Soledad

   
   
   

(Oc)cupa(zione) tav Valutazione 3 stelle su cinque

di loland10


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martedì 18 giugno 2019

Soledad” (id., 2018) è il primo lungometraggio della regista argentina Agustina Macri.
Il diritto e la legge sono sopra la cieca violenza”. Lo Stato si dichiara contro chi esprime veemenza terroristica (dalla voce della Polizia nel film).
Pellicola introvabile (dalla distribuzione minima e dal percorso difficile) e quasi nascosto da tutti. Dopo la proiezione a Roma ha trovato 26 sale (non Torino) per la visibilità. A metà giugno nel nostro Paese siamo già in clima (in tutti i sensi) di grande pausa da grande schermo nonostante promesse e argomentazioni.
Film dei volti in primo piano, di schermaglie visive, di arrabbiature corporee, di espressioni forzate e di modi non lineari. Tratti oscuri, ambienti tetri, fotografia grigia e movimenti ansiogeni. Anarchia e potere contro, velleità e gruppo solidale, occupazione e scontri. Violenza e interessi economici, teste calde e ferrovia in Val di Susa. Una serie di passaggi brevi, di pochi mesi, nel 1998, e i fati da minimi e serrati diventano di carcere e di annullamento della vita. Il destino di alcuni sembrano segnati da subito e i volti interagiscono con forza dentro l’incubo di una redenzione inesistente. Occupare illegalmente, sfogare idee libere, scontrarsi dentro e fuori il Palazzo con modi oltremodo sopra le righe. L’anarchia dei cosiddetti ‘lupi grigi’ richiama momenti tragici tra la legge pura e il loro gruppo.
La ragazza Maria Soledad Rosas (nata a Buones Aires nel 1974) arriva in Italia dall’Argentina nella città di Torino nel 1997. La conoscenza improvvisa di Edoardo Massari, detto “Baleno”, in un centro occupato le cambia la vita. Soggiogata, ammagliata, frastornata e innamorata del suo Baleno. E il tragitto insieme diventa una ‘storia’ che ancora oggi rimane ferma: ‘Sole e Baleno’, tra Torino, la Val Di Susa, le occupazioni e la costruzione della Tav. Il film è  tratto dal romanzo "Amor y Anarquía" di Martin Caparros.
Nel marzo del 1998 la coppia Edoardo e Soledad viene arrestata per atti di terrorismo compiuti contro la costruzione della ferrovia Tav in Val di Susa e atti di banda armata. Poco dopo le vite dei due hanno una fine tragica. Viene trovato morto Baleno nella sua cella nel carcere di Torino mentre a luglio dello stesso anno la ragazza viene trovata morta a casa, nella vasca da bagno, dove si trovava agli arresti domiciliari. Tragedia doppia e misteri non tutti irrisolti. Come si diceva a Torino il film non è stato distribuito. Le polemiche evidentemente non sono assopite, tutt’altro, negli anni. Una storia intricata, difficile, da capire e da chiarire. Dopo oltre vent’anni molte cose sono ancora da indagare.
Soledad appare una ferita apertissima a quello successo e un diverbio irrisolto tra maestranze varie e gruppi eversivi contro.
Omaggio di rispetto verso avvenimenti tristi e episodi quanto mai non chiariti: la morte porta sempre con se strascichi, indagini e notizie mai chiarissime.
Languide immagini, livori e amori interiori, forze innaturali come anarchismo puto con volti intrisi di velleità quasi impossibili.
E in questo documento fa capolino, in modo forte, un’amicizia corporea invera e discussioni di principio pieni di misure colme e sovrappiù di aggiustamenti imprigionarti.
Dal carcere pare volare, senza mai vederli, l’Icaro del sogno e del no a ciò che il potere vuole. La Tav come ricongiungimento di spazi incontaminati e di purezze naturali oramai dischiuse.
Anarchici Sole e Baleno con un chimismo contrapposto e uno sguardo di velleitarismo epocale e di rifulgente passione oltre ciò che i corpi possono dire. Il possesso delle idee e il frastuono degli occhi di ciascuno. Per amore irrisolto una lotta che è un grido di vendetta spuria. 
Desiderare la libertà, confondere ogni cosa, vilipesa ogni idea e la morte dell’amato Baleno getta Soledad (‘solitudine’ mai nome come un marchio di una vita) in uno sconquasso esistenziale ultimo. La visita all’obitorio, il pianto affossante, le lacrime teatranti, il dito medio contro, il silenzio nelle urla e il domicilio costretto per un finale abnorme è pieno di domande. La morte contro lo Stato, la morte come segno di rispetto, la morte come un mistero di cui sappiamo la superficie.
Un film-documento dove alcune scene sono lontane, il carcere rimane senza entrata e gli iposodi ultimi tenuti lontani per rispetto, decenza e discrezione delle persone coinvolte.
Edoardo ha il volto di Giulio Maria Corso: truce, intenso, assorto e scontroso. Sole ha le sembianze di Vera Spinetta: figura complessa e irrisolta con modi e sfoghi che rimangono oltre lo schermo. Una recitazione appassionata e mai doma. Fotografia di Daniel Ortega: oscura e scarna, cupa e asciutta nei colori.
Regia: fisica, vivace, attaccata e intensa. Un lavoro di onesta fattura per una conoscenza dei fatti o meglio per un modo per interrogarsi. Opera prima interessante. Voto: 6,5/10 (***).

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