FERNALDO DI GIAMMATTEO
Fra televisione, cinema e teatro lirico, si ammanta dei panni - talora autentici e sgargianti, talaltra frusti - dell'eversore: dei costumi, della morale, del linguaggio consueto. Muove da un diploma nautico, naviga e serve nella RAF, si trasforma in ballerino e in attore, si dedica alla fotografia e al cinema amatoriale, infine approda alla BBC. È un visionario che ricama intorno alle biografie dei musicisti, con talento notevole. Dopo un esordio un poco in sordina, piomba nel cinema con un concitato film di spionaggio (Un cervello da un miliardo di dollari, 1967) e con la rutilante trascrizione d'un romanzo di D.H. Lawrence ( Donne in amore, 1969) che fa guadagnare alla puntuta Glenda Jackson l'Oscar. In seguito le provocazioni di questo inglese, che considera lo spettacolo una sorta di arena dove non si debbono rispettare né regole né buon gusto, sono una più stridente (e anche affascinante) dell'altra. La più persuasiva e acuta - anche dal punto di vista della storia della musica - è la biografia di Cajkovskij (L'altra faccia dell'amore, 1971). Più «scandalosa» ma più confusa - troppi scompensi tra la psicologia e la polemica ideologica - è la rievocazione di un celebre processo di stregoneria, magnificamente interpretata da Oliver Reed e Vanessa Redgrave (I diavoli, 1971).
Il resto è, in genere, un ripercorrere sentieri già percorsi, con una accentuazione dei toni e delle sgradevolezze. Messia selvaggio (1972), biografia dello scultore Henri Gaudier, fa eccezione, perché si presenta in vesti piuttosto dimesse, al contrario dei fiammeggianti La perdizione (1974), biografia inattendibile (ma non falsa) di Gustav Mahler, Lisztomania (1975), un guazzabuglio che coinvolge Wagner, il rock, uno scatenato erotismo e l'orrore, Stati di allucinazione (1980), un pasticcio sanguinolento dove brutalità visiva e incongrue riflessioni psicoanalitiche si mischiano con fatica.
Russell vale, nonostante tutto, per gli eccessi, come in China Blue (1985), con Anthony Perkins nei panni di un prete perverso, o come in Whore (1980), i dolori, i furori e i terrori di una prostituta (anche qui c'è un prete, che in un amplesso ci lascia la pelle). Meno convince quando s'impanca a storico e a polemista, come nel debole Prigionieri dell'onore (1991) che narra le vicende del caso Dreyfus, o quando tenta di esasperare le situazioni in senso grottesco (L'ultima Salomè, 1988).
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario del cinema. Cento grandi registi,
Roma, Newton Compton, 1995