Tokyo Sonata

Un film di Kiyoshi Kurosawa. Con Teruyuki Kagawa, Kyôko Koizumi, Yû Koyanagi, Inowaki Kai, Haruka Igawa.
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Titolo originale Tôkyô sonata. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 119 min. - Giappone, Hong Kong, Paesi Bassi 2008.
   
   
   

Kurosawa apre la quinta parete nel set di Ozu Valutazione 4 stelle su cinque

di carloalberto


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venerdì 5 febbraio 2021

 Kurosawa apre una quinta parete, che introduce ad un mondo onirico o fantasmatico, dal quale entrano ed escono i quattro personaggi, in quello che fu il set preferito di Ozu, con le tre pareti domestiche, a racchiudere, complice la quarta parete, la cinepresa, l’incanto malinconico delle tradizioni avite che andavano svanendo pian piano. Nell’alternarsi epocale delle culture si rifletteva quello delle stagioni della vita, colti entrambi nello spettacolo del lento decadimento che prelude ad una imminente rinascita.
La casetta a due piani, vecchio stile, ai margini della metropoli, residuo di un passato destinato a scomparire, non a caso è collocata vicino ai binari, che indicano il passaggio veloce verso ignote destinazioni e ritorni improvvisi da un altrove misterioso, sempre possibile quanto inaspettato.
La fase di transizione è terminata, ma la primavera non è mai sbocciata in Giappone. Il gelo è calato ed i sentimenti sono avvizziti, quel che rimane dell’antica famiglia patriarcale giapponese sono quattro fantasmi, ognuno perduto nel suo mondo immaginario.
Il figlio maggiore, che crede fermamente, arruolandosi nell’esercito a stelle e strisce, di servire comunque la propria patria, rappresenta la nuova generazione totalmente americanizzata. Tornerà a casa dalla guerra in medio oriente, come fantasma, pentito della sua scelta.
La madre, che prende la patente senza avere l’auto, sognando di guidare il nuovo modello alla moda, rappresenta lo spirito consumistico che anima le masse. Verrà condotta in una dimensione spirituale da uno psicopompo alle prime armi, che in vita faceva il chiavaiolo, ossia apriva serrature ed adesso apre le porte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. In quel luogo surreale, in riva ad un mare ignoto, scopre, al di là dell’orizzonte, la luce misteriosa che illumina le tenebre della notte e dell’anima. Al mattino  la luce del sole appena sorto le rischiara il volto, illuminandolo, in una sorta di ascensione che richiama alla mente la redenzione cristiana e l’assunzione in cielo di una moderna Madonna.
Il padre, che tenta di mimare l’autorevolezza del capofamiglia di un tempo, che era dotato di un naturale carisma trasmesso per tradizione, rappresenta il mondo arcaico, vittima della concorrenza dei nuovi schiavi, lavoratori a basso costo, e viene fagocitato dal mercato che lo priva del lavoro e della dignità. Morirà investito da un’auto e tornerà trasformato alla famiglia soltanto dopo aver compiuto un gesto catartico di estrema onestà.
Il figlio più piccolo, che non si inchina davanti al potere, smascherandone anzi, con la violenza della verità, l’ipocrisia, è il simbolo del possibile o meglio auspicato rinnovamento spirituale del suo Paese attraverso l’arte e la poesia.
Il vostro spirito è un paesaggio eletto, incantato da maschere che suonano il liuto e danzano bergamasche, quasi tristi nei loro travestimenti fantastici. Questi sono i primi versi del Claire de lune di Verlaine che ispirò l’omonimo terzo movimento della suite di Debussy, che il ragazzo suona al pianoforte davanti ad un pubblico ammutolito ed estatico.
Il ragazzo terminata l’esecuzione del brano, in cui si evoca l’anima quale unica creatrice di paesaggi immaginifici in cui si muovono smarrite le persone ridotte a maschere, esce dalla sala nel silenzio attonito dei presenti accompagnato dai genitori. Il dubbio che si tratti di due fantasmi nasce dall’ambiguità dei sentimenti del regista, diviso tra l’angosciosa celebrazione del funerale della famiglia e degli antichi valori e la speranza nella palingenesi morale della società, mediante una morte metaforica che è invece sogno rivelatore o esperienza traumatica. Ambedue  conducono ad una evoluzione dello spirito che alla fine raggiunge la pace nell’armonia e nella bellezza della musica.
Allo spettatore resta la scelta. Chiudere la quinta parete, dopo le incursioni oniriche, tornare al set di Ozu e credere che sia possibile, nella realtà del moderno Giappone, la fioritura di una nuova primavera, oppure, abbandonandosi al pessimismo, pensare che oramai sia tutto morto, irrimediabilmente inaridito nell’inverno consumistico e capitalista seguito alla guerra, e che il rinnovamento interiore si possa realizzare soltanto in una dimensione altra, forse ultraterrena, da dove le anime ravvedute tornano sulla terra, come ectoplasmi, per rimediare agli errori fatti in vita.

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