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See What's Next, le star sotto le luci di Netflix

Sul palco tanti ospiti, da Alessandro Borghi della seconda stagione di Suburra - La serie a Felix Cramer di Dogs of Berlin.
di Andrea Fornasiero

Alessandro Borghi (37 anni) 19 settembre 1986, Roma (Italia) - Vergine. Interpreta Aureliano Adami nel film di Michele Placido, Andrea Molaioli, Giuseppe Capotondi Suburra - La serie.
venerdì 20 aprile 2018 - Netflix

Il secondo evento Netflix See What's Next, tenutosi nella lussuosa e storica cornice di villa Miani a Roma, è stato un fuoco di fila di ospiti e star, a partire dal nostro Alessandro Borghi che, dopo un video con una divertente conversazione telefonica con il co-fondatore di Netlix Reed Hastings, è salito sul palco e ha parlato di Suburra 2: «Abbiamo appena iniziato le riprese, per certi aspetti per me è più facile della prima stagione, perché ho già introiettato il personaggio, ma ora Aureliano affronta nuove dinamiche, dovute anche ai nuovi ingressi nella serie. Da una parte cerca di conquistare il potere e dall'altra cerca di dimostrare agli altri, ma soprattutto a sé stesso e alla sorella Livia, di saperlo gestire». Ha poi chiarito in risposta a una domanda dal pubblico: «Suburra è ispirata a fatti reali, ma è fiction: la realtà è un'altra cosa».
Insieme a lui erano sul palco Felix Kramer, uno dei due protagonisti di Dogs of Berlin, e Çagatay Ulusoy, che metterà i panni di un negoziante a sua insaputa legato a un antichissimo ordine incaricato di proteggere Istanbul, insomma una sorta di supereroe turco al centro di The Protector.

Stiamo provando un nuovo genere, non è mai stata fatta una serie così per il mercato turco. È a metà tra fantasy e storie di supereroi.

Felix Kramer ha invece raccontato come il suo personaggio sia cresciuto sulla strada e abbia un debole per il gioco: «Non pensava che sarebbe diventato un poliziotto».

È stato poi il turno di spostarsi dietro la macchina da presa con Sigi Kamml, produttore di Dogs of Berlin, Agnieszka Holland & Kasia Adamik, registe di 1983, Javier Ambrossi & Javier Calvo sceneggiatori e registi del mockumentary Paquita Salas e François Florentini, produttore di Generation Q.

Holland e Adamik sono risultate affiatatissime, com'è naturale visto che lavorano insieme da 25 anni, e pure simpatiche. La loro serie, 1983, è un'ucronia in cui la cortina di ferro non è mai crollata, la guerra fredda non è mai finita e vent'anni dopo un attacco terroristico del 1983 una nuova cospirazione è in atto. Ne hanno parlato in questi termini: «È di genere ma tra i generi, è qualcosa di nuovo. È il primo originale di Netflix polacco e credo che lo scenario delle nostre serie sia molto noioso, tra crime e telenovela, quindi qualcosa di politico e ucronico penso sarà entusiasmante per il nostro pubblico». Hanno quindi scherzato sulla loro divisione del lavoro, con Kasia Adamik che avrebbe girato tutte le scene più fredde mentre Agnieszka Holland avrebbe tenuto per sé quelle di sesso. Quindi hanno parlato di come la serie sia da una parte tipicamente polacca, ma dall'altra molto attuale e tratti questioni importanti della contemporaneità. Holland teme di essere un'altra volta profetica: «Mi è già successo in passato con Netflix, per House of Cards, quando poi è arrivato un presidente americano che sembra ispirarsi a Frank Underwood. In 1983 non cerchiamo di essere direttamente politici, ma la serie pone comunque domande sull'identità della società moderna, sulle istanze di sicurezza e come si scontrino con quelle di libertà. Credo sia una battaglia politica caldissima in molti paesi europei».


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In foto Reed Hastings.

Florentiny ha descritto la francese Generation Q come «un racconto di formazione, che rappresenta i giovani francesi con un cast etnicamente molto diversificato. Una grande occasione per il cast che appartiene a una nuova generazioni di talenti, che qui affronta la sfida di rappresentare i propri coetanei in modo molto realistico».
Kammi del poliziesco Dogs of Berlin ha citato come fonti di ispirazione Breaking Bad e The Wire per spiegare quanto la serie si diversificherà dai molti altri crime tedeschi.

I protagonisti non sono poliziotti senza macchia, hanno molti problemi personali. Inoltre abbiamo voluto raccontare come la confusione che ha contraddistinto gli anni delle riunificazione tra le due Berlino sia stata terreno fertile per le organizzazioni criminali di diverse etnie. Una situazione unica al mondo.
Il produttore di Dogs of Berlin Siegfried Kamml

Ambrossi e Calvo hanno descritto il ritorno del loro personaggio, Paquita Salas, che vive nel mondo della Tv degli anni novanta ed «è tutti noi. Fa quello che tutti vorremmo fare, si ribella. Per questo tutti la amano e tutti si relazionano con lei. La interpreta un uomo anche se lei è una donna. È una comedy molto spagnola, che sta funzionando anche all'estero. Credo che le sue caratteristiche nazionali la rendano unica, personale ed esotica per il pubblico internazionale. Abbiamo avuto una forte risposta anche sui social di tutto il mondo, riceviamo tweet nel cuore della notte per via del fuso orario!».


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In foto il cast di The Innocents.

È stato quindi il turno più atteso dal pubblico italiano, quello dedicato alla provocatoria serie Baby con il regista Andrea De Sica, che prende spunto dallo scandalo delle prostitute minorenni dei Parioli di alcuni anni fa ma «non è una serie fedele alla cronaca di quei fatti. Credo che vada oltre la questione della prostituzione: racconta sei personaggi molto più complessi dei soliti teenager della nostra Tv. Amano trasgredire, in modi anche diversi, e cercano disperatamente l'amore ma finiscono per toccare il Male. Tredici ci ha molto ispirato, per come si avvicina ai teenager da una prospettiva claustrofobica, però quella è una storia che guarda al passato, malinconica, mentre la nostra vuole accompagnare i protagonisti nella loro ricerca dell'amore e come finiscano per perdersi. Inoltre racconta il lato oscuro del mondo dei ricchi, che di solito non vediamo nella nostra Tv più internazionale, ambientata in quartieri dominati dalla criminalità».

È rivoluzionario per l'Italia lavorare con autori così giovani, un collettivo di scrittori che ha proposto la serie. Mi è stata proposta perché avevo già fatto un film su un collegio, I figli della notte, con un protagonista 17enne. È stata una sfida anche lavorare con attori non professionisti e grazie a loro e alle molte ricerche che abbiamo fatto sul quartiere Parioli, il materiale è davvero cresciuto.

Passando a parlare dei social network ha spiegato come «saranno molto presenti, ma non mi interessa la tecnologia di per sé, che è una cosa che invecchia in fretta, bensì come queste immagini in più bassa definizione siano girate direttamente dagli attori e ci portino all'interno della storia».

Adolescenti, in fuga per amore e da situazioni famigliari difficili, sono anche i protagonisti della serie inglese The Innocents, che vede nel cast anche Guy Pearce. Ne hanno parlato gli attori principali Percelle Ascott e Sorcha Groundsell, insieme allo sceneggiatore Simon Duric e alla producer Elaine Pyke. Duric ne ha spiegato le premesse: «è un family drama con due ragazzi che scappano di casa, ma lei si scopre essere una shapeshifter, una mutaforma. Il loro è un viaggio alla scoperta di se stessi, di chi sono davvero, sul cambiamento. Inoltre c'è il personaggio di Guy Pearce, Ben Elson, che aveva un partner a sua volta mutaforma come la ragazza e quindi decide di aiutare June. È lui che la indirizza verso la Norvegia, ma le nasconde anche qualcosa». Ha poi precisato di non considerarla «una serie teen, ma qualcosa per tutti. Quando abbiamo iniziato a lavorarci quattro anni fa ho pensato a fare una serie che io per primo avrei voluto vedere. Si intitola The Innocents perché tratta anche del tema della colpa, delle conseguenze delle nostre azioni, in particolare nei confronti dei nostri famigliari e delle persone che ci sono più vicine».


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In foto il regista Andrea De Sica.

La producer di The Innocents ha spiegato come si sia subito innamorata della combinazione tra love story e soprannaturale e che «fare la serie per Netflix ha significato farla al massimo. Siamo andati in Norvegia e abbiamo fatto approfondite ricerche di location, prima di trovare la nostra ambientazione. E ne è valsa la pena. Poi abbiamo avuto 129 giorni di riprese, con i ragazzi quasi sempre in scena. Il casting è stato molto scrupoloso: Sorcha era la penultima ragazza su circa 700! Abbiamo cercato ovunque perché l'alchimia tra i due doveva essere giusta. Inoltre il cambiare forma non è raccontato come un superpotere, ma piuttosto come la situazione di una ragazza che non controlla il proprio corpo, che poi è qualcosa che tutti in un certo senso attraversano durante l'adolescenza».

Sorcha Groundsell ha così descritto June: «È una ragazza che ha avuto un'educazione oppressiva e quando si innamora decide di scappare». Percelle Ascott ha aggiunto: «Harry è uno chiassoso, che attira l'attenzione, ma in realtà è profondamente solo. June riesce a vederlo per come è davvero e così scatta qualcosa tra loro. L'amore è la più grande delle forze, ma pure delle debolezze».

Infine è stato il turno di una delle serie più amate della piattaforma: Tredici, per cui erano presenti i protagonisti Katherine Langford e Dylan Minnette e lo showrunner Brian Yorkey, che si è avventurato in una seconda stagione senza più l'appoggio di un romanzo alla base.

Il primo anno sapevamo di adattare un libro con un enorme seguito, molto amato in tutto il mondo. C'erano persone che avevano scritto all'autore per dirgli che la loro vita era stata salvata da questo libro. Sapevamo di dover essere sinceri sul mondo dei giovani e che avrebbe potuto essere una serie dura, ma pure che avrebbe affrontato questioni importanti. Credo che i nostri personaggi sembrino inizialmente archetipi del mondo adolescenziale, ma poi vengono approfonditi. Mentre abbiamo lavorato alla prima stagione sentivamo di non volerli abbandonare e ora raccontiamo le conseguenze delle rivelazioni di Anna, con un processo ma pure con la loro maturazione.
Riguardo ad Anna: abbiamo sentito i suoi nastri ma c'è di più nella sua storia. Credo che il finale della prima stagione sia efficace, ma sia anche un nuovo inizio per Clay. E non penso che raccontare un percorso di guarigione come quello della seconda stagione diminuisca l'impatto della tragedia della prima, penso anzi che lo allarghi e lo completi.

Riguardo il successo straordinario di Tredici, Dylan Minette ha detto: «Credo che sia diventato virale perché è entrato in sintonia con chi si sente solo» e Katherine Langford ha aggiunto: «Ha aiutato anche che ci siano molti personaggi e quindi c'è possibilità per tutti di trovare qualcuno con cui identificarsi». Un'affermazione sostenuta anche da Yorkey: «Ci sono diversi personaggi che portano dentro la serie diversi pubblici. A volte sono quelli più simili a noi, altre volte sono quelli che non ci piacciono ma che in qualche modo riusciamo a capire».

Minette ha poi parlato dell'evoluzione di Clay nella seconda stagione: «All'inizio cerca di superare la memoria di Anna, ma quando inizia il processo è costretto a ricordarla e a cercare giustizia per lei. Non può farne a meno. Le cose non saranno semplici per lui». Langford invece ha raccontato della sfida di interpretare Anna: «È stato il lavoro più difficile che potessi affrontare, ma anche il migliore. Avere le attenzioni degli autori e del pubblico è stato molto importante».


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