In Mani Sicure

   
   
   

L'inizio di una commovente e delicata avventura. Valutazione 4 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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martedì 11 giugno 2019

Pupille presenta in modo impeccabile e realistico, quasi documentaristico, una delle più commoventi e delicate avventure che esistano: quella della nascita di un bambino, del suo immediato percorso di sviluppo, sin da quando inizia a reagire agli stimoli e agli input forniti, necessari e indispensabili per il suo sviluppo cerebrale, cognitivo ed emotivo, fino alla coronazione di un sogno, tanto per il bimbo quanto per la madre: quello di ricongiungersi e ritrovarsi in mani sicure. Perchè effettivamente come descritto dalla sig.ra Gandolfi, Pupille è sostanzialmente la storia di un dolcissimo e agoniato incontro, tra una madre e suo figlio anche se il loro non è un legame biologico ma il risultato di una lunga, quasi interminabile attesa per l'adozione. 
Jeanne Herry, senza mai perdere un briciolo di umanità e sensibilità, virtù e caratteristiche indispensabili per un racconto del genere, riesce a costruire impeccabilmente una storia estremamente verosimile sul meccanismo di adozione che si attiva non appena la madre biologica decide di lasciare suo figlio in ospedale e firma i documenti necessari a renderlo disponibile all'adozione.
Privando il racconto di ingombranti e inadatti giudizi morali, la Herry semplicemente osserva e descrive l'evolversi degli eventi, ossia, una vera e propria reazione a catena che coinvolge esperti dell'infanzia, psicologi, educatori specializzati, assistenti sociali, infermieri e ostetriche. Ed è esattamente questa serie di persone, di storie, di tasselli che formano questa meravigliosa opera corale animata da grande empatia e sensibilità che descrive minuziosamente il processo dell'adozione partendo giustamente dal momento della nascita del bambino e del consecutivo abbandono, anonimo, da parte della madre che sceglie di affidarlo allo Stato. Ecco allora che parte un'indispensabile e complessa corsa contro il tempo, poichè il bambino nell'arco dei due mesi che lo searano dall'adozione (secondo la legge francese) dovrà essere preso in carico dal personale specializzato che se ne dovrà occupare a tempo pieno, sette giorni su sette, per poter garantire la salute e sopratutto il normale sviluppo psicofisico del bambino. Il bambino, ribattezzato provvisoriamente Theo, inizia così la sua avventura e attiva uno scrupoloso meccanismo che da un lato deve occuparsi del suo benessere e vigilare sui suoi progressi evolutivi, sul suo stato di salute, sulle risposte corrette agli stimoli (il contatto fisico, visivo e vocale con i suoi tutori), ma dall'altro lato deve valutare diligentemente le opzioni di adozione, il profilo delle persone (coppie e single) che sono in attesa da anni di un responso positivo, in attesa di coronare il proprio sogno di abbracciare un bambino, accoglierlo e crescerlo. Un'impresa tutt'altro che facile che vede il coinvolgimento di molteplici persone, a cui viene affidato il delicato compito di valutare attentamente i candidati all'adozione e decidere a chi verrà infine affidato Theo. Un processo difficile, che richiede l'anima e il cuore di tutti coloro che agiscono in sincronia per garantire la sicurezza del bambino. Un percorso che deve necessariamente avere esito positivo, un lieto fine in cui Theo veramente arriverà in mani sicure (Safe Hands non a caso è il titolo di distribuzione anglofona) anche se durante questo lungo periodo di incertezza, indecisione e insicurezza -durante il quale la madre biologica può revocare la sua decisione- ogni ingranaggio di questo meccanismo sociale deve funzionare alla perfezione. E Theo si ritrova davvero in mani sicure sin dopo la sua nascita, grazie all'affidamento temporaneo a Jean, assistente sociale che ospita temporaneamente bambini e adolescenti dal background famigliare difficile ma anche uomo incredibilmente premuroso che si occupa personalmente e irrinunciabilmente alla cura del piccolo orfano, il Pupille (de l'etat) del titolo originale. Aiutato nel arduo compito da Karine, educatrice specializzata nell'infanzia che nutre sentimenti per Jean, l'uomo riesce a gestire positivamente l'incarico mentre procedono parallelamente le pratiche burocratiche che costellano e accompagnano la crescita del bambino nei due mesi di tempo a disposizione per prendere delle decisioni definitive sul suo futuro.
Ecco dunque che Herry riesce nel difficile intento di coniugare il racconto documentaristico sui retroscena dell'adozione a una storia piena di sensibilità e tenerezza che guarda verso il neonato con grande rispetto e intensità emotiva. Si realizza così un film corale che riesce a radunare e amalgamare sapientemente i punti di vista e le emozioni differenti che scaturiscono in ognuno dei vari protagonisti accomunati da un unico evento, la nascita di Theo, bambino sotto la protezione dello Stato per i suoi primi due mesi di vita che provoca inconsapevolmente una serie di sconvolgenti cambiamenti, tutti in senso positivo, nella vita delle persone che devono farsene carico. Costantemente animato da una grande empatia nei confronti del suo piccolo protagonista, quasi sempre al centro dell'attenzione sia della regista che dei protagonisti dell'opera, quello di Theo è contemporaneamente una meravigliosa storia d'incontro e d'amore e una illustrativa lezione cinematografica su ciò che avviene realmente prima di finalizzare un'adozione. 
Un film scritto e girato col cuore e supportato da un grande cast di attori perfettamente calati nel rispettivi ruoli; da una nevrotica Kimberlain che soffoca la sua ansia (personale e professionale) in una serie di gummy bears, alla sempre espressiva e qui fragile Bouchez che dopo anni di attesa riesce finalmente a coronare il suo sogno per finire ovviamente col grandioso Lellouche, centrale e indiscusso co-protagonista nelle vesti uomo che si assume un ruolo (stereo)tipicamente materno e femminile, accudendo il bambino e occupandosene 24/7 premurandosi specialmente di favorire il suo fisiologico sviluppo psicomotorio prestando attenzione alle risposte che il piccolo comunica (o meno) in relazione agli stimoli/ input forniti. Particolare attenzione viene infatti data all'importanza dei primi giorni, e mesi, di vita del neonato per gettare le basi di una sana crescita, e anche da qui si denota come la regista abbia studiato approfonditamente l'argomento e non lasci nessuna scena o sequenza al caso.
L'adozione è un tema complesso attorno al quale aleggia ancora un alone di incomprensione e questo film ci guida passo passo nei retroscena burocratici che si avviano dal momento in cui un neonato viene dichiarato come adottabile, anche se chiaramente si riferisce alle norme in vigore francesi. Offrendo così uno sguardo lucido e sensibile, Pupille, si trasforma in un metaforico viaggio verso una destinazione sicura e felice, dove un bambino abbandonato in ospedale grazie all'intervento tempestivo del personale specializzato riesce a raggiungere il suo porto sicuro nelle braccia di Alice. Un viaggio educativo, informato, emozionante e dolcissimo.
Un film adatto a tutti ma che si rivolge specialmente alle famiglie, in grado di trasmettere calore ed emozione fino all'ultima scena e ottimizzando il tempo a disposizione per presentare e delineare adeguatamente ognuno dei molteplici personaggi coinvolti nel racconto, Pupille dimostra di essere un prodotto maturo, ben scritto e diretto, corale ma pur sempre bilanciato e armonico dove i vari personaggi e passaggi non sono sconnessi o appena accennati ma servono una funzione ben precisa.
In definitiva si tratta d'un film notevole che merita di essere scoperto: Voto 3,5/5.

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