Il sindaco del rione Sanità

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Un film di Mario Martone. Con Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Adriano Pantaleo.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 115 min. - Italia 2019. - Nexo Digital uscita lunedì 30 settembre 2019. MYMONETRO Il sindaco del rione Sanità * * * - - valutazione media: 3,19 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

il meccanismo si è rotto Valutazione 2 stelle su cinque

di carloalberto


Feedback: 51003 | altri commenti e recensioni di carloalberto
lunedì 7 ottobre 2019

 Il sindaco del rione Sanità di Eduardo è un’opera complessa e congegnata come un orologio svizzero dove ogni parte è collegata alle altre e tutte sono indispensabili al corretto funzionamento dell’intero meccanismo. La tragedia individuale è calata nel dramma sociale che a sua volta è veicolato da una storia ispirata ad un personaggio realmente esistito e vissuto a Napoli in una determinata epoca. Il protagonista, Antonio Barracano, appartiene alla lunga teoria di personaggi eduardiani rosi da una mania, in questo caso è la mania della giustizia, in altri l’oggetto della fissazione è il gioco del lotto (Non ti pago) o il desiderio dei soldi (Questi fantasmi) o  fare il presepe (Natale in casa Cupiello). Sono tutti uomini traumatizzati dalla vita che si rifugiano in un’idea maniacale, che, allo stesso tempo, costituisce una fuga dal mondo e una ossessione che li divora consumandoli.
Al centro della scena, motore immobile di tutto quello che accade, c’è il senso di colpa di Antonio Barracano, il rovello che lo affligge per aver ucciso da giovane un uomo in modo efferato per reagire ad un’ingiustizia subita. Quando il destino gli offre l’occasione di espiare, è come se avesse atteso quel momento da tutta la vita. Emblematica ed evocativa in tal senso la scena in cui il ragazzo, ossessionato dall’idea di uccidere il padre, abbraccia e accarezza Barracano, in modo inusuale e decontestualizzato, a simboleggiare sia lo sdoppiamento del protagonista nel suo lato oscuro e angosciante, sia la lusinga del destino che giunge per offrire la possibilità dell’estremo riscatto.
In una catarsi liberatoria Barracano morirà ferito da una lama, arma che egli stesso suggerisce al proprio carnefice raccontandogli, qualche ora prima, nei dettagli, il fatto di cronaca di cui fu protagonista e che fece notizia, l’assassinio di un guardiano di una tenuta con relativo processo, in cui però era stato assolto per legittima difesa grazie all’ausilio di falsi testimoni. Barracano versa il suo sangue per evitare che un giovane, in cui si riconosce, si macchi di parricidio e nell’ultima scena organizza una tavolata con gli amici-seguaci e con il giuda che lo ha tradito, offrendosi come agnello sacrificale, in una simbolica ultima cena, per mondare i peccati del rione Sanità.
La tragedia individuale è originata dal dramma sociale, dalle ingiustizie che Barracano ritiene lo abbiano condotto all’omicidio e che sono quindi per lui la vera causa del suo tormento interiore, le stesse ingiustizie che deve subire il popolo a causa dell’ignoranza e della miseria culturale ed economica in cui è tenuto dalla classe dominante per essere sfruttato. Da qui nasce il Barracano eroe negativo, il dispensatore di giustizia con mezzi illeciti che si sostituisce allo Stato assente per creare utopisticamente una società migliore, a cui Eduardo contrappone la figura del dottore, che rivendica, invece,  la possibilità di perseguire lo stesso fine con l’onestà e la legalità.
Martone ambientando il dramma ai giorni nostri ha modificato un elemento essenziale del meccanismo che rendeva credibile, nella versione originale, la storia personale di Barracano ed il suo ruolo nel quartiere, entrambi legati a filo doppio con la tragedia individuale ed il dramma sociale. Nemmeno lo stesso Eduardo, curando l’adattamento televisivo del ’79, osò attualizzare il dramma e lo ambientò nel 1960. E’ impossibile, infatti, attualizzare un’opera che è legata indissolubilmente al contesto storico e sociale in cui è ambienta. La figura del guappo, il Sindaco del rione Sanità, come fu anche rappresentato nel memorabile episodio del L’Oro di Napoli di Vittorio De Sica del 1954 con Totò, a Napoli non esiste più da decenni. Oggi non c’è più spazio per queste figure intermedie e quasi mitologiche, metà galantuomo e metà uomo d’onore, che facevano da ammortizzatori sociali. Oggi c’è un abisso incolmabile tra la società civile onesta e i criminali di Gomorra. In mezzo c’è la zona grigia, sempre più estesa, degli affaristi senza scrupoli, dei colletti bianchi, che badano soltanto ai loro interessi e non si sognano nemmeno di fare da pacieri o di portare giustizia laddove non c’è.
E poi, altro che trasposizione integrale. Tagliare la scena madre del dottore, che, nella versione originale, nel finale si riscatta ergendosi a paladino di un nuovo senso di legalità, a prescindere dalle intenzioni dell’autore, peraltro non chiare, vuol dire eliminare lo spirito didattico-educativo che pure era parte integrante dell’opera e del pensiero nonché della vena artistica di Eduardo.
La modernizzazione effettuata attraverso l’involgarimento e la gomorrizzazione degli arredi, dei personaggi minori e del protagonista non soltanto risulta per nulla credibile per quanto detto innanzi, depotenziando di fatto l’intensità dei temi universali e senza tempo al centro della tragedia e del dramma veicolati dalla storia contingente, ma contrasta anche in modo stridente con il tenore piccolo borghese del linguaggio utilizzato da Eduardo, qui ed in tutte le sue commedie, per i dialoghi, lasciati da Martone pressoché identici a quelli originali.
Qualche scena di esterni girata alla Sanità e una panoramica aerea ripresa con un drone sulla periferia di Napoli non trasformano l’opera teatrale in un film. Il Sindaco rimane sul palcoscenico, come del resto negli adattamenti televisivi del 1964 e del 1979 dello stesso Eduardo.
Il luogo deputato alla rappresentazione della tragedia classica rimane il teatro.
Martone, a mio avviso, non ha dato il giusto risalto, forse preso dalla “mania” di modernizzare l’opera, alla centralità del dramma interiore di Barracano, che non è un mezzo camorrista che grazie al timore che incute nella gente  mette pace nel quartiere, ma al contrario è un uomo ossessionato dall’idea che nel mondo vi deve essere giustizia che diventa o meglio si atteggia a uomo d’onore.
Inutile, infine, il confronto tra gli attori delle tre versioni citate. Francesco Di Leva, Roberto De Francesco ed in particolare Massimiliano Gallo, padrone oramai di una recitazione asciutta ed essenziale, alla Eduardo, sono bravissimi, e tanto basta.
 

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enzo martedì 1 novembre 2022
guappo non c''è più
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Ottima analisi sulla catarsi del Baraccano e figura del guappo non attualmente reale

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