-Luc Bideau, qualsiasi mezzo, anche illecito, è consentito per ristabilire un minimo di equilibrio e di giustizia sostanziale.
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