High Life

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Un film di Claire Denis. Con Robert Pattinson, Mia Goth, Juliette Binoche, Lars Eidinger.
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Titolo originale High Life. Fantascienza, durata 110 min. - Gran Bretagna, Francia, Germania 2018. - Movies Inspired uscita giovedì 6 agosto 2020. MYMONETRO High Life * * * - - valutazione media: 3,30 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

High Life: Perdizione e Speranza dell'Umanità. Valutazione 3 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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domenica 9 giugno 2019

Il primo film anglofono di Claire Denis si presenta come un'opera dall'atmosfera suggestiva, ipnotica a tratti mistagogica e densa di riferimenti filosofici sulla natura dell'uomo ma, tuttavia, alla fine di questo viaggio interstellare gli interrogativi che si sono accomulati restano volutamente irrisolti lasciando ampio spazio all'interpretazione personale e rischiando di deludere chi si aspetta delle risposte concrete e definitive. Di conseguenza però tali elementi accrescono il fascino di questa pellicola soffocante e conturbante
High Life è un'opera che rifugge dai generi prestabiliti e canonici eppure risulta saldamente ancorata nella fantascienza più pura che si presta meglio di qualsiasi altro genere cinematografico a digressioni filosofiche sulla natura dell'uomo ponendo interrogativi atavici riguardo il destino dell'umanità e il senso della nostra intera esistenza. Le questioni esistenzialiste non sono però l'unico aspetto che intriga Denis in questo claustrofobico e irreversibile viaggio ai confini dell'universo, volto all'esplorazione di nuovi orizzonti e al raggiungimento di nuovi mondi, o forse semplicemente di nuove dimensioni a noi sconosciute, per salvare l'umanità dall'era interminabile del Kali Yuga che viene sapientemente menzionato. In realtà la regista francese riesce a mettere in scena un racconto conturbante e suggestivo che esplora le pulsioni e i desideri sessuali delle persone, evidenziando le dinamiche e i meccanismi che si attivano negli individui quando essi devono affrontare condizioni di sopravvivenza estreme, come la convivenza forzata all'interno di una navicella programmata per continuare il suo eterno viaggio nell'oscurità cosmica più assoluta e insondabile, affrontando questioni come la l'isolamento, la solitudine, la convivenza col proprio passato, la morte e l'avvicinamento all'ignoto, rappresentato da un buco nero che assumerà una precisa funzione narrativa nel finale. 
E questa oscura e pessimista metafora sull'umanità decadente e condannata a soccombere alle sue pulsioni primordiali, tra cui sesso e violenza, che deve per forza sopravvivere a migliaia di anni luce dalla Terra, viene messa in scena in modo decisamente originale e spiazzante: un uomo e una neonata da soli, a bordo di una navicella spaziale senza possibilità di ritorno. Due anime alla deriva, con limitate risorse e dal destino segnato che devono andare contro ogni probabilità di sopravvivenza e resistere. Un faro di vita e salvezza nel mezzo del vuoto cosmico, del silenzio più assoluto e assordante che come naufraghi spaziali continuano in questo irreversibile viaggio verso l'infinito, la morte o forse verso una nuova vita oltre il buco nero verso il quale sono diretti e che li inghiottirebbe comunque. Monte (Pattinson) e Willow sono gli unici ospiti a bordo ma non sono sempre stati soli e attraverso flashback su piani temporali differenti veniamo a scoprire l'origine della missione, i motivi della scomparsa del resto dell'equipaggio e il perchè furono scelti per una missione di sola andata nello spazio. Tutti condannati a morte che hanno deliberatamente scelto di partecipare a un esperimento inquietante, quello di vagare in eterno per una missione il cui scopo era trovare fonti energetiche alternative, al di fuori del nostro sistema solare, per salvare la Terra dall'incombente catastrofe. Ma questo non è che un pretesto, una cinica metafora su quello che potrebbe essere il destino riservato agli ultimi, ai relitti umani, agli scarti di una società che non ha più la voglia o la forza per mantenere dei criminali, e che se ne disfa senza remore o pentimenti come le cavie da laboratorio. Ex ergastolani che devono affrontare un ergastolo più lento e perverso e che esattamente come gli animali (in questo caso i cani) sono le prime vittime sacrificali di un sistema logorato e moribondo, un sistema sull'orlo del collasso che non è più in grado di riconoscere i diritti umani (e animali) e il loro valore universale e trasversale. 
Ma sulla navicella avrà inizio un nuovo tipo di tormento, poichè la dott. Dibbs (Binoche), una sorta di capo di questo gruppo di disperati, ossessionata dall'idea di creare la vita nello spazio, conduce esperimenti di riproduzione raccogliendo il seme maschile e inseminandolo artificialmente nelle ragazze.Tutti partecipano meccanicamente agli esperimenti e nessuno a il potere necessario per ribellarsi. Ma le scarse condizioni atmosferiche e le radiazioni cosmiche rendono difficile sia il concepimento che la sopravvivenza del neonato, senza tuttavia che questi fatti facciano desistere Dibbs dal suo intento. Tant'è che un giorno l'esperimento ha esito positivo; Willow nasce da una violenza sia nei confronti di Monte che di Boyse (Goth), la madre che viene costretta contro la sua volontà a portare la gravidanza a termine ma la sua nascita scatenerà una serie di catastrofiche reazioni a catena. Ma questa piccola e indifesa creatura rappresenta la bellezza, l'innocenza, la meraviglia di una nuova vita nata contro ogni aspettativa e probabilità rappresentando l'ancora di salvezza per Monte. Tuttavia, in un crescendo di violenza (sessuale e fisica), attacchi di rabbia, malattie incurabili (come la leucemia), la sanità mentale e la resistenza morale dell'equipaggio forzato a vivere negli angusti spazi della navicella n.7 e a condividere speranze e paure inizia a vacillare e le sorti sembrano segnate.
L'unico a resistere senza cedere alle pulsioni primordiali e insite nell'essere umano è proprio Monte, ma la sua resistenza è contemporaneamente una benedizione e una condanna. Ed ora Monte non ha altra scelta se non quella di affrontare un ruolo inedito, una missione completamente nuova per lui e per la quale si trova impreparato: crescere un figlio, nel mezzo del nulla, garantendogli amore e protezione mentre il moto inarrestabile della navicella procede verso l'infinito e l'ignoto. Condannando se stesso e sopratutto Willow ad una esistenza confinata (letteralmente) nello spazio e nel tempo, costretta ad un isolamento innaturale dal resto del mondo e affrontando le implicazioni e conseguenze di questa reclusione, della mancata crescita psicoemotiva della ragazzina. L'ultima possibilità rimasta, dunque, per loro è quella di addentrasi e provare a varcare quel buco nero, che ricorda visivamente il Gargantua del Capolavoro Interstellar, nel tentativo di fare un nuovo inizio e riscoprirsi pionieri di un nuovo mondo, dimensione o semplicemente di una realtà diversa, lontana da tutte le nostre certezze e aspettative, una realtà dove ritrovare fondamentalmente se stessi.
Non ci è dato sapere per certo cosa vi sia oltre quel buco nero ma sappiamo che rappresenta un nuovo inizio, un luogo oltre lo spaziotempo e le leggi della fisica che conosciamo, l'ingresso verso una nuova dimensione, forse semplicemente idealizzata e irreale, dove come in Interstellar domina l'amore incondizionato tra un padre e una figlia (anzi, esattamente come accade con Cooper e Murph). Ma quel metaforico gargantua, quel punto luminoso nell'universo che spezza violentemente il nero abissale e siderale dello spazio profondo e sfida le leggi della fisica che conosciamo simboleggia certamente un traguardo raggiunto di libertà dopo anni di soffocante reclusione all'interno della navicella n.7. Dopo anni di vagabondaggio intergalattico.
Soffocante e disturbante, caratterizzato da una lentezza narrativa costante ma animato da esplosioni di violenza inaspettata High Life non è il tipico film di fantascienza ma è un'opera ben strutturata che segue i suoi ritmi e i suoi schemi narrativi. Claire Denis sceglie una messa in scena esasperante per toccare vari aspetti intrinsecamente umani. A partire dalla sessualità, che qui è una tematica centrale ma totalmente distaccata da ogni concetto di amore o desiderio reciproco tra gli individui. Il sesso qui segue le declinazioni più fredde, meccaniche e violente, dalla Box ad uso strettamente personale, come dimostra una lunga scena dall'aura iniziatica e ritualistica con Binoche, al vero e proprio abuso. Del resto il desiderio sessuale non trova sfogo e viene respinto (come nel caso di Chandra con Dibbs) oppure represso (strada che intraprende Monte). Ma il sesso e il nostro rapporto con questo naturale istinto non è l'unico aspetto toccato in un prodotto che affonda le mani in tematiche quali i limiti ai quali siamo disposti a spingerci nel nome del progresso, la solitudine e i suoi devastanti effetti, l'amore salvifico che si instaura tra un padre e una figlia anche quando non c'è più niente per cui valga la pena resistere, combattere, sopravvivere. Gli unici legami, infatti, dell'equipaggio con la madre Terra sono unicamente rappresentati da un giardino che coltivano con pazienza e dedizione. Un piccolo giardino dell'Eden nel cuore profondo dello spazio che accompagna questi reietti e gli ricorda le loro origini, la loro vita precedente. Non a caso le scene più belle, poetiche e umane del film sono quelle all'interno del giardino, evocative e quasi mistiche, immagini che ci ricordano la bellezza e preziosità della Natura e ci riconnettono alla parte più spirituale insita in ognuno di noi. Il giardino rappresenta in fondo la speranza, la rinascita, la crescita ed è simbolicamente necessario in un luogo sostanzialmente privo di tutte quelle caratteristiche, caratterizzato unicamente dal vuoto cosmico che avvolge i protagonisti, metaforicamente e no.
Supportato da una fotografia e da un'estetica vibrante e intensa che si avvale di colori forti e spiccati contrasti, virata sulle tonalità arancione, blu e rosso il film riesce abilmente a creare un'atmosfera claustrofobica e asfissiante lenita appunto dalle sequenze nel giardino. Bravissimo naturalmente Pattinson, attore ormai conclamato che ha dimostrato più volte il suo amore e supporto per pellicole indipendenti nelle quali ha dato il meglio di se (come non ricordare il distopico The Rover o l'adrenalinico Good Times), che qui sorregge il peso della pellicola sulle sue spalle benchè sia supportato da una sempre enigmatica e affascinante Juliette Binoche e una convincente Mia Goth in un ruolo che le calza a pennello. In definitiva si tratta di un film decisamente particolare e non destinato a un pubblico generalista. A tratti perturbante e sconvolgente, può giustamente sembrare visivamente troppo spinto o indigesto data non solo la violenza di alcune scene ma la grande quantità di liquidi organici che vengono esplicitamente mostrati quali sangue, sperma, saliva, latte materno. I fluidi organici presenti in High Life sono abbondanti e aiutano a creare un'opera diretta, esplicita, verosimile che mette, figuratamente o meno, a nudo la natura umana in tutte le sue declinazioni. Ma resta un film decisamente originale e interessante, un incrocio di generi e un'immersione visiva in una opera elettrizzante e dagli inequivocabili spunti di riflessione filosofici. Non è Interstellar (capolavoro unico e irripetibile), e non potrebbe nemmeno esserlo, ma nel suo genere resta un piccolo gioiello, e in qualsiasi ottica lo si voglia considerare, difficile da scordare. Voto: 3,5/5.

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